Di Lara Aliffi
L’uomo delle colombe non è un uomo qualunque. È un vecchio bizzarro ometto vestito come un mendicante che tutti i giorni al corso Sicilia offre da mangiare ai suoi amati piccioni. Porta un cappello a visiera Nero, una maglia che invoca pietà al posto suo e dei pantaloni dentro i quale starebbe il doppio della pancia che possiede.
L’uomo delle colombe giunge alla piazzola dove si fermano le sue care amiche con una curiosa busta bianca tra le mani, la appoggia sul muretto, l’apre lentamente e ne estrae fuori un lauto pranzo…o almeno egli crede che lo sia… in realtà il suo pranzo consiste in un panino al prosciutto e provola e del pane raffermo che divide con i piccioni. Fa un sorriso, si sistema il cappello, poi fa un fischio e raduna attorno a sè un intero stormo affamato. Esce dalla busta il lauto pranzo e lo divide in piccole briciole, d’altronde non vorrebbe mai dare Bocconi troppo grossi per quelle bocche troppo piccole, perché si sa, un piccione è sempre esageratamente affamato e trangugia tutto ciò che ha di fronte beccandolo a più non posso pur di ingerirlo.
Il piccione non ha mica un gran cervello, d’altronde come farebbe un gran cervello ad entrare in una piccola testolina di piccione come la sua. Tutti lo sanno: i piccioni sono creature semplici: si svegliano miracolosamente dopo aver trascorso la notte su un traliccio della luce, stropicciano le Alucce e sono pronti a spiccare il volo, ma il neurone di un piccione li spinge a imboccare solo una strada, i loro occhi sono mappati per condurre in un unico posto, sono determinati e hanno un solo obiettivo: i vetri delle macchine ben lucidati, infatti se sono appena appena sporchi i piccioni neanche si fermano a guardarli… appena individuato il bersaglio, volteggiano su di esso pronti ad eseguire l’antico rito delle defecazione in volo e poi… plof… ed è subito nero su quei poveri vetri un tempo limpidi. Però l’uomo delle colombe sa di tutto ciò, lo comprende e lo rispetta ed è per questo che ricompensa le sue amiche con un pranzo. Così atterrate a ora di pranzo sullo spiazzo del corso Sicilia le colombe lo fissano e non vedono bersagli: lui non è pulito come il vetro di una macchina quindi, rispettose, si inchinano ai suoi piedi, riconoscendo il loro salvatore. Lui getta davanti a loro le briciole e attende…ma cosa? L’assaggiatore. Il Colombo che si sacrifica per la patria. L’unico, inimitabile e sacrificabile piccione pronto a dare la sua vita per una misera mollica. Dopo la prima beccata, si avventano sul restante cibo e l’uomo delle colombe soddisfatto addenta il suo panino prosciutto e formaggio, orgoglioso della stima riconosciutagli dai suoi unici amici.
Al termine del pranzo, tutti si fermano immobili, paralizzati, lo fissano e lui fischia: quel fischio è il saluto che dà loro il permesso di volar via; si inchinano, poggiando i loro becchi sino a sfiorare il marciapiede e volano via disordinati. L’uomo delle colombe getta la carta del panino, si mette la busta in tasca e si incammina: nessuno sa verso dove, nessuno sa cosa farà, nessuno sa dove vive, ma tutti sanno che l’indomani sarà di nuovo lì, alla stessa ora a dar da mangiare ai suoi cari amici.