redazione
Noi docenti specializzati sul sostegno come UDSS VOGLIAMO comunicare il nostro dissenso e le nostre preoccupazioni inerenti alle ultime notizie apprese dai media sulla bozza che modificherebbe l’O.M. n. 112/2022, riguardante la stipula di contratti di supplenza agli specializzati esteri, in mancanza del riconoscimento formale del titolo conseguito all’estero di specializzazione/abilitazione secondo l’iter previsto. Si mostra a tal punto palese la contraddizione e i rischi insiti in uno scenario che vede da un lato il Ministero dell’Istruzione rinominarsi come Ministero dell’Istruzione e del Merito, ponendo in questo modo l’enfasi sulla necessità di valorizzare il merito nel sistema di istruzione italiano e, dall’altro, la decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che viene pubblicizzata da alcune testate come obbligante il Ministero a valutare i titoli conseguiti in paesi europei, senza che sia concluso l’iter di validazione dei suddetti titoli. In sostanza però, il Supremo organo giurisdizionale ha solo messo in evidenza aspetti diversi che attengono alle modalità di verifica delle condizioni da parte del MIM, cioè caso per caso, per accedere all’insegnamento in Italia, mostrandosi invece contrario ad un rigetto tout court delle istanze di riconoscimento di un titolo conseguito in paesi appartenenti all’UE. Orbene, giova palesare una certa perplessità e preoccupazione nei confronti della decisione che pare venga presa dal Ministero e di cui si attende l’esito come riportato dai “media”, ovvero di accordare la stipula di contratti a soggetti il cui titolo non segue l’iter effettivo di legittimazione e riconoscimento, così come previsto dall’attuale normativa del nostro paese, benché inseriti con riserva nelle graduatorie. Invero, codeste statuizioni poco si accordano con quanto indicato dal Consiglio di Stato come sopra riportato, poiché è stato richiesto uno snellimento delle migliaia di cause pendenti con verifica dei requisiti per insegnare, ma non una concessione rivolta a tutti senza un’opportuna verifica del titolo stesso. Tanti sono i motivi che ci portano ad evidenziare determinate incongruenze rispetto al percorso di specializzazione che si raggiunge in Italia, attraverso lo studio e il superamento di una selezione a numero programmato che permette l’accesso al corso di specializzazione presso un ateneo italiano; con particolare riferimento alla durata, alle prove, ai contenuti, al tirocinio formativo obbligatorio e alla spendibilità del titolo formativo secondo i relativi fabbisogni territoriali. Nella fattispecie, al percorso specializzante si accede tramite un iter altamente selettivo, superando tre prove in ingresso e ulteriori prove in itinere e in uscita, con relativo elaborato finale e tirocinio pratico formativo solo presso istituzioni scolastiche italiane che rispettino determinati requisiti, come ad esempio l’obbligo che l’istituzione scolastica si avvalga di un docente specializzato di ruolo da almeno cinque anni come tutor. A questo si aggiunge che, quando un docente specializzato in Italia aggiunge il proprio titolo con riserva, durante il periodo delle famose “finestre” è chiamato a sciogliere la riserva al conseguimento effettivo del titolo, pena la mancata assegnazione di incarichi, dunque perché gli specializzati all’estero dovrebbero poter partecipare alla suddetta assegnazione senza sciogliere la riserva? In aggiunta, nella nota del 17.08.21 dal Ministero dell’Istruzione, a firma della dirigente Dott.ssa Paola Folli si legge: <> Il problema del riconoscimento, continua la nota, non riguarda solamente l’Università Cardenal Herrera, ma tutte le università spagnole, sia private che pubbliche. Questo perché in Spagna l’abilitazione per il sostegno si consegue grazie a corsi universitari di primo livello (quattro anni) e, comunque, per l’insegnamento sul sostegno è prerogativa di soli professionisti laureati in discipline pedagogiche. I corsi annuali da 60 ECTS (1.500 ore), pubblicizzati su internet, non hanno alcuna natura “abilitante” ma si tratta di “títulos propios”, titoli accademici non aventi valore legale. A quanto esposto, si aggiunge inoltre un dato estremamente importante: il Ministero dell’Istruzione, in base a quanto detto dal Consiglio di Stato, dovrebbe garantire che i posti banditi dagli atenei italiani, in riferimento ai corsi di specializzazioni sul sostegno, rispettino il fabbisogno territoriale di riferimento. Ammettere nella graduatorie dei docenti specializzati sul sostegno persone che hanno acquisito il titolo all’estero (non ancora riconosciuto) avrà, pertanto ripercussioni disastrose, non solo sulla qualità e sul merito del sistema di istruzione italiano, ma anche sul piano occupazionale, alterando quanto disposto dalle normative e contravvenendo alla direzione ministeriale espressa in precedenza. Se ciò dovesse accadere, determinerebbe solo disoccupati nel comparto dei docenti che hanno svolto il percorso di specializzazione sul sostegno, “rispettando le leggi” e superando prove selettive con un lungo e impegnativo percorso formativo con rigidi parametri prestabiliti. Altresì, vorremmo puntualizzare come, in relazione ai titoli esteri, c’è in ballo il tema del diritto allo studio degli alunni con disabilità e delle loro famiglie. Secondo la normativa vigente nel nostro paese solo un docente selezionato e formato, può tutelare i diritti dei soggetti di cui sopra. Occorre altresì ribadire che, il titolo estero così come previsto, se inserito con riserva, manca del presupposto giuridico per la stipula dei contratti, non avendo avuto pieno riconoscimento legale, comportando ciò un ingiustificato svantaggio verso coloro che quel titolo di Specializzazione lo hanno ottenuto secondo le forme stabilite dal nostro ordinamento. Infine ci preme sottolineare come tutti i comitati di precari specializzati su sostegno in Italia siano preoccupati della tendenza di taluni sindacati a sfruttare il momento per proporre di togliere l’accesso a numero chiuso al corso di specializzazione. Teniamo a manifestare energicamente il nostro dissenso per diversi motivi, ma principalmente per un motivo fondamentale: in tutte le specializzazioni professionali, il numero chiuso è volto a garantire qualità, merito e soprattutto EQUILIBRIO tra domanda e offerta.
Grazie per averci dato voce!
Stupidaggini che dimostrano la totale ignoranza sul percorso estero, tale e quale a quello italiano, forse anche migliore.
Il problema non sta nel conseguimento del titolo estero, ma nel dare la possibilità a elettrotecnici, meccanici, geometri, avvocati, laureati in economia, scienze politiche…di accedere al percorso di sostegno. Vorrei vedere quanti, tra questi che si lamentano, rientrano nelle categorie di cui sopra.
Mi chiedo e vi chiedo : come è possibile, così come si domanda e mi domanda un genitore che avvocati, medici, infermieri, radiologi, dentisti che hanno studiato in Europa, in particolare in Spagna e in Romania, e anche fuori dai confini europei , possono sfruttare il titolo acquisito, esercitare in Italia, così come in ogni altro paese, e solo per la categoria dei docenti si è creato questo marasma? Insomma, è giusto affermare che o i titoli esteri valgono per tutti e ovunque in Europa o diversamente bisognerebbe uscire dall’Europa ed essere schiavi della nostra politica con leggi non sempre eque. Si chiama coerenza, seguita questo amico e genitore. Ma io aggiungo che è inammissibile vedere una categoria di futuri professionisti della scuola attaccarsi in modo vile l’un l’altro, non vi fa onore, ed io non affiderei mai e poi mai ad un docente che ragiona con mezzo neurone mio figlio. Come mai nessuno dice nulla sui diplomati ITP che hanno conseguito con TFA la specializzazione? Forse perché lo hanno svolto in Italia? Forse quest’ultimi non hanno tolto anche loro dei posti, su volontà del MIUR, a quanti sono laureati in Italia e non hanno avuto la fortuna di accedere ad un TFA ? TFA italiani o esteri , agli occhi di chi è estraneo a questo sistema, come genitori e studenti prioritariamente, non ci fate una bella figura. Riflettete. Il vostro nemico non sono i colleghi abilitati in Italia o all’estero, ma un ministero che da anni non ottenpera alle indicazioni europee e che vi mette tutti contro tutti e voi avete abboccato! In Italia la formazione non è gratis, non lo sono le lauree, i master e le specializzazioni, come giustappunto il TFA, anch’esso si paga! Solo che magari quanti hanno fatto il TFA in Italia non vogliono sentirselo dire, alla pari di chi, avendo effettuato un regolare percorso all’estero non vuole sentirsi dire che il titolo è stato comprato. Ciò è più che ragionevole. Fare confusione non giova a nessuno, perché prima di coloro che hanno svolto un TFA il ministero è ben consapevole che va tolto il precariato, docenti che insegnano da oltre 20 anni, a cui sono stati affidati ragazzi disabili in molti casi o cattedre su disciplina. E se anche questi colleghi all’origine non avevano le giuste competenze teorico pratiche, esattamente come chi completa un TFA in Italia o in EU, possiamo stare certi, che 3 anni, 5 anni, 10 anni o piu valgono certamente molto più di qualsiasi TFA italiano o estero. Questi docenti hanno fatto pratica di didattica speciale,. assunto compiti burocratici, responsabilità, assunto ruoli di coordinamento di CdC, accompagnato i ragazzi agli esami di stato, assunto il ruolo di commissari di essermi di stato, ecc. Insomma, in nessun percorso di TFA può essere garantito tutto ciò.
Il tirocinio nelle scuole? Andrebbe chiamato con il giusto termine: attività di uditore, alla fine si riduce a questo!
I futuri docenti devono distinguersi per umiltà e merito, non per la quantità di fango che taluni gettano sugli altri e viceversa. Spero che quanti specializzati con TFA, estero o italiano, sappiano cogliere i passaggi salienti di questo lungo commento.
Ed ancora, se non è lecito assegnare un contratto a chi ha conseguito una specializzazione all’estero, ma magari ha tre lauree e un dottorato in più rispetto a chi si ribella con un semplice TFA in Italia, allora lo è ancora meno farlo con chi è semplicemente diplomato ITP e accede con una MAD ad una cattedra o da una GPS di seconda fascia con il classico sistema delle graduatorie incrociate su sostegno. Riflettete anche su questo! Non è possibile fare due pesi e svariate misure di comodo. Del resto la scuola è affollata da docenti che hanno storie personali di accesso al ruolo del tutto diversificate. Forse dovreste fare una ricognizione di tutti i decreti e le ordinanze che in passato hanno stabilito un accesso al ruolo senza preselettive, magari con un semplice corso di 400 ore per diventare docente di inglese e di ruolo alle elementari. Questi docenti sono ancora nella scuola di oggi, e come loro quanti sono entrati, con o senza percorsi a pagamento , senza una continua corsa con salto agli ostacoli come avviene oggi.
In questo momento anche coloro che presentano una MAD sono chiamati in causa, non soltanto chi è in seconda fascia o in prima con riserva o senza.
Difendete la scuola, i nostri figli, ma fatelo senza calpestarla , senza calpestarvi in modo ignobile, più di quanto già non lo sia stata.
Ricordatevi il vero e unico TFA inizia nel momento in cui saprete prendervi carico di ogni e differente disabilità scolastica, un percorso lungo fino alla pensione, ma con la certezza di non aver mai concluso del tutto la pratica e di aver fallito tante volte anche con un titolo idoneo in tasca.