Di Luigi Garbato

Domenica 7 luglio l’UNESCO ha riconosciuto come sito patrimonio dell’umanità “Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene”, un vasto territorio in provincia di Treviso dove si produce uno dei vini più famosi al mondo. Con le Colline del Prosecco l’Italia raggiunge quota 55 siti confermandosi, insieme alla Cina, il Paese con il maggior numero di luoghi iscritti alla lista del patrimonio mondiale UNESCO. A questi si aggiungono i beni del patrimonio culturale immateriale: l’Opera dei pupi siciliani, il canto a tenore sardo, la dieta mediterranea, l’arte del violino a Cremona, le macchine processionali a spalla, la vite ad alberello di Pantelleria, l”arte dei pizzaiuoli napoletani, la Falconeria e infine l’Arte dei muretti a secco.

La regione italiana con più siti culturali e naturalistici protetti dall’UNESCO al momento è la Lombardia con 10, la Sicilia invece vanta 7 siti UNESCO, di cui 2 – la Valle dei Templi di Agrigento e la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina – a soli 50 km da Caltanissetta, autentico crocevia tra i luoghi più prestigiosi della bellezza siciliana.

Ma in questa sede voglio raccontarvi del sogno UNESCO di Padova, città in cui vivo e lavoro continuativamente ormai da due anni e mezzo. Occorre precisare che Padova ha già un sito riconosciuto come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO: si tratta dell’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Padova, l’orto botanico universitario “stabile” (nel senso che non ha mai cambiato sede) più antico del mondo. Nato come “orto dei semplici” nel 1545, serviva alla coltivazione delle piante medicinali dello Studio Patavino (Università), allora uno dei più prestigiosi e avanzati d’Europa in campo medico (pochi anni dopo, nel 1575, venne costruito il primo teatro anatomico stabile al mondo all’interno di Palazzo Bo). L’UNESCO ha riconosciuto nel 1997 lo straordinario valore storico, scientifico e culturale dell’Orto Botanico di Padova che nel 2014 si è arricchito di una nuova sezione, il Giardino della Biodiversità.

Nel 2020 però Padova tenterà di ottenere un nuovo riconoscimento da parte dell’UNESCO: la candidatura, sostenuta dal Ministero dei Beni Culturali, è incentrata sul tema “Padova Urbs Picta”, ovvero gli straordinari affreschi del Trecento, dislocati in otto diversi luoghi della città, che non hanno eguali al mondo per quantità e bellezza. Nel Trecento Padova era retta dalla Signoria dei Carraresi che garantì alla città un lungo periodo di ricchezza economica e vivacità culturale, prima di essere spazzata via nel 1405 dalla Repubblica di Venezia. Giusto per citare qualche nome, basterà dire che nel corso del Trecento vissero e operarono a Padova personaggi del calibro di Petrarca e Giotto.

Ed è proprio Giotto, che visse e operò a Padova tra il 1302 e il 1306, il fulcro della candidatura di “Padova Urbs Picta”, dal momento che con le sue opere rivoluzionò completamente il linguaggio artistico dell’epoca, influenzando per tutto il secolo la produzione artistica da Napoli alle Alpi.

Il capolavoro assoluto di Giotto è la Cappella degli Scrovegni, magnificamente affrescata dal pittore toscano tra il 1303 e il 1305. La cappella, interamente decorata con storie della vita di Maria e di Cristo, con uno splendido cielo stellato sulla volta e il Giudizio Universale sulla parete della controfacciata, è incastonata tra i resti dell’anfiteatro romano (Arena), a pochi passi dal complesso degli Eremitani. La chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani è il secondo luogo degli otto che compongono la candidatura “Padova Urbs Picta”. La chiesa custodisce al suo interno i resti degli affreschi di Giusto de’ Menabuoi e Guariento; nell’attiguo convento, oggi adibito a sede dei Musei Civici, si conservano invece la preziosa Croce lignea di Giotto, proveniente dalla Cappella degli Scrovegni, e le tavole di Guariento provenienti dalla Cappella della Reggia Carrarese. Gli altri sei luoghi della candidatura sono appunto la Cappella della Reggia Carrarese, con lacerti di affreschi di Guariento, e ancora la Basilica di Sant’Antonio con le cappelle affrescate da Giotto nel 1302, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da Zevio e Jacopo Avanzi, il Palazzo della Ragione con il più grande salone pensile d’Europa originariamente affrescato da Giotto e poi decorato nuovamente dopo il 1420, il Battistero della Cattedrale, autentico capolavoro decorativo di Giusto de’ Menabuoi, l’Oratorio di San Giorgio, interamente affrescato da Altichiero da Zevio, e infine l’Oratorio di San Michele, decorato da Jacopo da Verona.

In attesa che la candidatura di “Padova Urbs Picta” venga ufficializzata il prossimo autunno, per poi essere proclamata patrimonio UNESCO nel luglio 2020, la città di Padova si prepara offrendo a cittadini e turisti un sito dedicato ma anche mappe e materiali di approfondimento. Tra tutti merita di essere citato il percorso turistico “Padova Città dell’affresco”, un itinerario che unisce i già citati affreschi trecenteschi ai resti della Cappella Ovetari di Mantegna e agli affreschi di Tiziano nella Scuola del Santo, fino ad arrivare agli affreschi di Gio Ponti e Massimo Campigli nelle sedi universitarie di Palazzo Bo e Palazzo Liviano. Un percorso dunque che lega più di 30 luoghi che racchiudono splendidi affreschi realizzati nel corso di dieci secoli (XII-XXI secolo).

Intanto per festeggiare il successo delle Colline del Prosecco, mentre aspettiamo il prossimo riconoscimento UNESCO nel 2020, suggerisco di rinfrescarsi bevendo uno spritz (a base di Prosecco, come si sa!) in una delle numerose piazze storiche su cui si affacciano i monumenti di “Padova Urbs Picta”.