di Danilo Napoli

28 Giugno 2020, è estate, è domenica, Caltanissetta e il suo centro storico, sono più vuoti del solito, giustamente le persone si recano a mare. Per svariati motivi io ho scelto di rimanere qui oggi, a fare finta che non fosse ancora estate, che non fosse domenica, che non ci fosse caldo. Così sono uscito, ho passeggiato nel deserto di corso Umberto, poi mi sono fermato e seduto in una panchina mi sono messo a leggere notizie sul telefonino, nessuna notizia che mi appassioni, nessuna buona novella dal mondo, flotta di pessimisti, scontri sempre più accesi tra scienziati, che quasi quasi scambio per politici. Chiusi i siti di informazione che di solito consulto, finalmente apro bramosamente i social, curioso di vedere quanta gente si sia premurata di farci sapere se era già arrivata a mare e se avesse già ordinato lo spritz o la corona sale e limone (mafrà), dipanandomi tra le leggerezze dei social, dopo una serie di scrollate a vuoto l’occhio mi cade su una foto d’epoca, vi è raffigurato Luigi Pirandello, con la sua espressione mai del tutto rassicurante, anzi un po’ inquietante, con di sfondo Il Tempio della Concordia e la scritta +153. Scopro così dopo aver visto mare, occhiali da sole, sorrisi social che oggi è l’anniversario della nascita di Luigi Pirandello, mi sembra uno strano giorno per ricordare un uomo così fondamentale, è tutto così vuoto, così degradato. Decido così di tornare a casa e scrivere due righe in ricordo di una delle personalità più segnanti nel mondo della letteratura e ancor più del teatro mondiale.

Pirandello nasceva il 28 Giugno 1867, durante un’ epidemia di colera (non che oggi siamo messi molto meglio), in una contrada denominata Caos ad Agrigento, al suo tempo ancora Girgenti. Luogo che Pirandello descrive come ormai rassegnato e inconsapevole del proprio passato con queste parole estrapolate da “I vecchi e i giovani”: “Sopra la desolazione di quelle piagge estreme della Sicilia, […]Girgenti, nei resti miserevoli della sua antichissima vita raccolti lassù, si levava silenziosa e attonita superstite nel vuoto di un tempo senza vicende, nell’abbandono d’una miseria senza riparo”. Parole che potrebbero riferirsi benissimo anche alla nostra attuale situazione di cittadina di provincia.

Pirandello nella sua mirabile vita e carriera ci ha regalato opere che hanno segnato la nostra cultura e formazione, ci ha insegnato a scavarci dentro, a guardare le cose da un’altra prospettiva, a capire che c’è un mondo dietro ogni mondo e ci ha soprattutto scosso e sviscerato. Non è questa l’occasione e la sede per elencare le sue più importanti opere letterarie e teatrali, ma sicuramente si può affermare che se a scrivere novelle e romanzi è riuscito a essere tra i migliori, il migliore lo è stato in assoluto nelle vesti di drammaturgo, sconvolgendo e rivoluzionando il teatro, discostandolo dalla concezione classica, didascalica rappresentazione del mondo. Il suo teatro è rappresentazione della vita, ma solo in quanto la vita stessa è una nessuna e centomila, un palcoscenico in cui ogni personaggio cerca un autore.

Tornando a me, la seconda cosa che ho pensato dopo aver visto la foto di Pirandello, è stata l’ultima lettura fatta delle centinaia di opere dell’autore, “Così è se vi pare”. Sarà che la vista del nostro centro la domenica mattina non è quasi mai di connotazione positivista, ma ho pensato all’opera teatrale letta, forse perché ambientata in una città di provincia e forse perché la tematica cardine è l’impossibilita di una conoscenza assoluta, dell’arrivo alla verità, soprattutto passando per pettegolezzi e dietrologie da piazza. La realtà è percepita da ognuno con forme diverse, leggendo questa commedia si impara come è inutile e frivolo dare giudizi senza sapere, sia su persone, su fatti, su tutto. Pirandello dunque se letto e indagato può ancora oggi dare insegnamenti importanti alle nostre comunità, sempre che freghi qualcosa a qualcuno di imparare. Sono sicuro che lo scrittore agrigentino non sarebbe stato felice del basso livello culturale raggiunto dal nostro Paese, ma di sicuro non avrebbe tirato fuori tematiche e critiche con il perbenismo che oggi siamo soliti usare e che a quanto pare non sviscera e risolve le cose. Ma seppur la situazione sia tragica non abbattiamoci e tirando fuori la poetica dell’umorismo dell’autore, regaliamoci una risata seguita da una sensibile e attenta riflessione, per provare così a toglierci magari alcune di quelle centinaia di maschere che ogni giorno indossiamo, magari prima che ci dicano di togliere le mascherine.