di Federica Dell’Aiera

In questi giorni sentiamo spesso l’espressione “body shaming” per via di uno spiacevole episodio accaduto alla giornalista Giovanna Botteri, derisa sui social per il suo aspetto fisico. La giornalista è solo l’ultimo bersaglio famoso, prima di lei Valentina Ferragni e le sue amiche “rotonde”, così descritte da un’importante testata giornalista, la ministra Teresa Bellanova e il trio azzurro di tiro con l’arco, definite in un articolo “cicciottelle”.
Body shaming è far vergognare qualcuno per il proprio corpo, è una forma di bullismo che colpisce l’aspetto fisico delle persone che vengono derise e criticate attraverso l’uso del web e dei social.

Il fenomeno raggiunge statisticamente più le donne che gli uomini. Per le donne oggi è sempre più complicato accettarsi e sentirsi belle per moltissime ragioni e basta veramente poco per discostarsi dai canoni di bellezza dominanti per diventare bersaglio di questa terribile pratica. Ogni corpo che diverge dall’ideale magro, bianco e abile viene considerato in qualche modo non conforme. Quante volte i giornali propongono diete lampo per perdere i chili “di troppo”, e quante le volte in cui le pubblicità ci propongono di nascondere le nostre “imperfezioni”? sono esempi di body shaming ormai diventato norma, non importa come si manifesta e quanto spesso appare, il fenomeno perpetua l’idea che ogni persona deve adattarsi ad un canone imposto perché è giudicato prevalentemente per le sue caratteristiche fisiche, pena l’esclusione dalla società, la derisione e il giudizio negativo.


Il fenomeno body shaming si sviluppa in molte forme, le più comuni sono fat shaming e skynny shaming. Nella nostra società vigono stereotipi sociali che si basano su canoni dettati dalla grassofobia per cui essere grassi è più una colpa che una caratteristica come un’altra del proprio corpo. Dai sedili stretti degli autobus ai mass media che ritraggono le persone in sovrappeso come ridicole e come esempi negativi, al classico “che peccato, hai un viso bellissimo” fino ad arrivare alla cultura della dieta principalmente rivolta alle donne per cui l’ideale della magrezza è l’unico obiettivo da raggiungere per essere considerati validi e accetabili.


L’opposto è lo skynny shaming, l’atto di criticare chi è troppo magro per cui ricevere commenti come “le vere donne hanno le curve” non è poi così impossibile.
È un continuo combattere contro i pregiudizi e la fobia interiorizzata poiché essendo continuamente bombardati da critiche e giudizi si finisce ad odiare il proprio corpo convincendoci al necessario cambiamento per adeguarsi agli standard imposti dalla società.
Ad oggi teoricamente dovremmo essere tutti consapevoli che questi standard siano una costruzione arbitraria, eppure ancora si combatte contro fenomeni del genere perché ledono la persona ed è ancora più assurdo che nascano altri fenomeni dagli intenti più nobili come il “body positive” per insegnare ad accettarsi ed educare alla diversità.


Negli ultimi anni siamo piombati in una realtà narrata per immagini in cui il confronto è inevitabile e l’esposizione ai giudizi altrui ne è una conseguenza. L’unica via per prevenire atti di discriminazione e bullismo come questi è un’educazione alla diversità come ricchezza e normalità. Un’educazione che scardina gli stereotipi e che abitui ad ascoltare ogni singola voce possibile come rispettabile e valida.
Perché forse ci sfugge che siamo tutti uguali.