Di Luigi Garbato
Il primo weekend nisseno del festival Le Vie dei Tesori ha avuto un successo straordinario, dimostrando che i nisseni hanno ancora un forte desiderio di Cultura e che, nonostante corso Vittorio Emanuele II sia stato riaperto al traffico, c’è la volontà diffusa di vivere il centro storico non solo in occasione di eventi gastronomici e musicali, ma anche per scoprirne le bellezze storico-artistiche. Una di queste è sicuramente la chiesa della Provvidenza e la contestuale esposizione temporanea di documenti e fotografie che raccontano il legame tra Leonardo Sciascia e la città di Caltanissetta, da lui definita “la piccola Atene”.
Per il prossimo weekend del 20-22 settembre suggerisco alle lettrici e ai lettori di LAO la visita di due siti in particolare: il Santuario del Signore della Città e la chiesa di S. Agata al Collegio.
Nel primo sarà possibile visitare in via del tutto eccezionale un ambiente attiguo alla chiesa che conserva alcuni oggetti appartenuti al Venerabile Padre Angelico Lipani. Si tratta dei sandali, del calice e altri oggetti usati dal frate che ha fondato la Congregazione delle Suore Francescane del Signore della Città. Nello stesso ambiente si può ammirare un ritratto di Padre Angelo Lipani opera di Carmelo Giunta. La chiesa inoltre offre la possibilità di ammirare e apprezzare la fattura artistica del Cristo Nero, il Crocifisso medievale – di scuola provenzale o catalana databile tra il XIV e il XV secolo – che sfila in processione, la sera del Venerdì Santo, all’interno di un sontuoso fercolo dorato portato a spalla dai fogliamari. Al di là della suggestiva processione, che si svolge tra incenso e ladate, il Cristo Nero regala all’osservatore attento sensazioni di trascendenza e bellezza che costituiscono da sole un motivo valido per visitare il santuario.
La chiesa di S. Agata al Collegio invece custodisce al suo interno preziose opere d’arte quali la pala dell’altare maggiore di Agostino Scillia, i dipinti di Vincenzo Roggeri, il monumento funerario a padre Sciales di Michele Tripisciano e i già citati, in un altro articolo, affreschi settecenteschi di Luigi Borremans nella cappella di S. Anna. Ma la vera chicca di questo weekend sarà l’apertura degli sportelli in marmi policromi dell’altare dedicato a S. Ignazio di Loyola (entrando sul lato sinistro) che custodiscono un’autentica sorpresa: il corpo disteso di S. Aurelio martire. Si tratta di una teca di cristallo che custodisce la statua-reliquiario antropomorfo contenente le reliquie del martire, visibili in corrispondenza delle parti anatomiche aperte sui sontuosi abiti della figura distesa su un fianco. L’ostensione eccezionale del corpo del martire fa pendant con la leggiadra ed elegante statua lignea distesa della Madonna Assunta posta dentro l’urna di cristallo sotto l’altare maggiore della chiesa.
Nelle chiese siciliane è molto frequente la presenza di urne di cristallo con statue-reliquiario distese o semplicemente statue distese, spesso in cera, sotto gli altari. È il caso, per esempio, della chiesa della Madonna Assunta a Caltanissetta, dove sono custodite l’urna mobile della Dormitio Virginis, che accoglie una statua in cera della Madonna Assunta, e l’urna con la statua-reliquiario di S. Modesto martire collocata sotto l’altare maggiore. Se l’uso dell’ostensione delle reliquie inserite dentro statue antropomorfe ci può apparire macabro, esercitano invece un certo fascino le sculture poste dentro le teche di cristallo. Recentemente ho visitato la chiesa madre di Petralia Sottana e la guida mi ha spiegato che la statua della Madonna Immacolata (in foto),
distesa dentro un’urna di vetro posta sotto un altare laterale, ha solo recentemente ritrovato la sua collocazione originaria in quanto la sua bellezza induceva in tentazione i fedeli. Questo aneddoto mi ha fatto pensare al romanzo “Retablo” di Vincenzo Consolo in cui Isidoro, identificando l’amata Rosalia con la statua della Santuzza sul Monte Pellegrino, così si disperava: son salito fino al Monte, sono entrato nella Grotta: lo sai, uguale a la Santuzza, sei marmore finissimo, lucore alabastrino, ambra e perla scaramazza, màndola e vaniglia, pasta martorana fatta carne. Mi buttai ginocchioni avanti all’urna, piansi a singulti, a scossoni della cascia, e pellegrini intorno, << me- schino, meschino… >>, a confortare. Ignoravano il mio piangere blasfemo, il mio sacrilego impulso a sfondare la lastra di cristallo per toccarti, sentire quel piede nudo dentro il sandalo che sbuca dall’orlo della tunica dorata, quella mano che s’adagia molle e sfiora il culmo pieno, le rose carnacine di quel seno… E il collo tondo e il mento e le labruzze schiuse e gli occhi rivoltati in verso il Cielo…
Spero che incuriositi da queste suggestioni e da queste informazioni, le lettrici e i lettori di LAO possano decidere di visitare queste due chiese il prossimo weekend, prestando particolare attenzione alle tante reliquie e alle statue che le impreziosiscono.
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