Di Lara Aliffi

Immaginate, cari lettori, una cucina immersa nella luce dei caldi raggi del sole.
Pentole, piatti, bicchieri, posate, spezie di tutti i tipi, graziose caciotte fresche appese a un chiodo, peperoncini calabresi accanto a una composizione di aglio quasi essiccato, pomodori freschi in una ciotola verde, una piantina di basilico alla finestra e al centro della tavola l’ultimo tocco della punta di un pennello di un pittore innamorato: un piatto di maccheroni al sugo fresco fresco con parmigiano reggiano grattato sopra… Come non amare un piatto di pasta? Come può questo non illuminare la tua giornata? La giornata inizia e già si pensa: Cosa mangerò a pranzo? Anzi, che tipo di pasta sceglierò di mangiare a pranzo?
In preda a quesiti esistenziali di questo genere mi incammino verso l’università e dopo due ore di studio il mio stomaco, attanagliato dal morso della fame, mi parla. E così il libro che ho davanti si trasforma in un piatto. Scuoto la testa. Devo resistere alla tentazione di mangiare. Sono ancora le 11:30, neanche mia nonna si permette il lusso di fare un Brunch a base di pasta a quest’ora. Passano cinque minuti: la matita diventa una forchetta. In preda alla disperazione vado in bagno e mi sciacquo la faccia: resisti!!!…come faresti in un deserto? Potresti mangiare solo lucertole e bacche quasi velenose! Resisti. Sei stata o no una scout persa tra i monti sardi? Sì…e avevo perso anche kg oltre alla strada!
Torno a sedermi, mi guardo intorno, tutti studiano e fissano i loro libri. Penso:-Chissà se questi vedono piatti come me!-.
-No, loro studiano, apprendono, diventeranno persone di successo-dice una vocina maligna dentro di me che scaccio via alzando una mano come se avessi un moscerino di fronte.
Merda!!!! uno ha visto il mio gesto incondizionato. Sono un’idiota.
Concentrazione!
Leggiamo: Milan Kundera svilupperà un proprio stile personale, quello del “romanzo-saggio”, alternando cioè elementi tipicamente narrativi a vere e proprie parentesi saggistiche.

15 min dopo: altra fitta allo stomaco!
Cedo. “Faccio le valige” e mi incammino verso casa con gli auricolari alle orecchie ed è propio li che comincio a viaggiare con la mente (neanche avessi preso oppiacei quella mattina) e non vedo più nuvole, ma al loro posto fettuccine all’uovo, gli alberi del viale che percorro diventano magicamente tocchi di pesto verde alla genovese da aggiungere a dei meravigliosi tronchi-maccheroni. Sospetto che il mio the di stamattina aveva qualcosa che non andava..Incontro una mia amica:<<oh ciao Giorgia come stai? >>.-

<<Ehy tutto bene, tu? Mi sembri un po’ strana. Ah ma guarda ho fatto il colore ai capelli: adesso sono più scuri>>

In effetti guardo, ma non dei capelli… spaghetti al sugo di seppia appaiono ai miei occhi!
E, fermando la mia mano che sta per staccarne uno per mangiarlo, scappo via a casa con lo stomaco più brontolante di prima. Corro e mi guardo intorno.
Oh mamma: macchine che diventano melanzane per norma, semafori rossi come il pomodoro fresco e verdi come il basilico sul piatto più buono e semplice del mondo, un autobus bianco pieno di persone mi sfreccia accanto e strabuzzo gli occhi: panna e pancetta…non aggiungo altro. In preda all’euforia spalanco la porta di casa, vado in cucina apro la dispensa e….il nulla. Merda, avevo dimenticato di fare la spesa e sopratutto la graziosa cucina descritta sopra non era la mia.

“ Tutto quello che vedete lo devo agli spaghetti” (Sophia Loren)