di Giulio Scarantino

Ermanno Pasqualino, dirigente della storica azienda Sperlari, specializzata nella produzione di torrone industriale e altri prodotti dolciari, fondatore dell’ Associazone Torrone di Caltanissetta che riunisce tutti i torronai nisseni.

Come nasce l’associazione “il Torrone di Caltanissetta” ?

Negli anni tante persone ed enti hanno cercato di mettere insieme e promuovere il torrone, ma è stato fatto forse l’errore di non coinvolgere sempre persone che ne avevano il titolo, ad esperti sono state affiancati soggetti che avevano invece interessi diversi. Nella mia esperienza invece, nel fondare l’associazione ho deciso di fare da treat d’union dei produttori di torrone della città. A Caltanissetta i veri e propri “torronai”, coloro che continuano la tradizione del torrone, i quali quindi lo fanno ogni giorno sono otto: Tentazioni e Sapori con il titolare Scancarello, Geraci, Nitro Gianfranco, Nitro Angelo, Nitro Giuseppe Nitro Sandro, Russo Salvatore, con loro ho fondato l’associazione. Sono partito da loro che sono i principali artefici dell’associazione, con l’obiettivo di promuovere e valorizzare il torrone di Caltanissetta e il mestiere del torronaio, che non è comune ed ha radici molto antiche a Caltanissetta. Infatti la presenza del torrone a Caltanissetta ha quasi trecento anni.

Qual è l’obiettivo dell’associazione?

Non soltanto valorizzare il torrone e il mestiere del torronaio ma anche elaborare il disciplinare con gli stili di produzione per richiedere un marchio, che possibilmente sia l’ IGP, e poi valorizzare le materie prime del torrone che sono tutti prodotti del nostro territorio, dalle mandorle al pistacchio, il pistacchio nasce in Sicilia dalle piantagioni di Sabucina. Per intenderci, il famoso pistacchio di Bronte viene dagli innesti dei pistacchieti delle vecchie fastuchere di Sabucina, nel basso salso.

Cosa rende il torrone di Caltanissetta unico tanto da richiedere il marchio IGP?

La differenza tra il torrone di Caltanissetta e gli altri torroni, la particolarità del nostro torrone è la qualità e quantità della materia prima utilizzata.  Il valore di un torrone è dato dalla quantità di materia prima, dalla frutta secca. Il torrone di Caltanissetta ha tra il 70 e 80 % della composizione di frutta secca, con poco zucchero, quasi niente albume, e soprattutto con materie prime di qualità e del territorio. Non vengono utilizzate mandorle californiane o pistacchio iraniano. Questo è il grande valore del nostro prodotto.

Da questi presupposti il sogno mio da cittadino nisseno è quello di far diventare il torrone il brand identificativo della città. Se ci pensi, Caltanissetta non ha un brand identificativo, non c’è qualcosa per cui si ricorda Caltanissetta. Lo è stato per diverso tempo l’Amaro Averna ma ormai ce ne siamo quasi dimenticati. Ormai quasi tutte le città sono ricordate per un prodotto agroalimentare che lo identifica. L’unico prodotto che può veramente rappresentare Caltanissetta, per la sua storia secolare, per la qualità che lo contraddistingue dal resto del mondo è il torrone. E’ un sogno che se la popolazione lo sposa può davvero realizzarsi.

Quali passi intraprendere per raggiungere un riconoscimento così importante?

Lo scopo dell’associazione è quello di associare più persone possibili. Nella nostra associazione possono aderire soci ordinari e soci sostenitori. I soci sosteintori sono quelli che vogliono contribuire economicamente e poi ci sono i soci ordinari che sono coloro i quali pagando una quota annua, facendo parte proprio del’associazione avendo diritto di voto, di elaborare e proporre all’interno, devono contribuire a costruire questo progetto insieme. In questo periodo ho compreso che con difficoltà siamo andati avanti e nella realtà è un carico che per adesso ho soltanto io, perché i torronai sono impegnati nella loro attività e quindi oltre ad essere loro i principali artefici del disciplinare di produzione, è necessario che nell’associazione ci siano anche personalità di cittadini che hanno competenze in ogni materia.

Non c’è il rischio che l’IGP sia soltanto un marchio spendibile commercialmente ma che in realtà l’identità del torrone con la città di Caltanissetta non sia comunque sentita dai cittadini?

Il riconoscimento dell’IGP per arrivare ci vogliono almeno due o tre anni, lo sbaglio che hanno fatto in molti e aver fatto il percorso inverso. Se noi andiamo a prendere gli IGP che ci sono in giro per l’ Italia, quelli che funzionano nell’identificazione di una città al suo prodotto sono quelli che sono stati costruiti nella comunità prima di ottenere l’IGP, quelli che hanno fatto il percorso inverso, prima ottenendo l’IGP attraverso le commissioni per costituire il dossier, insomma, chi cerca la via più veloce alla alla regione per fare diventare il prodotto IGP ma in realtà non si è fatto nulla, perché si è dato solo un marchio magari spendibile commercialmente dai produttori. Il nostro obiettivo è diverso, non è soltanto commerciale ma anche identitario. Per questo nel periodo necessario per il riconoscimento il nostro obiettivo è quello di coinvolgere la comunità e i cittadini. Avevamo iniziato e continueremo a far conoscere il torrone quartiere per quartiere, perché in molti non conoscono come viene fatto il torrone, le sue materie prime, la storia. Un altro obiettivo è quello di inserire dei corsi negli istituti tecnici Agrario e Alberghiero per fare conoscere il  mestiere del torronaio, essere all’interno delle scuole con giornate dedicate al torrone partendo dalle scuole primarie alle scuole secondarie, è un percorso per far conoscere al cittadino nisseno il torrone ed è fondamentale se vogliamo far conoscere il nostro prodotto all’esterno. Noi vogliamo fare il museo del torrone di Caltanissetta perché abbiamo tanta storia, tanti reperti da esporre. Un altro obiettivo quasi completo è un libro su Caltanissetta legata al torrone. Su Caltanissetta ci sono tanti libri di storici che hanno raccontato la città soprattutto partendo dal patrimonio artistico e monumentale, noi invece stiamo lavorando su un libro che ha quale chiave di lettura principale la descrizione del territorio, le materie prime e la storia dei torronai di Caltanissetta, dal più antico e conosciuto che si chiamava Infantolino, dal quale poi sono nati i Geraci, Alù e tutti i torronai che si sono succeduti.

Qualche piccolo passo in avanti verso l’identificazione della città nel torrone di Caltanissetta è stato già compiuto?

Tra la prima e la seconda ondata è stato bello incontrare varie associazione per spiegare quello che stiamo facendo e ho visto grande entusiasmo, l’entusiasmo si è tradotto in un’ottima partecipazione alla campagna dei soci sostenitori che stiamo attivando, ho avuto già numerosissime adesioni visto il periodo abbiamo già più di 150 sostenitori, nonostante non abbiamo potuto fare molto. Mi sembra già un buon inizio. I torronai che avevano punti vendita a posto fermo a Caltanissetta erano tre: Geraci, Miraglia e Scancarello con tentazioni e sapori, ma c’era anche tanto lavoro di ambulanti che hanno fatto conoscere il torrone in Sicilia. Per esempio nelle Madonie, i madoniti conoscono più loro il torrone di Caltanissetta che i nisseni, a differenza nostra sanno che il torrone di Caltanissetta è bianco e non è la cubaita, questo perché la famiglia Nitro da cento anni porta nelle Madonie il torrone di Caltanissetta. Queste persone che erano più legate alla distribuzione da eventi e fiere, comprendendo la situazione hanno scelto di aprire un punto vendita a S.Lucia. A Caltanissetta è nata quindi una nuova attività commerciale che parte dal torrone. Questi sono sicuramente due segnali positivi che mi danno fiducia in un anno molto difficile per tutti e in particolare per l’associazione.

La pandemia può essere un’opportunità per orientare i consumi verso la ricerca della materia prima del territorio e delle specialità del territorio?

Io penso che i consumi cambieranno, così cambierà la distribuzione. La persona sarà sempre più legata ai punti vendita di prossimità che al supermercato. La mia storia lavorativa nasce dai Supermercati, ho lavorato per dieci anni nel Conad, progettavo supermercati. 30 anni fa il primo supermercato di Caltanissetta l’ho progettato io, ho fatto una piccola cooperativa mettendo insieme cinque bottegai e abbiamo costituito il primo supermercato a Caltanissetta, un Conad che già fin dall’inizio e ancora oggi, richiama i valori della ricerca del prodotto del territorio e della materia prima. Io penso, non lo dico soltanto io ma anche fonti più attendibili di me, che torneremo ad avere nuovamente tanti piccoli punti vendita di prossimità, perché è finito l’innamoramento per la grande distribuzione.

La grande distribuzione sta avendo un rallentamento perché ormai il cittadino è più attento, non si fa impressionare dalle promozioni o dal prodotto di massa, ha bisogno invece di un referente fidato della materia prima come il piccolo alimentare. La pandemia ci ha fatto comprendere anche che è importante la logistica, non è più necessario andare al supermercato perché così posso comprare tutto quello che mi serve ma posso collegarmi con un telefono e ordinare anche alla mia rivendita di fiducia e far arrivare tutto a casa. Credo che avremo sempre meno i contatti con le grandi distribuzioni e sempre di più con il piccolo alimentare. Ovviamente bisogna fare una considerazione, la forbice della ricchezza si sta allargando tantissimo, per chi è in più in difficoltà gli Ard Discount stanno andando fortissimo. Penso che il mercato si dividerà in futuro tra il punto vendita di prossimità e gli Ard Discount. Mentre il supermercato come lo vediamo noi oggi avrà un grande cambiamento.

Nell’attesa del cambiamento l’economia locale soffre. Cosa possiamo fare per agevolare l’economia locale e i negozi di prossimità di cui parlava?

Ci siamo resi conto che puoi scegliere da casa, il consumatore è il più grande giudice di quello che succede, la popolazione dovrebbe conoscere i sacrifici delle piccole aziende e con il loro portafoglio possono veramente contribuire a sostenere le piccole aziende. Non mi aspetto nulla dalla mia generazione, mentre vedo i temi del sostituire la qualità alla quantità, se un prodotto costa di più ne prendo meno, la tutela dell’ambiente e del territorio, nei più giovani. La nostra economia cambierà con i giovani che saranno il volano di questo passaggio. Però anche le aziende oggi hanno una maggiore consapevolezza, sono consapevoli della “fregatura” dei centri commerciali. In Italia ci sono tre gruppi che possiedono il 90 % del mercato, le aziende sono succubi della grande distribuzione e lo hanno ormai compreso, poiché la grande distribuzione vive del lavoro delle aziende. Molte aziende hanno capito e si stanno dedicando al bio o a prodotti di nicchia per cambiare gli equilibri, io sono fiducioso credo che la pandemia abbia scoperchiato questo tipo di sensibilità nel consumatore, sarà un percorso che spero i giovani potranno vivere diversamente rispetto alla mia generazione.