di Antonio Picone

L’ingegner Davide Guccione, classe ’89, cresciuto a Sommatino, un piccolo comune siciliano in provincia di Caltanissetta, lavora oggi in Australia presso il dipartimento d’Ingegneria dell’Università di Newcastle e, come vedremo, porta alto il nome dell’Italia nel mondo.

Ma prima di procedere con l’intervista occorre fare una piccola introduzione su Davide, il quale sin da ragazzino inizia a coltivare diverse passioni e tra queste emergono, seppur ancora in maniera indefinita, la meccanica e le costruzioni civili, di quest’ultime soprattutto quelle che riguardano il suolo ed il sottosuolo. Ad incentivarle hanno largamente contribuito: i racconti di suo padre Filippo, geometra di una grande azienda italiana di costruzioni di grandi opere con la quale ha lavorato in diversi cantieri sparsi per il mondo; le lezioni di guida ricevute da nonno Tommaso, di nascosto da mamma Elvira e nonna Iole, già all’età di 15 anni; e infine, la storia mineraria del suo paesino, Sommatino.

Strade e gallerie, rocce e minerali, viaggi e automobili iniziano a essere sempre una costante nei pensieri di Davide, tanto che lo porteranno a scegliere, in completa autonomia, l’Istituto secondario “S. Mottura” di Caltanissetta ad indirizzo minerario geo-ambientale. Una scelta formativa che si dimostrerà coerente con quelle successive che lo porteranno a diventare un ingegnere di successo e con numerosi riconoscimenti sia in Italia che in Australia.

Detto questo, possiamo iniziare con la nostra intervista in collegamento via Skype, con ben 10 ore di fuso orario. Non appena si avvia il collegamento non si possono non notare i suoi occhi azzurro chiaro, i quali sembrano abbagliare lo schermo e si ha come l’impressione di parlare con un siciliano di chiara origine sveva-normanna, il che lascia già presumere che in quella lontanissima isola lo considerino un vero e proprio australiano.

Di un po’ Davide è proprio così? Agli australiani sembri uno di loro?

“Sì a dire il vero sì”, dice sorridendo, “ma poi scoprono subito dall’accento che non sono australiano”.

Racconta, come è iniziato tutto? perché hai deciso di andare in Australia?

“Volevo fare ricerca all’estero per l’argomento della mia tesi magistrale e i professori dell’università di Parma mi suggerirono l’università di Newcastle in Australia come opzione, poiché c’era un centro di eccellenza nella ricerca in ambito geotecnico e della meccanica delle rocce. Così grazie ad una borsa di studio andai in Australia e dopo 6 mesi tornai con la mia tesi intitolata ‘Uso di droni low cost per il rilievo di pareti rocciose’. Anche se il titolo originale è in lingua inglese”.

Come è nato questo tuo interesse per tale argomento?

“Ovviamente nel corso degli studi universitari, ma l’esperienza cruciale è stata nel 2011 quando, grazie ai miei docenti, partecipai alla raccolta di rilievi fotogrammetrici, nelle zone terremotate d’Abruzzo, per l’università di Parma”.

Perché hai deciso di tornarci?

“Perché la mia tesi fu valutata positivamente anche a Newcastle e, 4 giorni dopo laurea, mi fu avanzata una proposta per un dottorato di ricerca, dandomi un mese di tempo per accettare. Decidere di andare a vivere così lontano dai miei cari e chiedere alla mia compagna di lasciare il tutto e seguirmi non è stato facile, però al contempo sapevo che sarebbe stata un’esperienza molto stimolante e che avrei potuto imparare molto in Australia e così ho accettato. Ma è stata una scelta molto difficile e combattuta”.

Prova a spiegarci, in parole semplici, di cosa ti occupi?

“Oggi mi occupo di una ricerca nell’ambito della caduta massi, in particolare lo studio della frammentazione di blocchi di roccia all’impatto. Tale studio ha come obiettivo quello di migliorare la conoscenza su questo fenomeno molto complesso e riuscire ad incorporare la frammentazione nei codici per la progettazione dei dispositivi paramassi. Quest’ultimi sono molto importati per la sicurezza sia in ambito civile che in ambito minerario. Oltre alla ricerca, ho avuto modo di insegnare in ambito geotecnico, in quattro diversi corsi, svolgendo: esercitazioni, prove di laboratorio, correzioni ed esami.”.

Come ti trovi a vivere lì?

“Io personalmente molto bene! Ci sono alcuni aspetti che mi ricordano molto la Sicilia, come il clima e il mare per esempio. Ma è uno stile di vita diverso da quello italiano e ovviamente ci sono i pro e i contro ma, in generale, non mi posso proprio lamentare. Gli australiani, il più delle volte, sono aperti alle diverse culture e ci sono molte comunità provenienti da tutto il mondo e si respira un’aria internazionale. Inoltre amano molto la vita sana, la natura e ci sono tanti parchi naturali che conservano specie a livello faunistico e floristico uniche al mondo. I devastanti incendi di inizio 2020, dove sono andati in fumo milioni di ettari di bosco, sono stati traumatici per loro”.

Quali sono state le tue soddisfazioni lavorative sino ad adesso?

“Sono stati anni intensi, pieni di studio e lavoro che hanno portato tante soddisfazioni: penso alle conferenze internazionali dove ho presentato i miei lavori a Perth, a Foz do Iguaçu (Brasile) e a Nizza (Francia) o al recente premio conferitomi dall’Australian Goemechanics Society per la mia ricerca (AGS NSW Research Award 2020). E poi, due altri importanti traguardi di quest’anno sono stati: aver ricevuto dall’università la proposta di continuare con un post-dottorato ed aver ottenuto dallo Stato Australiano la Permanent Residency.”.

Cos’è la Permanent Residency?

“È il visto permanente, quello a cui ambisce ogni immigrato. Lo Stato attraverso questo visto mi dà l’opportunità di vivere qui per sempre e di avere tantissime agevolazioni. È un riconoscimento che danno agli immigrati solo per particolari motivi, nel mio caso perché mi hanno riconosciuto come una persona talentuosa”.

S’imbarazza un po’ pronunciando queste ultime parole e così, scaltramente, colgo la palla al balzo per fare una domanda sulla sua vita privata:

Ma dimmi, come sei messo a livello sentimentale?

Adesso è imbarazzato del tutto, ma sorride e dice:

“Ho una splendida compagna che è italiana, si chiama Roberta e l’ho conosciuta a Parma durante l’Università. Lei è farmacista e lavora nella farmacia più antica di Newcastle e tutte le volte che usciamo in centro la gente, soprattutto anziana, la riconosce e si ferma a salutarla. Lei mi ha seguito qui in Australia e tre anni fa abbiamo avuto anche una meravigliosa bambina, Bianca”.

Appresa questa bellissima notizia, l’intervista prosegue.

Com’è la situazione sanitaria in Australia alla luce del Covid19?

“La situazione attuale è sotto controllo e in realtà sono stati pochi i periodi di forte allarmismo, nulla a che vedere con la situazione italiana o europea che seguivamo con angoscia. Sono stati riaperti solo i confini con la Nuova Zelanda e chiunque viene da fuori è obbligato a stare 14 giorni in quarantena in hotel.”

Come vengono considerati gli italiani?

“In generale sono ben visti, soprattutto in ambito lavorativo vengono definiti come dei grandi lavoratori. Vi è una grossa comunità italiana che si è formata soprattutto dal dopo guerra in poi e, seppur all’inizio ha patito e sofferto forme di razzismo ed emarginazione sociale, ha notevolmente contribuito allo sviluppo della stessa Australia. Per di più quando si pensa al calcestruzzo e alle costruzioni, in generale, si pensa sempre agli italiani e alle ditte italiane. E poi c’è un amore sconfinato per la cucina italiana”.

Suggeriresti ai tuoi connazionali di trasferirsi?

Spalanca gli occhi, tira un respiro e afferma:

“Dipende! Vivere a 16500 km di distanza dalla propria famiglia non è una scelta semplice per tutti. In più è un mondo diverso, pieno di opportunità ma solo se si ha il visto giusto. Con il Working Holyday VISA per esempio, anche se spesso si fanno lavori umili, si viene remunerati adeguatamente e ne vengono riconosciuti i diritti: una cosa non molto comune in Italia. In alternativa, per gli studenti c’è lo Student VISA. L’Australia accoglie gli immigranti se sono validi e si integrano bene. Quindi, tutto sommato sì, lo consiglierei, ma sarebbe meglio se si rimanesse a lavorare in Italia perché il mostro Paese è unico”.

Cosa rimproveri al tuo Paese?

Vi sono attimi di silenzio, la sua espressione s’incupisce:

“Gli rimprovero il fatto che sta facendo emigrare tanti giovani; che non esiste la meritocrazia; che permette lo sfruttamento di neolaureati; che non c’è una politica sana che s’interessa al mantenimento di quello che abbiamo. Pensa, anche mia sorella Clizia è all’estero e sta avendo una brillante carriera all’interno di una grande azienda farmaceutica a Dublino.

Come ingegneri, probabilmente, non mancherebbe lavoro se si pensasse di più alla cura, all’adeguamento e all’ammodernamento costante di tutte le infrastrutture utili.

E poi, è proprio vero! se non conosci qualcuno in Italia non vai avanti.

Io lo dico molto schiettamente, sono decisamente incazzato perché in Italia abbiamo risorse uniche al mondo: dal clima ai monumenti, dalla storia al paesaggio, dall’ artigianato alla cucina, dalle grandi idee ai grandi studiosi… ma non li valorizziamo e non facciamo altro che lamentarci, senza cambiare nulla alla fine”.

Ti piacerebbe tornare in Italia?

“Sì, certamente, l’Italia è casa mia. Per questo sono arrabbiato ma al contempo anche angosciato per il mio Paese. Di sicuro non tornerò presto, ho ancora bisogno di formarmi e crescere qui in Australia, o forse in altri Paesi, e forse tornare solo quando avrò una grande esperienza. Ma attualmente la vedo dura, salvo qualche sorprendente offerta a cui non si può rinunciare”.

Caro Davide io ti ringrazio per il tempo dedicatomi e ti auguro davvero il meglio.

L’ingegner Guccione fa quindi parte, assieme a migliaia e migliaia di giovani italiani/e, di quel fenomeno conosciuto come la “Fuga dei cervelli”. Laureati che si sono formati in Italia con risorse pubbliche investite che vanno però a contribuire allo sviluppo scientifico, tecnologico, informatico e industriale di altri Paesi perché in Italia non trovano spazio, opportunità, meritocrazia.

Questa ‘fuga’ fa perdere al nostro Paese circa 14 miliardi di euro l’anno, cioè quasi l’1% del PIL nazionale, così diceva nel Luglio 2019 l’ex ministro all’economia Tria.

Eppure l’Italia secondo le classifiche ufficiali ha un PIL e PPA nettamente superiori a quelli dell’Australia e della maggior parte dei Paesi del Mondo.

Ma quanto ancora possiamo resistere ai vertici mondiali?

E noi italiani quando la smetteremo di votare partiti che da 20 anni, più o meno da quando è iniziato tale fenomeno, candidano analfabeti in Parlamento, vallette e veline all’Europarlamento o ai consigli regionali, e dulcis in fundo persone senza arte né parte che un anno ricoprono la carica di ministro del Lavoro e l’anno dopo il ministro degli Esteri? oppure prima sono il ministro degli Interni e l’anno dopo il capo dell’opposizione?

Non c’è più tempo! Bisogna cambiare rotta e metodo, adesso. Non possiamo più permetterci di avere questi rappresentanti politici e perdere professionisti, come Davide, a vantaggio di altre economie, perché continuando così rischiamo, già nei prossimi dieci anni, di raggiungere il punto di non ritorno.