Corrispondenze
Ognuno crede di combattere la Mafia, di avere le idee di Falcone e Borsellino che camminano nei loro passi ma poi ci si arrende.
Ci si arrende ad un atteggiamento mafioso celato nei piccoli gesti quotidiani, reputati spesso come forma di maleducazione o incapacità o, nei casi più disperati, come normalità.
Quando non si pensa al prossimo come una persona differente da me ma ugualmente persona, ci si arrende ad una mentalità mafiosa dove tutto è concesso, dove il proprio io è al di sopra di ogni cosa.
Ci si arrende ad un parcheggio in doppia fila, ad una parola, ad uno sguardo, ad un pensiero.
Ci si arrende di fronte all’impiegato che svolge con noncuranza il proprio lavoro.
Ci si arrende a degli inspiegabili vincitori di concorsi pubblci.
Ci si arrende di fronte ad una mancata emissione di  uno scontrino.
Ci si arrende alla frase:” 100 con la ricevuta; senza 70.”
Ci si arrende a chi butta una carta per terra.
Ci si arrende ad un venditore abusivo che continua tranquillamente ad esercitare il proprio lavoro e a decidere chi può fare lo stesso lavoro e chi no.
Ci si arrende ai parcheggiatori abusivi di qualsiasi nazionalità essi siano.
Ci si arrende a film o telefilm che mostrano il fenomeno mafioso come una strada bella, da imitare.
Ci si arrende di fronte ad una classe politica privilegiata che dichiara la parità di tutti ma che è evidente che sono i primi a non rispettarla.
Ci si arrende di fronte a dei lavoratori non stipendiati o addirittura in nero.
Ci si arrende di fronte a chi decide di dire no alla mafia e si ritrova a combattere da solo.
Ci si arrende nel silenzio.
Ci si arrende in molte cose.
Molte ci sembrano normali o addirittura banali, cose da niente, ma in verità sono proprio queste cose che fanno sopravvivere la mafia.
Corrispondenze: Mario Nicolò Mattina