di Federica Falzone
“Pian piano divenne una piccola barca dispersa fra onde tenui in alto mare”.
In diverse città del mondo palloncini blu, stand, locandine hanno riempito le strade.
Settembre, il mese che è ormai terminato, è il mese dedicato alla malattia di Alzheimer e il 21 Settembre in tutto il mondo si cerca, oramai da 27 anni, di sensibilizzare l’intera popolazione su questa patologia. Però noi vogliamo parlarne simbolicamente anche il primo ottobre, perché delle conseguenze della malattia di Alzheimer dobbiamo ricordarne tutto l’anno.
La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza, una malattia neurodegenerativa che comporta il declino delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, percezione, ragionamento).
Inizialmente si manifestano, in particolare, perdita di memoria, disorientamento e sentimenti di depressione e frustrazione spesso derivanti dall’incapacità del soggetto affetto dal morbo di alzheimer di compiere azioni quotidiane (ad esempio, effettuare calcoli di base, fare la spesa).
I sintomi iniziali, dunque, possono essere scambiati per normale invecchiamento. È necessario eseguire esami clinici, test neuropsicologici e tac per verificare la possibile diagnosi.
A livello cerebrale, sono presenti placche amiloidi e fasci di fibre aggrovigliate, i viluppi neuro-fibrillari. Nei pazienti affetti da demenza di Alzheimer si osserva una perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e per altre funzioni cognitive. Si riscontra, inoltre, un basso livello di quelle sostanze chimiche, come l’acetilcolina, che lavorano come neurotrasmettitori e sono quindi coinvolte nella comunicazione tra le cellule nervose.
Già, nel 1907, Alois Alzheimer, neurologo tedesco che per primo descrisse i sintomi, individuò all’esame autoptico i segni nel tessuto cerebrale.
Perché diventa fondamentale rendere consapevole la popolazione sull’esistenza di questa malattia? Per prevenire o meglio per ritardare il possibile esordio. L’esercizio mentale (lettura, stimolazione cognitiva) e fisico sono, infatti, risultati ottime modalità di prevenzione, fattori protettivi.
Sensibilizzare significa anche agire meglio, intervenire in modo funzionale quando la diagnosi è stata confermata. L’efficacia degli interventi non farmacologici, associati ad altri interventi, è stata comprovata. Sembrano migliorare soprattutto le manifestazioni psico-comportamentali disfunzionali che rientrano nello spettro di sintomi e disturbi tipici del morbo di Alzheimer.
Tantissimi gli interventi specialistici per evitare che l’anziano e i familiari si sentano barche disperse fra le onde, nel marasma della solitudine. Le ricadute sulla famiglia sono numerose e gli impatti psicologici necessitano un supporto, interventi psico-educativi volti a contenere le proprie angosce, elaborare i propri vissuti di lutto e apprendere modalità relazionali funzionali da adottare per il mantenimento di un rapporto diverso ma ancora vivo.
Settembre è il mese dell’Alzheimer, degli operatori che ogni giorno trovano negli occhi smarriti degli anziani una luce da cui ripartire, dei familiari che scoprono nuove fisionomie dei propri cari, degli uomini e delle donne che hanno costruito un sentiero robusto e ne dimenticano il tragitto.
In questo mese si è svolto anche il congresso nazionale di Psicogeriatria, nel quale si è molto discusso dei metodi e delle tecniche per promuovere il benessere e mantenere le risorse residue dell’anziano con particolare attenzione alla ricerca e al periodo di emergenza sanitaria dovuto alla pandemia da covid-19.
Settembre è il mese di tutte le storie che commuovono, che trovano nel bizzarro e nell’assurdo il motivo per sorridere ancora, è il mese di tutte le storie, di tutti i nomi dietro la diagnosi “demenza di tipo Alzheimer”; ma adesso è iniziato Ottobre e non dobbiamo dimenticare.
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