di Antonio Picone

Nei pressi di un piccolo paesino della provincia di Agrigento, Santo Stefano Quisquina, è stato costruito nel corso degli ultimi 30 anni uno dei monumenti più originali, suggestivi e mistici della Sicilia: il teatro Andromeda. Questa volta, però, l’opera non è di un colono greco o di un senatore romano, né di un emiro arabo o di un re svevo e nemmeno di un viceré spagnolo o di un ente pubblico italiano.

No, questa volta si tratta di un siciliano che non è un ingegnere, né un architetto o un politico o un industriale bensì è nato pastore ed è diventato scultore.

Si tratta di Lorenzo Reina e la sua storia sembra quella di un film da Premio Oscar, un misto di Nuovo Cinema Paradiso e Billy Elliot, dove la passione, che si coltiva sin da piccoli, resiste e vince su tutto.

Infatti, in lui la passione per la scultura nasce sin da ragazzino quando aiutava il padre a pascolare le pecore e durante queste ore passate al pascolo non esitava mai a modellare un po’ di fango argilloso o a scolpire un ramo o una radice di un albero. Questa passione cresce di pari passo assieme a lui, tanto che quando parte per Napoli, per svolgere il servizio di leva militare, decide di seguire i corsi di un famoso scultore partenopeo, Gabriele Zambardino, grazie al quale capirà che il suo mestiere è quello dello scultore. Ma questa scelta lo porta ad avere forti e accesi contrasti col padre che non concepisce questa scelta né tale mestiere. Lorenzo va per la sua strada e continua a scolpire, a fare mostre e vendere le sue opere. Ma quando suo padre in punto di morte gli chiede ancora una volta di non far disperdere tutto quello che aveva costruito in anni duro lavoro e sacrificio, Lorenzo gli promette che esaudirà quest’ultimo desiderio. Così, non volendo tradire la promessa fatta al padre e non volendo tradire se stesso e la sua passione, creerà una ‘Fattoria dell’Arte’ dove continuerà ad allevare animali e al contempo a scolpire opere d’arte e terminare il teatro Andromeda. E lo farà con tutti i pro e i contro che può portare ad avere due lavori così differenti. Emblematico è il caso di quando Vittorio Sgarbi, nel 2012, invitò il pastore-scultore alla Biennale di Venezia ma questi dovette rinunciare poiché doveva assistere alle sue numerose asine tutte in procinto di partorire in quel medesimo periodo.

Ebbene questo bellissimo luogo scenografico a circa 1000 mt d’altezza è un vero e proprio complesso artistico dove nel corso degli anni e dei decenni si sono aggiunte via via nuove costruzioni artistiche e sculture. Tutte queste si possono ammirare attraverso un percorso che si snoda tra asinelli al pascolo e vari frutteti coltivati attraverso la tecnica della permacultura, un metodo per realizzare ecosistemi umani sostenibili ed efficienti.

Tra le varie opere troviamo un campanario dedicato a Khaled al-Asaad archeologo e scrittore siriano nonché ex direttore del museo e del sito archeologico di Palmira (patrimonio UNESCO) che nel 2015 fu rapito dai militanti dello Stato Islamico, che avevano assediato Palmira, e a questi si rifiutò di rivelare dove erano nascoste le antiche opere d’arte e così fu prima torturato, poi ucciso e decapitato. La campana suona solo per lui ed in suo onore. Inoltre la pianta dell’edificio è ottagonale e richiama il Castel del Monte in Puglia una delle fortezze di Federico II di Svevia.

Di lì a poco si vede una curiosa struttura, dalla base si ergono mura di pietre a secco e poi il tetto a forma piramidale è ricoperto di paglia; all’interno tanti arnesi e oggetti antichissimi che riguardano la pastorizia, è infatti la ricostruzione di un antico Pagliaru dove il pastore viveva quando non era al pascolo. Struttura che omaggia uno dei mestieri più antichi del mondo, se si considera che capre e pecore sono state addomesticate tra 10 mila e 8 mila anni fa. Queste strutture in Sicilia vengono chiamate anche Cùburri o ancora Tholos.

Una statua che non potrete non notare, date le sue notevoli dimensioni, è quella del dio sumero Enki, il cui nome è tradotto con Signore (en) della terra (ki), e per costruirla, con piombo-rame e pietra, Lorenzo ha impiegato ben 6 anni. Secondo la mitologia dei popoli mesopotamici è il dio dell’acqua, della conoscenza e dell’artigianato, ma è anche il dio che ha creato l’uomo (come si legge nel racconto babilonese Enūma elǐs) mischiando il sangue di un dio sconfitto, Kingu, con l’argilla. Sempre il dio Enki (chiamato pure Ea), quando il re degli dei, Enlil, manda il diluvio universale sulla terra per punire gli uomini perché gli dei erano infastiditi dal loro vociare, istruisce un uomo Atrahasis su come costruire una sorta di barca magica con la quale salvarsi (tratto dal Poema di Atrahasis di origine assiro-babilonese). Quest’ultimo racconto ricorda il diluvio di cui si parla nella Bibbia, dove però è proprio Dio, dopo aver deciso di distruggere l’intera umanità dove imperversa la malvagità, a istruire Noè per la costruzione di un’arca che possa mettere in salvo lui, i suoi figli e tutti gli animali terrestri. Ma nel Libro di Enoch, testo apocrifo di origine giudaica risalente al I sec. a.C., si ripropone una storia ancora più rassomigliante, è infatti l’arcangelo Uriel, inviato da Dio, a rivelare a Noè l’arrivo del cataclisma.

Nel cammino che va al teatro, ci si imbatte poi su una statua dell’artista siciliano Giuseppe Agnello, intitolata: Icaro morente (2007). Il suo corpo, disteso a pancia in terra con il viso che poggia sul lato destro e le ali distese ai lati, è inerme. Vedendolo è come se si avvertisse una sorta d’istinto primordiale di aiutare il prossimo, il quale induce a chinarsi per prestare soccorso. Infatti, Icaro sta per morire poiché ha sprecato un’occasione che gli era stata concessa dal padre ma che per il troppo furore e la poca razionalità ha mandato in fumo. Secondo la mitologia greca suo padre Dedalo, un grande scultore e inventore, fu imprigionato assieme al figlio dal re cretese Minosse nel famoso Labirinto costruito da egli stesso. Così questi, per riconquistare la libertà, costruisce due paia d’ali legate fra loro grazie a della cera. Prima di spiccare il volo il padre raccomanda al figlio di non avvicinarsi al sole perché col suo calore scioglierebbe la cera che tiene unite le ali. Ma Icaro non ascolterà il consiglio del genitore e avvicinandosi troppo al sole pagherà con la vita questa sua leggerezza, mentre Dedalo affranto arriverà in volo sino in Sicilia. Una storia che millenni fa veniva raccontata e che, per quello che simboleggia, è ancora spaventosamente attuale.

Così arriviamo verso il teatro di cui si vede la cinta muraria che ne delimita il perimetro, ma qui troviamo un’altra statua, costruita sempre dal Reina: la maschera della parola. Lo stile ricorda una maschera teatrale dell’antica Roma. La posizione della maschera non è casuale, anzi è calcolata di modo tale che per il solstizio d’estate, ogni 21 giugno, alle 8 meno un quarto il sole cala all’interno della bocca e, per qualche minuto, attraverso questa si assiste ad una sorta di esplosione di luce solare. Uno spettacolo indimenticabile.

E poi il teatro Andromeda.

Completato nel 2011, dopo circa trent’anni, è stato costruito pietra su pietra dal suo ideatore Lorenzo. Vi si entra attraverso una porta un po’ scomoda, chiamata porta della nascita la quale appunto simboleggia la difficoltà che si incontra nel momento del parto quando si lascia il corpo materno per venire alla luce, e così allo stesso modo entrando il colpo d’occhio è mozzafiato sia a livello panoramico che artistico.

Le 108 sedute sono speculari alla costellazione di Andromeda (da cui il nome) ma in un certo senso ricordano anche le sue pecore che su quell’altopiano un giorno di tanto tempo fa ispirarono Lorenzo che le vide immobili godersi il paesaggio costituito da quelle colline che arrivano sino al mare. Quasi non ci si crede che un solo uomo abbia ideato e poi costruito un teatro così bello in un posto così sperduto ma scenograficamente incantevole. Un luogo dove godersi eventi, spettacoli, concerti, solstizi, messe, riprese teatrali e cinematografiche ma anche un luogo dove godersi la solitudine, il silenzio, la bellezza naturalistica e artistica, l’estasi paesaggistica. Un luogo dove meditare e perché no diventare ottimisti tanto da credere, senza illusioni, che i sogni si possono sempre realizzare.

Questo bellissimo luogo attira circa 15.000 visitatori l’anno e il suo creatore continuerà a scolpire nuove opere per il resto della sua vita. Inoltre fino al 15 Dicembre 2020 potrete andare sul sito del FAI (Fondo Ambiente Italiano) e votarlo come ‘Luogo del cuore’.

E infine viene da domandarsi: chissà cosa avrebbero potuto pensare e scrivere di questo luogo i grandi viaggiatori e intellettuali del passato che soggiornarono in Sicilia come: Platone, Cicerone, al-Idrisi, Goethe, Brydone, Guy de Maupassant, Robert Capa … ? Loro, che questo privilegio non lo hanno avuto ma che di sicuro avrebbero voluto averlo.