di Leonardo Pastorello

Il problema del diritto al lavoro e della sua incessante precarizzazione – che va intesa come una delle cause delle disuguaglianze che attanagliano le esistenze di miliardi di cittadine e cittadini – è di fondamentale importanza soprattutto in questo periodo drammatico. Consumare e possedere oggetti è l’imperativo che rende felice l’uomo, mentre manca il lavoro, manca il libero sviluppo delle estensioni delle libertà individuali, chiamate dal premio Nobel per l’economia Amartya Sen ”capabilities”. Il consumismo è la nuova religione a cui siamo tutti devoti, un nuovo culto maniacale in cui i centri commerciali hanno quel carattere mistico dei templi dell’antichità, in cui gli individui si sentono parte di una comunità, che è quella dei consumatori:

Come accade con le cattedrali del culto religioso, anche quelle del consumo non sono solo un luogo di grande fascino, ma sono anche altamente razionalizzate. Poiché attraggono un numero sempre maggiore di visitatori, anche l’incanto deve essere riprodotto in funzione dell’aumento della domanda; […] lo stesso tipo di magia va riprodotto in un ampio ventaglio di situazioni. A questo fine, la magia dev’essere sistematizzata, per essere facilmente ricreata da un luogo o da un momento all’altro, anche se è comunque difficile ridurre la magia a formule universali utilizzabili routinariamente in qualsiasi momento e in ogni luogo da parte di chiunque. (Si veda G. Ritzer, La religione dei consumi).


Questa magia fa sì che il nostro sistema economico sia dipendente dal mito della crescita, senza tener conto di quelle che sono le conseguenze che riguardano la giustizia sociale e l’ambiente: quanto alla natura, in direzione della quale tutti si sforzano di esternalizzare i costi e la sofferenza della crescita, viene sfruttata, saccheggiata e distrutta senza pietà. Gli individui non avevano mai raggiunto un simile quadro di squallore (Si veda S. Latouche, Usa e getta); quanto alla giustizia, una società, deve promuovere il rispetto e il riconoscimento della dignità umana. Non esiste un sistema scientifico che verifichi la presenza della dignità negli esseri umani, ma potremmo affermare che una valida prova sia il vissuto di ogni individuo. Ciò lo affermava il noto Seneca, il quale si complimentava con l’amico Lucilio poiché quest’ultimo trattava umanamente i suoi schiavi:

<>Ho sentito con piacere da persone provenienti da Siracusa che tratti familiarmente i tuoi servi: questo comportamento si confà alla tua saggezza e alla tua istruzione.<>. No, sono uomini. No, vivono nella tua stessa casa. <>. No, umili amici. <>. No, compagni di schiavitù, se pensi che la sorte ha uguale potere su noi e su loro.

Seneca sottolineava che anche gli schiavi – paragonabili ai migranti che lavorano nei campi nel nostro Paese – sono uomini che hanno la stessa dignità degli individui liberi. Queste riflessioni hanno una fondamentale importanza se le contestualizzassimo anche nel quadro politico dei nostri giorni: il mese di Maggio 2020, ad esempio, è stato segnato dalla pandemia del Coronavirus e dal dibattito fra le forze politiche su come far fronte alla nuova crisi del mondo del lavoro e della finanza causata dalla diffusione globale del virus.

Com’è noto, la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha promulgato l’articolo 110-bis, ossia la sanatoria per la regolarizzazione dei migranti che lavorano nei campi. Tale provvedimento è stato duramente criticato dalle forze politiche dell’opposizione, che hanno considerato le misure della ministra non rispettose e solidali nei confronti degli italiani, i quali, secondo gli stessi partiti del centro-destra, devono avere la priorità sugli immigrati.


Le tesi degli esponenti della destra italiana – e di tutto il mondo, potremmo affermare – sono portatrici di istanze di stampo identitario che risultano essere in netto contrasto con le aspirazioni etiche e filosofiche dei più grandi pensatori comunitari e di liberali come Amartya Sen e Martha Nussbaum. Le proposte mosse da questi ultimi potrebbero rappresentare una plausibile replica a quelle che sono le accuse della destra conservatrice: trascurare le emergenze del proprio popolo di appartenenza, per favorire gli interessi dello straniero, che è rappresentazione di una vera e propria minaccia da debellare, al fine di tutelare la sovranità e l’identità politica e culturale di uno Stato.


Spero che mi sia concessa una domanda: quali sarebbero i punti etici – o ”capabilities” – su cui dovrebbe far leva la sinistra italiana? A questo interrogativo, plausibilmente, potrebbe rispondere Martha Nussbaum con la sua opera ”Giustizia sociale e dignità umana”, proponendo un decalogo etico su cui sarebbe opportuno riflettere.

  1. Vita. Essere in grado di vivere fino alla fine una vita umana di normale durata; di non morire prematuramente, o prima che la vita di una persona sia ridotta in uno stato tale da renderla indegna di essere vissuta.
  2. Salute fisica. Essere in grado di avere una buona salute, inclusa quella riproduttiva; essere nutriti in modo completo; avere un’abitazione adeguata.
  3. Integrità fisica. Essere in grado di muoversi liberamente da un luogo all’altro; avere assicurata la sovranità sul proprio corpo, ovvero poter essere al riparo da ogni tipo di violenza, inclusa l’aggressione sessuale, l’abuso sessuale su minori e la violenza domestica; avere la possibilità di trovare soddisfazione sessuale e di scegliere in materia di riproduzione.
  4. Sensi, immaginazione e pensiero. Essere in grado di usare pienamente i sensi, di immaginare, pensare e ragionare – e di far ciò in modo «propriamente umano», ovvero in modo informato e coltivato da adeguata istruzione, che includa alfabetizzazione e conoscenze matematico-scientifiche di base, ma non sia affatto limitata a questo.
  5. Emozioni. Essere in grado di avere legami con persone e cose al di fuori di noi stessi; poter amare chi ci ama e si interessa di noi, soffrire per la loro assenza; in generale, amare, soffrire, sentire mancanza, gratitudine e rabbia giustificata. Avere uno sviluppo emotivo non rovinato da eccessiva paura e ansia,o da eventi traumatici come abusi o incuria. (Sostenere questa capacità significa sostenere forme di associazione umana che si possono dimostrare cruciali nel loro sviluppo.)
  6. Ragion pratica. Essere in grado di formarsi una concezione del bene e di
    impegnarsi nella riflessione critica sul modo in cui pianificare una propria forma
    di vita. (Ciò implica anche protezione della libertà di coscienza.)
  7. Unione. a) Essere in grado di vivere con gli altri e rispetto agli altri, di riconoscere e mostrare interesse per altri esseri umani, di impegnarsi in diverse forme di interazione sociale; essere in grado di immaginare la posizione di un altro e di avere compassione per quella situazione; essere capace sia di giustizia sia di amicizia. (Proteggere questa capacità significa sostenere istituzioni che costituiscono e nutrono questo genere di affiliazioni, e anche proteggere la libertà di associazione e di espressione politica.) b) Avere le basi sociali per il rispetto di sé e per non essere umiliati; poter avere una dignità pari a quella di tutti gli altri. Questo implica, come minimo, protezione contro le discriminazioni sulla base della razza, del sesso, dell’orientamento sessuale, religione, della casta, dell’appartenenza etnica o della nazionalità. Sul posto di lavoro, poter lavorare come un essere umano, esercitare la ragion pratica ed entrare in relazioni significative di reciproco riconoscimento con altri lavoratori.
  8. Altre specie. Essere in grado di vivere prendendosi cura e stando in relazione con animali, piante e con il mondo naturale.
  9. Gioco. Essere capaci di ridere, giocare e godere di attività ricreative.
  10. Avere controllo sul proprio ambiente. a) Politico. Essere in grado di partecipare effettivamente alle scelte politiche che regolano la propria vita; godere del diritto di partecipazione politica attiva, così come della protezione della libertà di parola e di associazione. b) Materiale. Essere in grado di avere proprietà (sia di terra sia di beni mobili), non solamente in senso formale, ma in termini di possibilità concrete; avere diritti di proprietà su base paritaria rispetto agli altri; avere il diritto di cercare lavoro su base paritaria rispetto agli altri; essere garantiti da perquisizioni e confische ingiustificate.