Di Carmelo Sostegno

Essere qui mi ha dato anzitutto la possibilità di ficcare il naso nella blasonata classifica del Sole 24ore, nella quale il sistema di qualificazione della qualità della vita è, in realtà, un’intelaiatura molto fitta di novanta indicatori”. Così esordisce presso il Centro espositivo di arte contemporanea (Ex rifugio) di Caltanissetta, Agostino Riitano, project manager di Rural Hub e parte del team di direzione artistica di “Matera Capitale della Cultura 2019”, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Artigiani dell’immaginario. Cultura, Fiducia e Cocreazione”, edito da Mimesis.


L’annosa classifica che già da diverse settimane affligge la 107° provincia d’Italia è uno dei temi che il nuovo libro di Riitano affronta in maniera apparentemente diretta. Non già sviscerandola – infatti nelle pagine del libro non c’è alcun riferimento esplicito alla classifica – ma fornendo riflessioni e argomentazioni di ben più ampio respiro e tali da iniziare a una riflessione più attenta e precisa circa le ragioni che sottendono quella posizione.
Secondo Riitano, infatti, “le valutazioni degli ecosistemi delle nostre città, come quella del Sole24ore, difettano quasi sempre di qualcosa. Dentro le pieghe di quella classifica accadono, infatti, delle cose che spesso non è possibile fotografare. Così, ad esempio, nessuna classifica tiene conto di quel laboratorio di innovazione culturale esistente nel sud e che, ad oggi, risulta tra i più fertili d’Europa e che se preso in considerazione cambierebbe le sorti di molte province”.


Tuttavia, l’assenza di simili processi all’interno di tali classifiche è data dalla natura graduale e lungimirante dei processi stessi. “È come se noi – continua Riitano – per valutare la bontà della ricerca del nostro Paese valutassimo soltanto i brevetti. E tutti gli esperimenti in corso nei nostri laboratori?”.
Ciò che avviene al sud è, dunque, una produzione ingente di prototipi imprenditoriali afferenti alla cultura, all’arte, come ad esempio le ormai sperimentate e ben riuscite fattorie didattiche, e che però non hanno ancora assunto una propria concretezza reale, sociale, oltreché economica.
Da qui, la difficoltà di definire questi modelli e laboratori in continua sperimentazione all’interno di classifiche come quella del Sole 24 ore. Da qui, però, anche l’importante consapevolezza che nella realtà delle cose l’esistenza di semplici laboratori culturali incide eccome. Incide sia nel processo di recupero degli spazi urbani abbandonati, ma anche nel processo di edificazione e rafforzamento del sentimento di comunità. “Vi assicuro che le attività più interessanti – spiega a un certo punto Riitano – sono quelle che aprono delle brecce di riflessione, che mettono insieme in maniera inedita componenti della nostra società, quelle che mentre fanno produzione culturale generano degli impatti sociali, e quelli che mentre si occupano del sociale generano nuove forme di visione e di cultura. È in questo modo il sud continua a essere piattaforma di interessante sperimentazione”.

Se uno dei punti di ripartenza del sud è, quindi, “l’incontro culturale”, secondo Riitano non bisognerebbe intervenire anche attraverso uno stravolgimento necessario dello “schema narrativo facilmente riproducibile”: “Ci sono diverse spiegazioni – precisa – alla base di questo fermento culturale: in primo luogo, le contingenze storico sociali che han fatto sì che una certa generazione del sud si dovesse rimboccare le manichein modo alquanto inedito; in secondo luogo, c’è quel fenomeno che pochi raccontano, perché tutti raccontano di cervelli in fuga, perché ovviamente entra in uno schema narrativo facilmente riproducibile, ma pochi raccontano il movimento del ritorno dei giovani”. Esperienza, quest’ultima, anch’essa importantissima per capire le lacune della classifica oggetto di numerosi dibattiti.
L’esperienza del nord, secondo Riitano, dà un valore aggiunto al territorio che non può essere ignorato. È  come se durante il soggiorno in una delle grandi città si riuscisse a maturare, anche involontariamente, una  visione di insieme più completa e, dunque, articolata, così da permettere, ad esempio, di individuare e impiegare in maniera rapida tutte le risorse disponibili.

Il sud come fucina di idee, dunque, bottega silenziosa, tempo che rallenta per riempirsi di nuove forme di cittadinanza culturale. Ma è altrettanto vero che il tempo è tutt’altro che impercettibile. Quel tempo che si fa pesante nella lentezza dei trasporti, nella precarietà delle infrastrutture, nella macchinosità, a volte spietata, della burocrazia, per non parlare, poi, in quello sfiancante disinteresse verso le bellezze del territorio, a volte denigrate, a volte depredate, a volte dimenticate.
Ascoltando Riitano, torna così alla mente un sud che vuole resistere al fardello del meridione che non ce l’ha fatta e non ce la farà mai; quel Cristo che, arrivato a Eboli, incontra una strada e un treno che non più abbandonano la costa di Salerno e il mare, e non più si addentrano solo nelle desolate terre di Lucania, ma penetrano anche il resto tutt’attorno, senza abbandonare nessuno.

Il libro di Riitano affronta tutti questi punti. È, come l’ha definita più volte l’autore medesimo, una raccolta di pensieri, intime riflessioni su temi comuni, frutto di scambi tra persone fisiche, lavoratori, maestri, coloro i quali in questi anni lo hanno accompagnato nella sua esperienza di manager. “La mia esperienza mi ha spiegato che ognuno di noi deve dare valore al proprio agire affinché ogni sua azione porti un valore di testimonianza”. Quando Riitano parla di “artigiani immaginari”, titolo intenzionalmente “poetale”, lo fa con il fine di riabilitare quella rosa di mestieri che testimoniano un mondo sotterraneo, silenzioso, mestieri che spesso si somigliano, che spesso agiscono all’unisono, e che però per tutta una serie di elucubrazioni artificiali, e tra queste Riitano individua ad esempio il business della formazione, hanno fatto presto ad allontanarsi.
Dopo tutto, c’è un approccio che potrebbe accomunare proficuamente i mestieri dei cittadini del sud ed è evidente: “è la capacità, tipica degli artigiani immaginari, di individuare i problemi e mettere le mani sulle cose per mezzo dell’immaginario, appunto. L’immaginario è una cosa notoriamente inguantabile – chiarisce Riitano – è immateriale, ma al tempo stesso è ponte cognitivo, perché lì dove il nostro pensiero razionale non è in grado di comprendere i problemi e risolverli, interviene l’immaginario collettivo il quale spinge la nostra esperienza cognitiva ben oltre la semplice, meccanica ricerca delle cose”. Riitano ci invita a “smettere di riempire le nostre esperienze – di studio o di lavoro che siano –  unicamente di questa dialettica oppositiva tra realtà e non realtà. Bisognerebbe, invece, abbandonare questa logica a favore di un processo individuale e collettivo insieme e che in ambito cognitivo viene detto abduzione”.
Il processo abduttivo, dunque, è quel processo che mette insieme, in maniera inedita, degli elementi già noti. Insomma, come dice l’autore partenopeo citando a sua volta Pasteur, bisogna essere prima di tutto “pronti a cogliere lo stimolo dell’aggregazione inedita”. E in questo inedito processo di crescita e ripresa, la presenza è un’attitudine importantissima. L’artigiano deve essere presente e in grado di sbagliare, e quindi imparare a essere antifragili. Cosa vuol dire essere antifragili? “Significa che bisogna imparare prima di tutto a governare armonicamente il caos spesso provocato dall’errore. Qui essere eroi come intesi nell’antica Grecia, e cioè possedere la virtù del cominciamento. Siamo eroi solo e se abbiamo la virtù di cominciare, e con coraggio diluire la nostra soggettività affinché l’origine di un progetto sia riconducibile solo e soltanto a una collettività”.