di Federica Falzone


La pandemia che stiamo attraversando ha completamente ribaltato alcune abitudini e stravolto schemi di azioni ricorrenti, pensieri e consuetudini prevalenti.
Anche i bambini si sono ritrovati improvvisamente inseriti in nuove organizzazioni, in ritmi differenti, in nuove modalità relazionali e di gioco.


L’adattamento e la resilienza dei bambini hanno permesso a questi ultimi di comprendere rapidamente le “nuove regole” nonostante la paura e lo stupore.
In questo momento, adesso che ritornano a correre nei parchi e vorrebbero urlare “ti ho preso” toccando il compagno dopo averlo inseguito, occorre rielaborare insieme ciò che è stato. Inserirlo in un prima e in un dopo, cercando di cucire la trama di quel che hanno vissuto in un drappeggio più ampio.
Una metodologia sempre efficace nella sua semplicità e nella sua eterna bellezza è la favola.


D’altronde nell’uomo l’istinto di narrare prevale e spicca sin dalle origini. Potete inventare insieme ai vostri figli, ai vostri fratelli, alle vostre nipoti le più disparate.
Ne propongo qui una, di rapido impatto, realistica e breve.


“Qualche tempo fa nel mondo tutto tondo in cui abitiamo, in questo mondo fatto di distese, di valli, di fiumi e di mare, in cui i grandi lavorano e i bimbi vanno a scuola, qualcosa avvenne e cambiò tutto improvvisamente. Elisa e Nando erano amici per la pelle e sedevano accanto nel loro banco, il secondo a destra. La scuola finiva a Giugno ma quell’anno qualcosa cambiò. Era arrivato da dove chissà un virus monello, che si sentiva il re di tutto l’universo e con la sua corona viaggiava per tutti i paesi. Entrava nel corpo degli umani e invisibile faceva i dispetti, facendo ammalare i polmoni che servono a tutti per respirare. I virus con la corona erano tanti e tanto veloci. Gli esseri umani di tutto il mondo tutto tondo per sconfiggerlo avevano soltanto una soluzione: rimanere in casa. I grandi non andarono a lavoro e i bimbi non andarono a scuola o meglio alcuni grandi andarono a lavoro, altri adulti e molti bambini continuarono a fare le lezioni con i computer direttamente a casa. Sembrava ancor più bello però Elisa non vide Nando per un po' e furono tristi di non poter giocare a nascondino. In quel tempo in cui tutti indossavano mascherine e guanti come scudi contro l’esercito invisibile dei virus, molti impararono a cucinare torte e gustosissime pizze, scoprirono quanto era bello leggere nei libri storie di pirati, di signori e cavalieri e impararono a dipingere, a ballare, a giocare come non facevano da anni. I coronavirus sempre più soli per le strade si indebolivano e invece di far star male gli uomini persero potere e sparirono. Per alcuni giorni non fu chiaro se fossero davvero scomparsi o se se ne stavano ben nascosti, fu allora indispensabile indossare le mascherine e non abbracciarsi per altri mesi. Gli amici si salutavano toccandosi gomito a gomito. Elisa e Nando finalmente si incontrarono al parco, non si strinsero ma si divertirono e risero a crepapelle. Si raccontarono lunghe storie, spiegarono l’uno all’altra le passioni che avevano scoperto e il desiderio di tuffarsi in piscina. Le loro mamme gli avevano spiegato che dovevano essere cauti e che quell’anno sarebbe stato un po' strambo, un po’ diverso ma pur sempre un anno importante della loro vita”