Di Luigi Garbato
Lo scorso 10 agosto, durante le mie intensissime vacanze siciliane, ho visitato la mostra “Architetture barocche in corallo e argento”, allestita al piano terra del Castello Ursino di Catania e visitabile fino al 20 ottobre 2019. La visita non è stata casuale bensì programmata, per vari motivi. Innanzitutto perché la mostra è stata ideata e realizzata da molti amici e stimati professionisti della Soprintendenza di Caltanissetta – Salvatore Rizzo, Angelo Bruccheri, Carmelo Mosca – oltre che dalla soprintendente di Catania Rosalba Panvini. Ho avuto modo di conoscere e apprezzare il loro competente lavoro, insieme a quello di Filippo Ciancimino, Michele Nicosia e Daniela Vullo, durante la mia esperienza di volontariato al Museo Diocesano di Caltanissetta, location nella quale l’allora direttrice Francesca Fiandaca desiderava allestire questa mostra, prima che l’idea naufragasse per gli elevati costi prospettati dal FEC. Questa è la seconda ragione che mi ha spinto a programmare la visita, ma dopo ne scriverò più diffusamente.
La mostra di Catania espone numerosi paliotti mobili finemente decorati in argento, corallo e filato d’oro, realizzati tra il Seicento e il Settecento dalle maestranze trapanesi e messinesi. Per chi non lo sapesse un paliotto è il “rivestimento anteriore dell’altare sotto la mensa. Se mobile spesso segue il colore liturgico, se fisso è realizzato in marmo con temi figurativi eucaristici” . I paliotti facevano parte di una ricchissima varietà di oggetti che fino al Concilio Vaticano II – per intenderci alla fine degli anni Sessanta – costituivano le decorazioni degli altari durante le principali festività liturgiche. Oltre ai paliotti vi erano infatti vasi, candelabri, cartegloria e altre suppellettili che rendevano gli altari particolarmente fastosi. Questi oggetti dopo il Concilio Vaticano II sono stati raccolti ed esposti nei numerosi musei ecclesiastici italiani: per averne un saggio potete visitare nel prossimo mese di settembre il Museo Diocesano del Seminario Vescovile “G. Speciale” di Caltanissetta in occasione della III edizione nissena del festival Le Vie dei Tesori curata ancora una volta dall’associazione Creative Spaces.
La peculiarità dei paliotti mobili esposti a Catania, provenienti da tutta la Sicilia, risiede nella preziosità dei materiali con i quali sono stati realizzati e nella bellezza delle forme che li caratterizza. Si tratta infatti di pannelli che riproducono suggestive architetture, spesso con fughe prospettiche, realizzati con pregiate sete policrome decorate da fili d’oro e d’argento, grani di corallo e granati. Così osservando questi splendidi capolavori avrete l’impressione di vedere realistici porticati aperti su lussureggianti giardini, balaustre che reggono grandi vasi con elaborate composizioni floreali, colonne tortili che si intrecciano a tralci di vite, pergolati ombrosi e fontane zampillanti. Particolarmente sbalorditivi sono il paliotto mobile della chiesa di San Giuseppe a Enna e il paliotto mobile della chiesa di Santa Lucia alla Badia di Siracusa, entrambi in argento sbalzato e cesellato che poggia su una struttura di legno. Ambedue riproducono portici e scene urbane in cui lo spazio sembra realmente percorribile, in particolare il paliotto di Enna è abitato da figure che solo a uno sguardo più attento si rivelano bidimensionali, inserite in un semicerchio di edicole tridimensionali. Questi straordinari paliotti, esposti in passato anche nella chiesa di Santa Caterina di Lubecca (2007), nei Musei Civici di Vicenza (2007) e nel Museo Mercantile di Bolzano (2013) a cura di Salvatore Rizzo e Filippo Ciancimino, appartengono per la maggior parte al FEC, ovvero il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno. In estrema sintesi vi spiego che a seguito dell’Unità d’Italia furono soppressi alcuni enti ecclesiastici il cui patrimonio fu così acquisito dallo Stato (Leggi eversive del 1866). Di tutto questo straordinario patrimonio, che conta più di 830 chiese di interesse storico-artistico distribuite in tutta Italia, se ne occupa appunto il FEC (https://archiviodigitalefec.dlci.interno.it/fec/). Proprio al FEC ci siamo rivolti nel 2015 quando all’interno del Museo Diocesano di Caltanissetta, allora guidato dalla prof.ssa Francesca Fiandaca insieme al suo nutrito staff di cui facevo parte, volevamo organizzare una mostra con alcuni dei 27 paliotti ora esposti a Catania. La risposta del FEC però ci ha spiazzato, in quanto per il solo “noleggio”, per così dire, dei paliotti era richiesta una cifra superiore a 30.000 euro, alla quale si sarebbero dovuti aggiungere i costi di assicurazione, trasporto e allestimento. Troppo per una piccola realtà come quella nissena, tanto che Francesca Fiandaca rispose con una lettera al FEC lamentando le condizioni di impossibilità di accesso a questo genere di patrimonio per un piccolo museo ecclesiastico che cerca di perseguire, con molte difficoltà economiche, la promozione culturale nel territorio locale. Ecco perché visitare la mostra di Catania è stato per me una sorta di riscatto rispetto alla cocente delusione di qualche anno fa. Del resto il FEC ha necessità di fare cassa per poter conservare e tramandare tutto questo patrimonio così ampiamente diffuso. Se da una parte a Caltanissetta il FEC ha recentemente promosso il restauro della cappella settecentesca di S. Anna del Borremans, nella stessa chiesa di S. Agata al Collegio non interviene per restaurare gli affreschi della volta realizzati nel 1950 da mio nonno Luigi Garbato. Questione di priorità vista la ristrettezza dei fondi a disposizione.
Concludo invitando tutti a visitare non solo la straordinaria mostra di paliotti mobili al Castello Ursino di Catania, ma a voler scoprire anche i numerosi musei ecclesiastici che ci sono in Italia (almeno un migliaio) e a osservare con occhi curiosi e attenti le straordinarie bellezze custodite nelle nostre chiese storiche, interessanti sì per le pale dipinte e per le sculture realizzate da artisti più o meno famosi, ma anche e soprattutto direi per tutti quei preziosi arredi e oggetti liturgici realizzati da schiere di maestranze specializzate – orafi, argentieri, falegnami, ebanisti, fabbri, stuccatori, ceramisti, scalpellini, ceroplasti, pastorari, smaltatori, gessai, vetrai, tappezzieri, sarti – che con acribia e devozione hanno reso unici e preziosissimi i luoghi di culto della cristianità.
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