Di Giorgia Moscarelli
‹‹Ad un certo punto, tutto si è ribaltato. È stata messa in discussione la mia vita ed ho pensato “perché non a me? Io ho sofferto tanto e non lo augurerei mai a nessun altro”››.
“Perché non a me?”, nel 2019, sostituisce la domanda opposta che sovente ci si pone quando si affronta una determinata difficoltà. Al giorno d’oggi, il tumore è una delle più frequenti cause di morte nel mondo e non fa discriminazioni. Non importa che tu sia un uomo o una donna, un adulto o un bambino, uno studente o una persona che, con le proprie forze, è riuscita a guadagnare il proprio posto nel mondo, un posto in mezzo alle persone che la ammirano, un meritato traguardo che finalmente appare palpabile, concreto, eterno. Ad un certo punto arriva la sconfortante notizia, quella zona d’ombra che dall’interno divora ogni sforzo personale, ogni certezza, ogni energia. Anche quelle di persone come Nadia Toffa, giornalista e conduttrice del programma televisivo Le Iene, che dal 2017 ha cominciato a lottare contro un tumore cerebrale. Il 2 dicembre di quell’anno aveva accusato un malore a Trieste, dove si trovava per lavoro, e da lì ebbe inizio il suo calvario. Dopo quasi due anni di radioterapia e chemioterapia, Nadia è deceduta il 13 agosto di quest’anno, lasciando un vuoto in chi l’aveva conosciuta e sostenuta. Quel sorriso, quell’energia positiva hanno travolto un intero Paese, dal suo “esordio” al noto programma di Italia1 agli ultimi giorni della sua vita, trascorsi presso la Domus Salutis di Brescia, in cui era ricoverata a partire dal luglio scorso. A maggio di quest’anno, le sue condizioni si sono aggravate e, si sa, per quanta forza si possa avere, per quanta luce si possa emanare, quel “male incurabile”, che grazie alla sua battaglia ha adesso un nome proprio, non risparmia, non ha pietà né scende a compromessi.
“Non bisogna vergognarsi di guardarlo in faccia e chiamarlo per nome il bastardo, che magari si spaventa un po’ se lo guardi fisso negli occhi” diceva la Toffa, che ancora una volta palesava il suo irrimediabile ottimismo ed il suo indefesso sorriso. Inguaribile non è stata soltanto la sua malattia, ma prima di tutto la sua allegria, messa davanti ogni altra cosa, cura per ogni male, temporaneo per lei, ma indelebile per chi l’ha conosciuta, anche solo attraverso quello schermo che riusciva sempre a forare per abbracciarci tutti. È risaputo che lavorare in TV sia difficile – quando sei un’amata giornalista della Mediaset a maggior ragione – ed ogni evento vissuto viene ingigantito, viene forzatamente condiviso e giudicato. E se migliaia di fan hanno dimostrato il proprio affetto per questa donna, che ha fin da subito creato un rapporto di complicità e trasparenza con tutti, Nadia ha affrontato “due malattie, una delle due è la superficialità e il giudizio facile sparato attraverso un post o un commento ignorante”, come scrive Lorenzo Cherubini nel suo saluto all’amica. Ma Nadia ha vinto l’invidia e la malizia, ha vinto tutte le sfide della vita che era in grado di gestire.
Non è un caso se Nadia Toffa è stata uno dei sorrisi più amati della televisione; non è una forzatura o una formalità scriverne così. Ci piace ricordare questa donna italiana che si è fatta strada da sola, mostrandosi per quello che era, strappando violentemente la benevolenza di chi la guardava o frequentava, affrontando un percorso lavorativo che non ne ha mutato i modi di fare, la gentilezza e la simpatia. Una professionista che, se per tutti è stata un esempio di vita, per molti di noi è stata un punto di riferimento anche nel campo lavorativo: ha dato un volto nuovo al giornalismo; con una ventata d’aria fresca ha messo in primo piano quel bisogno irrefrenabile di fare giustizia, quella voglia di fare informazione sana, leale, senza limitarsi mai alla pura cronaca, ma muovendo da essa per arrivare a riflessioni profonde, ora sorridendo, ora rimproverando, senza la paura di schierarsi, di fare un torto a qualcuno. Ed alla fine è stata la vita a fare un torto a lei e a noi, che rimpiangeremo una figura che fino ad ora ha soltanto insegnato a non aver paura, nel giornalismo e nella vita.
Grazie Nadia.
Commenti recenti