di Federica Falzone
Pagine che profumano di limone e gelsomino, tra poesia e narrazione, conducono fra le il basolato dei vicoli siciliani, lo sciabordio delle onde e le forti note del dialettale accento.
Ad ogni lettore sarà capitato di terminare un romanzo, sfogliare l’ultima pagina, accarezzare la copertina ed emettere un loquace sospiro che sta ad indicare la fine di un dolce, profondo percorso, lo stupore provato davanti le notevoli abilità dell’autore.
Una forte sensazione che spinge a stringere fra le braccia il libro prima di riporlo fra le mensole, la stessa sensazione che ho provato quando i miei occhi hanno sfiorato e respirato l’ultima parola de “I leoni di Sicilia”.
Un forte desiderio mi spinge a parlare di questo romanzo e nello stesso tempo sento il dovere di farlo in punta di piedi, delicatamente per la grandezza che questa opera porta con sé.
Stefania Auci è riuscita a creare un capolavoro assoluto. Con maestria ha mescolato fini descrizioni di una terra aspra e incantevole, l’odore del mare e l’ispida e pungente folata della brezza. Dentro una narrazione che senza tediare con meticolosi intrecci si estende per tre generazioni dell’illustre famiglia Florio è riuscita a far sentire vividi i sentimenti dei protagonisti, i vissuti consci e inconsci, il peso della cultura, di un nome, di un popolo. L’autrice è riuscita ad accompagnare il lettore nei punti nevralgici di una lunga storia familiare, di una crescita professionale e identitaria con una sintesi che non tralascia nulla.
Le pagine si susseguono con foga e curiosa attesa e i personaggi divengono subito cari, subito vicini nonostante le epoche distanti.
Giunge l’essenza di limone, il fruscio delle onde, i paesaggi di una Palermo meno ampia, meno moderna. Giungono gli scorci di luoghi noti, le note di una cadenza dialettale forte. Giunge la mesta sensibilità di un’autrice degna di nota.
“I leoni di Sicilia” è stato un dono della persona a me più vicina che voleva farmi sentire meno lontana da casa e, in effetti, in ogni riga mi sentivo in ogni angolo della mia terra.
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