Di Federica Dell’Aiera
Il principino George in questi ultimi giorni è stato protagonista di una spiacevole vicenda di bullismo. Tutto inizia dalla sua passione per la danza classica, disciplina che già pratica insieme alla sorellina Charlotte e che continuerà ad approfondire durante il suo ultimo anno di Lower school. La conduttrice del famoso programma “Good Morning America” ha dato la notizia dell’articolato programma scolastico del principino soffermandosi sul balletto, ironizzando e deridendo la scelta. Il video di questo spiacevole momento è diventato virale e ha scatenato numerose polemiche e critiche. Il mondo del balletto si è unito attorno al principino e a tutti i ragazzi che hanno deciso di danzare. Primo tra tutti il famoso ballerino Roberto Bolle il quale ha scritto sul suo seguitissimo profilo social la seguente:
“Vorrei sapere se avete trovato questo video divertente o inappropriato. È già difficile per i ballerini proprio per le prese in giro…“.
Il principino George danzando sta combattendo uno dei tanti stereotipi di genere. L’espressione stereotipo di genere indica nello specifico, le conoscenze riguardo le caratteristiche, i ruoli e le attività che si immagina contraddistinguano gli uomini rispetto alle donne così come bambini rispetto alle bambine. Gli stereotipi hanno duplice valenza, in quanto svolgono una funzione descrittiva e una funzione normativa che nel caso degli stereotipi di genere, definiscono non solo ciò che una persona dovrebbe essere, ma indica anche quali siano i comportamenti idonei ad un genere rispetto che ad un altro.
Gli stereotipi di genere creano così specifiche aspettative culturali rispetto ai due generi in termini di personalità, apparenza, abilità ed interessi. Difatti la maggior parte delle persone subisce condizionamenti dettati dagli stessi, ragion per cui l’utilizzo degli stereotipi divide gli esseri umani in due tipi, collocandoli in società in determinati modi, organizzando la divisione dei compiti e le attività. Il persistere degli stereotipi ha fatto si che essi venissero riconosciuti come caratteristiche biologicamente specifiche dei due generi e come elementi fondanti dell’identità, contribuendo così alla rigidità che li contraddistingue. Ci sono stereotipi legati alla sfera comportamentale che legano caratteristiche come la razionalità all’uomo e l’esatto contrario alla donna, ed altri legati alla sfera professionale e familiare, quelli che ad esempio legano la casa e la cura alla donna. La funzione principale dello stereotipo è proprio quella di categorizzazione e semplificazione della realtà, ragion per cui questi perdurano nel tempo. Le immagini della realtà semplificata e categorizzata fanno si che questi vengano tramandati e trasmessi facilmente mantenendo in vita concetti superati. Fin da bambini, veniamo colpiti dagli stereotipi di genere. Come viene presentato lo stereotipo al bambino?
Dal primissimo pianto che urla al mondo la nostra presenza, veniamo etichettati con una bella coccarda, rosa o azzurra. Iniziamo a vedere il mondo in azzurro e in rosa, in ogni gradazione possibile e su ogni singolo oggetto che scopriamo. Già a tre anni, i bambini hanno conoscenze stereotipiche che gli fanno facilmente individuare chi svolge un’attività come giocare a calcio o riconoscere l’abbigliamento o i giocattoli legati al genere. Durante la loro infanzia, i bambini inoltre imparano a riconoscere i ruoli all’interno della famiglia e iniziano a capire le regole sociali. Con l’inizio della scuola i bambini fanno nuove esperienze, conoscono e legano con i loro pari e iniziano a partecipare alla vita sociale. Durante questa fase di crescita inevitabilmente acquisiscono delle informazioni sui ruoli di genere, semplicemente osservando la realtà che li circonda, giocando, ascoltando le narrazioni e con l’interazione con i mass media.
Per quel che riguarda il ruolo della famiglia nella trasmissione degli stereotipi di genere, diverse ricerche hanno confermato come nelle famiglie in cui le madri hanno atteggiamenti stereotipici più tradizionali, i bambini utilizzano le etichette di genere prima degli altri. Al contrario, nelle famiglie in cui la divisione dei compiti è meno tradizionalista i figli iniziano più tardi ad utilizzare le etichette di genere. In generale, la famiglia trasmette gli stereotipi di genere attraverso il comportamento, la narrazione e la trasmissione di esperienze personali.
Uscendo da discorsi estremamente teorici e avvicinandoci alla realtà, è facile osservare come il mondo di un bambino sia diviso in rosa e azzurro. Tra le corsie di un negozio di giocattoli vediamo macchinine, giochi attivi per i bambini e giochi in rosa di simulazione di cure personali e non per le bambine. Questa rigida distinzione tra giocattoli per bambini e giocattoli per bambine non fa che rinforzare i già rigidi stereotipi di genere nell’immaginario collettivo e così rigidi arrivano al bambino il quale cresce dentro questi grandi contenitori tra vincoli e condizionamenti legati al genere.
Viviamo in un contesto socio-culturale intriso di stereotipi di genere duri a morire, cosa possiamo fare per debellare definitivamente gli stereotipi di genere?
Oggi abbiamo tutti gli strumenti per acquisire il concetto di diversità come ricchezza, superare le immagini stereotipate di genere ed educare le nuove generazioni alla fluidità e alla vasta gamma di comportamenti, atteggiamenti o semplicemente sfumature dell’essere umano. Per cui un bambino che piange non verrà più definito “femminuccia” o una bambina che gioca con le pistole non verrà più additata come “maschiaccio”.
Educare alle differenze di genere oggi implica, da un lato rispettare il genere sessuale di nascita, dall’altro trasmettere la ricchezza della differenza e valorizzarla. È importante dare valore alle possibilità di espressione e realizzazione personale, aiutare i bambini al pensiero critico soprattutto rispetto agli stereotipi di genere. Non siamo tutti uguali, ma abbiamo differenze non tanto perché apparteniamo a generi diversi, ma perché siamo persone, ognuno di noi ha peculiarità che difficilmente troveremo in un’altra persona. Differenze di abitudini, etnia, lingua, genere, credo religioso sono tutti elementi importanti da accogliere, non etichette.
Sono fortemente convinta che solo così si possa arrivare ad una parità vera all’insegna della valorizzazione delle differenze personali, una svolta necessaria per la società in cui viviamo oggi, libera di esprimersi ma costretta ancora nei rigidi stereotipi di genere.
Piccolo George, danzando stai combattendo un grande stereotipo di genere. È proprio così che si fa, a piccoli passi, esprimendo il proprio sé al di là di ciò che la società e il suo giudizio ci impongono di essere!
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