di Giulio Scarantino

Torna Aldo Rapè con il laboratorio di teatro e la pièce teatrale “Ferite” , lo fa aprendo le mura della violenza domestica. Lo spettatore è sopra il palco, lo spettatore è dentro casa. Lì dove la porta si chiude e nasconde parentesi di violenza, questa volta c’è il sipario che intrappola all’ interno il pubblico. 


È una trappola, forse. Non puoi sfuggire dal “programma che stanno dando, non lo puoi nemmeno cambiare con il telecomando”, perché non c’è “spiaggia dove nascondersi, non c’è porto dove scampare al tribunale del mare” avrebbe detto Francesco De Gregori. È il mare nero di cronaca delle giornate che ci precedono, sono le tristi è struggenti verità che ci interrogano e giudicano.


È in questa inquietudine, profonda come il mare, che procede con incedere crescente lo spettacolo “Ferite”. Come l’ inizio di una relazione tossica che pian piano aggredisce e disintegra ogni centimetro di anima e di pelle. Per arrivare al culmine, dove solo una danza libera ed estenuata, poco prima del tentativo di strapparsi il corpo di dosso, è il barlume di coraggio per denunciare. È nella scelta di denuncia che “Ferite” dona ironia e speranza, quando dalla persona che meno ti aspetti, sei finalmente capita. Stroncata, però, da una fine che non ha ancora una fine, in una processione di scarpette rosse.


La messa in scena di Aldo Rapè, al Teatro Rosso di San Secondo di Caltanissetta ha mostrato la crescita dei giovani attori e attrici: Veronica D’Antoni, Ottavio Miuccio, Anastasia Pulvirenti e Norma Pulvirenti, con la preziosa collaborazione di Monica Granatelli per l’ aiuto regia e Alba Bifarella  per la coreografia, che confermano Prima Quinta e il laboratorio Canper una realtà culturale della città ormai consolidata e in continuo fermento. Quella di ieri, infatti, è stata la prima di una tournée in giro per la Sicilia (e non solo).

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Foto dell’articolo di Alberto Antonio Foresta