di Alessio Amorelli

Viviamo giorni strani. Paralizzati a causa di una pandemia inaspettata, ci troveremo presto ad affrontare una crisi economica e sociale di magnitudo spaventosa. La Commissione Europea ha stimato un crollo del PIL del 9,5% per l’Italia. Milioni di posti di lavoro rischiano di saltare. Centinaia di migliaia di attività commerciali rischiano di non riaprire. Le persone che vivono sotto la soglia di povertà aumenteranno e di molto, con buona pace degli antichi fasti dal balcone dell’attuale Ministro degli Esteri.

Si è ripetuto allo sfinimento che di fronte a questa pandemia siamo tutti uguali. È evidente che si tratta di una falsità. L’unica cosa che ci ha accomunato è stata l’incertezza, soprattutto all’inizio. Tutto il resto è un aumento pazzesco delle diseguaglianze. Esistono persone che vivono “costrette” nelle loro ville con un paio di collaboratori domestici e poi ci sono gli invisibili. Esseri umani senza diritti e senza reddito stipati in pochi metri quadri che non sanno cosa mettere a tavola domani. Ci sono persone che continuano a generare profitti attraverso le rendite finanziarie e piccole Partite IVA che ricevono soltanto lettere di recesso da precedenti incarichi. Era bello cantare l’ottimismo, scrivere andrà tutto bene, vivere di illusioni. Era bello, era falso.

Le diseguaglianze sociali si stanno dilatando e presto diventeranno drammatiche. L’Europa tarda a dare risposte. In Italia le banche sono chiamate a fare “atti di amore” con un ossimoro degno di un talentuoso poeta, non certo di un Presidente del Consiglio. La Cassa Integrazione non viene liquidata. Le mascherine non vengono vendute al prezzo promesso. I tamponi li avrà rubati qualcuno. Lo Stato, dopo decenni di demonizzazione, è debole. Gli operatori economici privati sempre più egoisti. Le classi sociali deboli sono sempre più emarginate.

Come detto in apertura, viviamo giorni strani. Mentre quasi tutta la classe politica e il ceto industriale sbraitano contro l’intervento dello Stato in economia, parlano di rilanciare l’iniziativa economica privata soltanto attraverso regali alle imprese (il famoso “rilancio dell’economia” in stile Santa Claus), condannano il reddito di emergenza come bieco assistenzialismo, si scagliano contro chi vorrebbe dare diritti a chi è schiavizzato nei campi per pochi euro l’ora, la Chiesa cattolica è l’unico argine al cinismo neoliberale. Garantire diritti anche agli ultimi della terra, ridurre l’orario di lavoro a parità di salario, aiutare il terzo settore ad intercettare i bisogni di chi è disperato.

Il Cattolicesimo sociale è sempre stato un argine all’egoismo imperante nell’economia moderna. Avere un Papa francescano da un impulso importante in questa direzione. Però fa sinceramente ridere (forse piangere) che coloro che in politica dovrebbero rappresentare l’eredità del movimento operaio si affrettino a smentire puntualmente chi li accusa di volere uno Stato interventista, uno Stato più forte a difesa dei più deboli. Noi, uno Stato più forte? Uno Stato che controlla e garantisce dagli abusi? Ma siete pazzi? La Chiesa, per la sua storia e per sua stessa natura, non si pone in conflitto con le classi dominanti. Cerca il dialogo, il confronto, insomma fa la Chiesa. Le persone con meno mezzi avrebbero un disperato bisogno di organizzazioni in netto contrasto con gli interessi di chi vuole conservare gli attuali rapporti di forza. Invece no, se sei povero continua ad essere colpa tua o al massimo di qualche migrante che sta peggio di te.

La triste realtà ci dice che nessuna organizzazione è in grado di elaborare una proposta alternativa al capitalismo neoliberale. Manca la volontà. Qualcuno ci prova, ma non è minimamente in grado di competere con l’egemonia del cinismo che governa l’economia oggi. Lo Stato rimarrà quella macchina a cui togliere competenze che serve soltanto quando bisogna trovare un colpevole ai fallimenti delle società. Servizi pubblici inadeguati, imprese corrotte, vasti strati della popolazione ridotti alla disperazione, tutta colpa dello Stato. Come dite? Sono cinquanta anni che togliamo competenze e risorse al pubblico? E quindi? Quale sarebbe l’alternativa? Magari volete far pagare più tasse ai ricchi? Siete per caso fuori di testa? Ecco, appunto.

Non ci resterà che accettare la carità, per fortuna c’è la Chiesa francescana. Certo lottare per i propri diritti, per un’economia giusta, per un cambiamento dei rapporti di forza, per una democrazia di sostanza e non di forma, sarebbe stato più dignitoso. Ma non c’è alternativa, continuiamo a perdonare il capitale e a pregare San Michele. Perdonare e pregare. Senza dimenticarci di condannare lo Stato.