di Danilo Napoli
La nostra città è piena di giovani risorse, giovani talenti che spesso hanno bisogno di espatriare, per ricevere una formazione all’altezza dei loro progetti. Per fortuna però non è sempre così, ne è un esempio Flavia Cocca scenografa, costumista e illustratrice nissena, che si è formata presso l’Accademia di Belle Arti di Catania, dove ha conseguito la laurea triennale e specialistica in scenografia, con il massimo dei voti. Personalità fortemente eclettica: dall’illustrazione digitale, al collage, alle istallazioni, alle maquette, tutte le sue realizzazioni evocano un mondo ideale, un’arte che lei stessa ama definire etica. Tale arte mette in evidenza il rispetto per la natura, ciò si evince in particolar modo dalla scelta dei materiali a cui ricorre nelle sue realizzazioni. Concentra la sua attenzione su temi di attualità come quello dell’ecosostenibilità. Attualmente insegna sconografia presso l’Accademia di Belle Arti Michelangelo di Agrigento, ha inoltre ricevuto l’ Incarico di scenografa e costumista per lo spettacolo “Ombre” scritto da Gaetano Aronica e Adriana Sabbatini il quale aprirà la stagione del Teatro Pirandello di Agrigento. Nel 2016 realizza la scenografia per il documentario “Ceci n’est pas un cannolo” di Tea Falco, negli anni a seguire lavora come stilyst per Cineska, realtà torinese, una compagnia di produzioni audiovisive, realizza inoltre diverse scenografie per cortometraggi partecipanti a numerosi festival. Nel 2018 viene selezionata per il premio nazionale delle arti sezione scenografia.
Le ho fatto alcune domande:
- Flavia come definiresti la tua forma d’arte?
La mia arte è un progetto in cui la creatività diviene un mezzo colorato e avvincente, capace di sensibilizzare lo spettatore. A monte c’è la volontà di incrementare un’innovazione valorizzando nuovi metodi, ben strutturati e consapevoli, stimoli per la ricerca, interpretando inoltre il materiale proposto con la volontà di trasferire personali suggestioni visive
- Cosa vuol dire per te fare arte?
Fare arte per me è sacrifico, pazienza, amore, sofferenza, umiltà. Nelle mie opere cerco sempre di mettere me stessa, attraverso uno studio costante quasi ossessivo di materiali, linguaggi e metodi sono riuscita a trovare la mia dimensione che si esplica con la creazione di realizzazioni che a loro sono concepite come abiti-scultura o piccoli racconti caratterizzati da micromondi e scenari ludici adibiti anche all’allestimento di spazi espositivi, delicati oltre che leggerissimi, suggeriscono il bisogno di rispetto e di cautela nel maneggiare loro stessi e l’ambiente.
- Ho avuto la fortuna di vedere molte delle tue opere, mi sono reso conto che la carta è per te un materiale imprescindibile, sbaglio?
Assolutamente no, definisco il mio amore per la carta inseparabile: amo trasformare un semplice foglio di carta in una costruzione tridimensionale, ricorrere all’utilizzo di tale materiale per dimostrare la sua stessa valenza eclettica. Tale modus operandi porta al riutilizzo di materiali appartenenti ad altri contesti ed utilizzati in altri ambiti, riadattati, trasformati in materiali alternativi assumendo, così, nuove funzioni come ad esempio i miei abiti.
- Quali credi che siano gli elementi che influiscono di più nella tua fase di creazione?
Amo i fiori, gli animali, la natura, suggestioni che spesso ricorrono nelle mie opere. Obiettivo primario, matrice del mio pensiero è quello di comunicare l’arte con materiali etici ed affascinanti, ciò rappresenta un originale e nuovo approccio ai temi dell’ecosostenibilità e della tutela del pianeta.

- Ho notato che spesso rappresenti la casa nelle tue creazioni, perché?
Forse perché sono molto legata alla mia famiglia, rappresenta uno spazio fisico intriso di significati simbolici ed emozionali, anch’essa luogo dell’anima, territorio intimo dove ognuno di noi trova conforto e rifugio. Anche nella creazione del logo del mio brand ho voluto rappresentare la forma della casa, a testimonianza di ciò che ho appena detto. A tal proposito credo che nonostante siamo appena entrati nella fase due, penso sia di fondamentale importanza rimanere più possibile protetti nelle nostre case.

– A cosa pensi mentre lavori a nuove opere, quali obiettivi ti fissi?
Raccontare delle storie, anche e soprattutto attraverso il materiale stesso è la mia missione unendo il bello con il buono e l’estetica con l’etica, si arriva ad una trasformazione, dimostrando, attraverso la progettazione e la realizzazione di illustrazioni sotto forma di collage o abiti-scultura, come sia possibile creare un nuovo tipo di produzione e di mentalità. Sin da piccola facevo abitini alle mie piccole barbie con i miei bavaglini. Ho da sempre cercato di sperimentare qualcosa che fosse quasi insolito poco comune.
- Cosa mi dici della tua esperienza al teatro Pirandello di Agrigento?
Il lavoro di scenografa al teatro Pirandello mi ha resa molto più consapevole delle mie capacita, lavorare insieme a dei professionisti del settore mi appaga e mi fa sentire “utile”, li ho capito che tutti i miei sforzi non sono stati vani, Sentirsi apprezzata per ciò che si fa con il cuore è una delle sensazioni che augurerei a tutti. Specialmente lavorare in Sicilia, terra bella ma estremamente difficile, emergere qui per me è sicuramente un bel traguardo una bella sfida. Mi sento fortunata perché mi sento capita finalmente, il mio è un settore cavilloso molto molto difficile, soprattutto nella nostra terra, spesso non viene capito. Anche il mio lavoro di docente mi appaga tantissimo, cerco di trasmettere la mia passione ai miei allievi in accademia, fare sperimentare loro diverse visioni diversi linguaggi e modi di esprimere se stessi.
- Cosa pensi di questo momento storico in relazione al mondo dell’arte e in relazione alla società e al tempo che sembra si stia sempre più dilatando?
È chiaro che chi come me ama l’arte e fa dei questa la sua vita, può lavorare da casa cercando di eseguire ed elaborare le proprie idee, riflettere e cercare di andare nel profondo del proprio animo. Nonostante questo drammatico periodo può esso stesso essere un pretesto per una rinascita artistico-culturale. Può essere spunto per suggestioni, per una ripresa di vita che necessita per forza di cose di un cambiamento, nello stile di vita ma anche un cambiamento se vogliamo interiore, spirituale in ognuno di noi, questa situazione mi sta facendo riflettere molto, l’arte può essere vista come medium per esprimere se stessi ma anche questo cambiamento che deve avvenire per garantire una vita più bella e più sana da tutti i punti di vista Forse questo periodo ci servirà per apprezzare le cose più vere, l’essenza di queste. Potrebbe altresì servirci per apprendere una visione altra della fruizione dell’opera d’arte, per riuscire anche a riscoprirci e riscoprire delle cose a cui non avevamo fatto caso. Il tempo in questo caso, ha una valenza e un compito fondamentale. Dobbiamo cercare di far emergere il nostro slancio vitale non occultarlo, dovremmo vivere questo tempo della memoria, della vita -attimo irripetibile che coincide con il flusso autocreativo della coscienza. In questo periodo l’arte avrà il compito di suscitare ancora più del solito, emozioni, riflessioni, sensazioni nel fruitore stesso.
- Credi che dopo questa brutta storia assisteremo a una sorta di rinascita e che ruolo pensi avrà il teatro?
Sono positiva, la rinascita ci sarà e sarà ancora più bella più fresca e nuova di sempre, l’arte è un prodotto dell’uomo, salva l’anima e la vita dunque aiuterà tutti a superare questo strano e drammatico periodo. Si ripartirà più forti e determinati di prima, forse più consapevoli, verranno apprezzate cose e luoghi che magari prima erano scontati. I teatri riapriranno e saranno veri luoghi dell’anima. Più di prima il teatro sarà il medium che metterà in risalto l’ interazione sociale e la rieducazione del popolo. Come veicolo sociale e culturale sarà apprezzato più di prima, riuscirà a dare delle risposte, oggi più che mai. Eduardo De Filippo diceva: “Il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita”.
- Per concludere una piccola curiosità, perché hai scelto VOOSA come nome d’arte?
Nasce da un gioco e fa riferimento al mio soprannome adolescenziale, di per sé non vuol dire nulla, ma ha un significato speciale, che attualmente vorrei tenere per me. Ho deciso di far coincidere il mio nome d’arte col nome del mio brand, al quale ho dedicato un profilo instagram dove metto contenuti relativi alle mie creazioni artigianali, realizzate con materiali ecologici e di riciclo.

- Grazie della piacevole chiacchierata Flavia, ti va di salutarci con un messaggio, qualcosa che senti di dire?
A costo di sembrare ripetitiva mi va di dire che impareremo ad amare maggiormente noi stessi e gli altri.
Grazie a te Danilo, un abbraccio virtuale a te e a tutti i ragazzi di LAO.
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