Di Alessio Amorelli

Ormai ci siamo, il reddito di cittadinanza sta per produrre i suoi primi effetti. La misura varata dal Governo è sensibilmente diversa dallo strumento universale presentato in questi anni dal Movimento 5 Stelle. In un mondo che vede aumentare spaventosamente le disuguaglianze, aiutare le persone che hanno subito la globalizzazione è sicuramente un’azione meritoria. Il punto rimane il metodo attraverso il quale si intende supportare chi è rimasto indietro.

Negli scorsi anni abbiamo più volte sentito che l’introduzione del reddito di cittadinanza sarebbe stata subordinata a una seria riforma dei centri per l’impiego. Le esigenze elettorali del primo partito d’Italia non hanno consentito di rispettare il buon proposito. Il reddito va elargito subito, in ogni caso prima delle elezioni Europee del prossimo 26 maggio.
Per rimediare al buco, si è cercato di mettere una toppa che prende il nome di Navigator. Si tratta di un facilitatore, un tutor che si farà carico del percettore del reddito di cittadinanza affiancandolo nella formazione e nel reinserimento lavorativo. Data la situazione precaria dei nostri centri per l’impiego, il percorso del beneficiario non dovrà necessariamente svolgersi all’interno di un centro per l’impiego ma potrà svolgersi anche presso delle agenzie private. Tanto criticate quando bisogna attaccare la precarietà prodotta dal Jobs Act, tanto utili quando bisogna mettere le toppe ai buchi.

Il Navigator arriva da oltre oceano. Si tratta di una figura inventata dal professor Mimmo Parisi che nello Stato americano del Mississippi ha dato vita a un sistema di politiche attive per il lavoro che passa attraverso le università e fa incontrare domanda e offerta di lavoro mediante un app. Il sistema funziona bene negli Stati Uniti. Bisogna tuttavia considerare che il tasso di disoccupazione in Mississipi è pari al 5%, lontano anni luce rispetto ai tassi che si registrano nel Sud Italia. Inoltre, la flessibilità del mercato del lavoro negli States è molto più marcata della nostra (per fortuna, aggiungerei).
È prevista l’assunzione di circa 10.000 persone che avranno il compito di cercare lavoro per gli altri, ma saranno a loro volta precari. I tempi ristretti e le risorse limitate che sono destinate al reddito di cittadinanza consentono soltanto l’assunzione tramite collaborazione coordinata e continuativa presso Anpal Servizi, società pubblica controllata dal Ministero del lavoro, o presso le Regioni. Luigi Di Maio si è impegnato a stabilizzare i collaboratori con il rischio, tuttavia, di avviare procedure incostituzionali. Un rapporto di lavoro dipendente con una pubblica amministrazione può avviarsi soltanto tramite un concorso pubblico. Non si comprende, dunque, come sarà possibile stabilizzare 10.000 Navigator senza permettere ad altri soggetti di partecipare alle selezioni. Vedremo.
Se poi confrontiamo i nostri centri per l’impiego con quelli tedeschi vengono i brividi.

Attualmente, da noi si contano circa 8.000 dipendenti che sono lontani anni luce dai circa 100.000 dipendenti dei centri pubblici per l’impiego della Germania. Ai Navigator spetta dunque l’arduo compito di gestire le la formazione e le assunzioni nelle aziende di chi beneficia del reddito, partendo da un sistema pubblico che in media riesce a ricollocare circa il 3% degli individui che ne fanno richiesta. Come detto, una parte di loro dovrà essere assunta dalle Regioni che sono molto preoccupate dai tempi ristretti previsti per l’attuazione della riforma. Si teme infatti che non ci siano i tempi tecnici per aumentare gli organici prima di agosto, generando così i primi problemi di coordinamento con il reddito di cittadinanza che dovrebbe finire nelle tasche dei beneficiari a partire dal mese di aprile.

L’Italia doveva lasciarsi alle spalle la stagione delle riforme decantate senza essere condivise dalle parti sociali. La stagione delle norme scritte senza aver consultato chi doveva subire gli effetti di quelle novità. La politica dei cambiamenti di facciata senza effetti significativi sulla popolazione. E invece ci troviamo nuovamente di fronte a una riforma giusta per finalità e sbagliata per modi e tempi di attuazione. Una riforma fatta in fretta e furia per poter dire davanti alle telecamere di aver rispettato il mandato elettorale. Un testo legislativo a metà strada tra la lotta alla povertà e le politiche attive del lavoro senza aver predisposto i mezzi necessari per la sua attuazione. A meno che i Navigator non vengano dallo stesso pianeta di Clark Kent. La speranza è l’ultima a morire.