Di Giorgia Moscarelli
Nei giorni scorsi è stato proiettato, nelle sale cinematografiche, il film “Il Sindaco – Italian politics 4 dummies”, presentato da Le Iene e che vede come protagonista il giovane Ismaele La Vardera, giornalista palermitano che si è finto candidato sindaco a Palermo, per spiare e svelare le dinamiche “politiche” vigenti in periodo elettorale. Ciò che ne è emerso potrebbe atterrire Martin Luther King, Rita Levi Montalcini, ma non noi. Non gli italiani del ventunesimo secolo e neanche i cittadini di altri Stati che in questa realtà ci vivono né si lasciano impressionare da atteggiamenti mafiosi che ovviamente, nei “momenti di bisogno”, si manifestano in maniera più accentuata. Ciò che ha fatto realmente scandalo, a detta di chi ha visto il film nelle sale, è l’occhio abituato e rassegnato con cui la pellicola è stata vista.
E a voler dirla tutta, gli stessi che hanno pagato il biglietto del film pochi giorni fa, non si meravigliano certo del fatto che stasera lo stesso andrà in onda in prima serata su Italia Uno; ma la rabbia, ancora una volta, lascia loro l’amaro in bocca. Inutile dire che l’intenzione di mandare in onda il docufilm sembra ovvio essere antecedente alla proiezione cinematografica, e non sovvenuta all’improvviso. Si denunciano gli atteggiamenti mafiosi, gli imbrogli, le manipolazioni, attraverso un film per cui si chiede denaro per vederlo – fatto ordinario e giustificato – ma la cui messa in onda appare improvvisa ed immediatamente successiva. Si potrebbe, altresì, affermare che sia stata un’opera benevola quella di voler rendere partecipe e consapevole l’intero Paese, dimostratosi subito interessato all’esperimento socio-politico. Anche quest’ultimo non è comunque sfuggito alla critica di chi lo ha ritenuto “una furbata”, “un modo per farsi pubblicità”; “un’operazione scorretta” secondo gli stessi politici.
Un nuovo spunto di riflessione è stato portato alla luce, ma ancora una volta, si è trattato di una riflessione stereotipata. In definitiva: è giusto indagare su una realtà giudicabile solo fino ad un certo punto (sebbene questa volta Ismaele si sia spinto “oltre”)? È giusto mandare in onda su Italia Uno un film che è appena uscito al cinema e che molti italiani hanno pagato per vedere? Queste le domande che gli italiani si sono posti.
La verità è che “tutto il mondo è paese”: si predica bene e si razzola male; si scaricano colpe come fossero cassette di frutta; si lanciano accuse come coltelli affilati, rimanendo seduti sulla propria poltrona.
Alcuni potrebbero pensare che sia un destino ovvio per un film, quello di essere proiettato al cinema, per poi approdare in tv; si potrebbe immaginare che siano queste le dinamiche degli schermi, seppur i tempi siano stati questa volta accelerati. Certo. Nessuno può impedire a chi di dovere di fare questa scelta, che non viola peraltro alcuna legge. Ma la coerenza… la coerenza è ormai qualcosa di ignoto, di irrilevante, di superfluo. E lo è in ogni campo. Lo è per tutti. Lo stesso vale per il nostro caro, vecchio, dimenticato atto del cogitare. La riflessione è inutile se altri lo fanno già per noi, se altri ci informano. E così impariamo ciò che ci propongono, filtrando ciò che sono autorizzati a passare, invitandoci al cinema, entrando poi nelle nostre case attraverso il piccolo schermo… e noi restiamo a guardare. Tutto procede “lente-mente”.
È questo il motivo per cui potrebbero metterci davanti le più terribili scene alla “Black Mirror”, ma noi continueremmo comunque a lasciare lo sguardo vuoto sullo schermo, le dita agitate sulla tastiera ed il fondoschiena scottante sulla poltrona.
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