di Ivan Ariosto

Chi ebbe la fortuna di conoscerlo, ricorda che sulla scrivania di Carlo Emilio Gadda vigeva il caos delle sue carte letterarie, toccava poi alla storica governante Giuseppina l’arduo compito di fare ordine tra quel groviglio di appunti. Ci sono voluti più di sessant’anni per riscoprire alcuni importanti carteggi dell’autore milanese (ma romano di adozione), che hanno permesso alla casa editrice Adelphi di riportare nelle librerie un romanzo quasi ignorato dal grande pubblico “Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana”.

Edito per la prima volta nel 1957, il romanzo ambientato a Roma nei primi anni ’20 assume le sembianze di un giallo, per poi diramarsi nella descrizione della complessità della realtà vista dall’autore.

È un giallo «anomalo», dotato di un commissario e di un omicidio, mancante tuttavia dell’emblema stesso del romanzo giallo, ovvero la rivelazione dell’assassino (almeno nell’edizione originale…).

L’indagine del commissario Ingravallo, infatti, è solo il pretesto narrativo usato dallo stesso Gadda per addentrarsi nei cunicoli di una realtà fatta di apparenze, di menzogne, di sentimenti nascosti, di paranoie, unite insieme in mille personaggi diversi.

Ma l’indagine è soprattutto un espediente per esprimere il suo pensiero filosofico sul mondo: la realtà, agli occhi di Gadda, è un groviglio, un intricato gomitolo, un cunicolo di strade dentro cui ci si perde, è un dilemma senza soluzione perché dotato di mille diverse soluzioni tutte possibili ma nessuna certa, è – appunto – un “pasticciaccio”.

Un “pasticciaccio” che è anche linguistico, dato che all’interno del romanzo si mescolano romanesco, napoletano, molisano, ma anche francese, tedesco, inglese, greco e latino, tutti uniti e separati al tempo stesso, a formare una Babele lessicale senza paragoni nel panorama della letteratura italiana.

Ma il capolavoro di Gadda è anche un romanzo storico, che racconta l’ipocrisia della borghesia dell’epoca fascista, sempre impegnata a mostrarsi senza macchia agli occhi altrui, nascondendo tra le mura domestiche le proprie ombre. Un perbenismo di facciata fondato su ottusi pregiudizi, come la fertilità quale unica prerogativa femminile, la virilità esibita e altezzosa dell’uomo, la famiglia come luogo perfetto per nascondere violenza e prevaricazione.

La nuova edizione – già nelle librerie a partire da novembre – rappresenta l’occasione per riscoprire un romanzo classico della letteratura italiana troppo spesso dimenticato, ed è corredata da una nota al testo di Giorgio Pinotti, che presenta le novità scaturite dalla scoperta di nuovi carteggi relativi ad un finale inedito e di altri documenti rinvenuti presso il Fondo Gadda Liberati di Villafranca di Verona.