di Danilo Napoli
Valerio Pirrone, 33 anni, è un artista nisseno, che svolge l’attività di pittore e tatuatore. La passione per l’arte e il disegno lo accompagna sin da bambino, disegnare era il suo passatempo preferito. Nella crescita si impadronisce sempre di più del suo mondo artistico. Consapevole ormai dei suoi mezzi, capisce che è il corpo umano a colpire il suo interesse, dopo diversi anni di dipingere nudi ad olio, viene folgorato dal mondo della moda, da li comincia a disegnare abiti e costumi teatrali, mettendo in scena un musical sulla vita di Modugno. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Palermo, dove impara a rispettare colori, figure e mettere in risalto le sue doti artistiche applicandole alla moda.
In seguito, attirato dal mondo dei tatuaggi, inizia la sua avventura in questo mondo e tutt’ora ne è dentro da professionista. Ama il tatuaggio d’origine orientale, realistico e grazie a questi consegue dei premi in due convention a Cagliari e Palermo. Tra alti e bassi non abbandona mai la pittura, suo primario desiderio e bisogno artistico.
- Qual è stato il tuo percorso formativo per arrivare alla scelta di intraprendere questa strada?
Alle superiori ancora non del tutto consapevole della mia propensione artistica, ho frequentato il liceo scientifico. Disegnavo e dipingevo solamente per passione, sin da bambino era il mio passatempo preferito, mentre tutti i bimbi giocavano a pallone io disegnavo. Durante gli anni del liceo però la spinta verso il mondo dell’arte è stata sempre maggiore. Ho deciso così di iscrivermi all’Accademia di belle arti di Palermo. Lì, seppur ero l’unico a non aver frequentato il liceo artistico, ho capito di aver qualcosa in più degli altri, probabilmente anche perché non avevo un’impronta chiaramente riconducibile a una scuola a indirizzo artistico. Così i miei lavori risultavano già più originali e con uno stile riconoscibile
- Ci racconti i tuoi inizi? Qual è stato il momento in cui hai capito che volevi fare ciò che adesso è il tuo lavoro?
Qualche tempo mi hanno ricordato che già alle medie, preparavo dei piccoli disegni, che prima del suono della campanella riproducevo, come dei tatuaggi, sul parti del corpo dei miei compagni. La mia professione è nata quasi per caso. Feci un disegno a un mio amico che doveva farsi tatuare ad Agrigento. Il tatuatore che eseguì il tatuaggio si interessò al mio stile. Mi volle conoscere e iniziai a lavorare per lui. Dopo qualche anno di collaborazione mi insegnò a tatuare, misi da parte dei soldi per l’attrezzatura e a poco a poco iniziai con quello che tutt’ora è il mio lavoro. Ho lo studio da tatuatore ormai da dieci anni e sono molto felice di come sono andate le cose
- Ti definisci più un pittore o un tatuatore? Credi che ci sia differenza tra le due cose?
Io in realtà non riesco a definirmi. Posso dire che il mio lavoro è il tatuatore, la professione che mi da la possibilità di guadagnare e vivere. Mi definisco una persona che semplicemente si sveglia con la voglia di disegnare, perché è l’unica cosa che mi rende sereno e felice.
La differenza maggiore che vedo sta nell’intensità del lavoro che vai a fare, quando dipingo lo faccio per me, quando tatuo lo faccio per fare felice i miei clienti.
- Prima i motivi giapponesi, adesso più quelli legati alla nostra cultura. Possiamo dire che la tua arte è sempre comunque attenta alle tradizioni e soprattutto alle persone?
I motivi giapponesi mi hanno interessato sin da bambino, mi sentivo disegnatore di una cultura antichissima e alla quale mi sento tutt’ora molto legato. A un certo punto però, soprattutto nell’ultimo anno, mi sono avvicinato alla cultura della mia Sicilia. Ho provato così a realizzare teste di moro, sempre seguendo le inclinazioni del mio stile pittorico. Ho provato qualche pezzo, caricando poi foto della mia opera sui social, mi sono reso conto che alla gente piaceva molto quello che realizzavo e così adesso non ricordo più neanche quante ne ho riprodotte. È un filone quello sulla nostra cultura che mi appassiona molto e non penso di lasciarlo più
- Ti va di parlarci del mondo dei tatoo? Manca qualcosa secondo te affinché venga riconosciuta come vera e propria arte?
Il mondo del tatuaggio è un mondo immenso. Spesso mi sento dire che faccio un bellissimo lavoro e per fortuna lo penso anche io. Ogni giorno devi metterti in gioco, devi essere bravo a unire l’estetica al messaggio che il cliente ti chiede. Soprattutto se pensi che devi mettere l’ago dentro la pelle della gente che ti sceglie come tatuatore. Ascolto molte storie ogni giorno, perché dietro a un tatuaggio spesso ci sono storie personali e intime, che provo a restituire con la mia mano. Il mondo dell’arte credo che ci abbia iniziato a vedere come artisti, il livello si alzato molto. Nel mondo ormai molto tatuatori sono visti come grandi artisti, da noi forse manca ancora un po’ questa consapevolezza, ma penso ci arriveremo presto.
- A quali esperienze del tuo percorso artistico ti senti più legato?
Credo che tutto ciò che facciamo ci segna e ci lascia qualcosa. Sicuramente ricordo con piacere le prime mostre pittoriche. Seguivo pittori molto più grandi di me, che mi portavano in giro un po’ come se fossi la loro mascotte. Lì ho imparato molto. Nel mondo del tatuaggio invece ho avuto la fortuna di partecipare a molte convention, vere e proprie fiere sul tatuaggio. Lì incontri colleghi da tutto il mondo, ognuna di quelle esperienze mi ha lasciato insegnamenti unici. Impari a non dare nulla per scontato, ho ricevuto consigli da tatuatori che fino a qualche anno prima guardavo come modelli.
- Che rapporto hai con la nostra città?
Caltanissetta è la mia città, mi è sempre piaciuto viverci. È semplicemente la mia casa, mi piace la tipologia di rapporti che si possono costruire in un contesto come il nostro. Qui ho i miei luoghi, la mia famiglia e le mie amicizie. Credo che dovremmo crederci un po’ di più sul nostro territorio, non vedo la voglia di investire su Caltanissetta. Credo abbia molto peculiarità positive che dovremmo sfruttare. È una cittadina comoda, con dei difetti assolutamente, ma dobbiamo smetterla di denigrarla e lottare insieme, ognuno nel nostro piccolo, per far crescere la città. Ci manca il mare, ci manca la montagna, ma abbiamo un patrimonio ambientale e culturale da rivalutare.
ARTICOLO PUBBLICATO SU LA SICILIA
Un grande uomo e un grande artista
????????