di Giulio Scarantino

Una piccola casa in pieno centro storico, due stanze ristrutturate, pochi mobili antichi, delle pareti colorate, un manichino e una macchina da cucire. Si presenta così il piccolo laboratorio di sartoria di tre giovani donne “Le spille da balia” a San Giovanni Gemini ai piedi del monte Cammarata.

Le tre giovani donne Gloria Anna e Leandra hanno in comune la passione per “la bellezza”, l’arte del vestirsi e la conoscenza di tecniche tradizionali del cucire tramandate dalle mamme e ancora prima dalle nonne. Quella creatività, estro e fantasia che per molte generazioni è rimasta relegata alla quotidianità dei lavoretti in casa. Adesso invece diventano esempi di gusto ricercato, unico ed elegante nel vestirsi per esprimere al meglio la propria personalità. 

Così come la parabola del “colletto” da apporre sui vestiti. Quelli che la balia cuciva per personalizzare i grembiuli di scuola dei propri piccoli, diventano elementi di design del vestirsi. Tantissime fantasie: dal merletto alla stoffa semplice con bottoni di antiquariato. Proprio dall’idea del colletto rivisitato è nata la sartoria. Prima con stoffe chiuse negli armadi delle nonne alle quali è stata restituita dignità, adesso anche stoffe acquistate e accuratamente selezionate per i modelli. Il progetto è quindi innanzitutto finalizzato al recupero della manifattura siciliana affinché non vada persa dalle future generazioni.

Ormai la sartoria da marzo ad oggi ha fatto già molta strada. Tutto è curato nei particolari, dal brand accattivante della giovane designer Maria Mangiapane, passando per il packaging vintage, alla comunicazione intrigante sui social con la collaborazione di modelle siciliane. Quella che sembrava essere un esperimento è diventato in poco tempo una realtà grazie al potere delle vendite online. Colletti, scrunchies, vestiti a misura, gonnelloni, in una rivisitazione moderna di un’epoca elegante del passato. 

E poi fantasie simpatiche e divertenti che sembra proprio di sentire quella “musica leggerissima” di Colapesce e Di Martino. Così il lockdown ha dato vita ad un laboratorio creativo che è diventato anche un esperimento sociale. Alla sartoria ci sono generazioni a confronto, donne che hanno perso il lavoro anche a causa del Covid-19 ma che hanno messo a servizio le loro capacità e tecniche sartoriali. In grado di tagliare e inventare, “l’arte armonica e sapiente” di leggere modelli su trame di stoffa ancora vergini. E poi l’apporto innovativo di tre giovani donne che con una conduzione fresca e dinamica hanno reso un luogo di ricordi: un posto di condivisione e creazione. Così ormai la sartoria è anche uno spazio di incontro e di scambio. Anche questi sono i frutti di un’era che ha stravolto vite ma che a volte ha fatto riscoprire l’importanza di cose a rischio di scomparire.