di Antonio Picone
La pesca, il cui nome scientifico è Prunus persica, è un frutto utilizzato sin dai tempi più antichi. Originaria della Cina, si diffuse in Asia sino in Persia (da qui il nome latino ‘persica’, mantenuto in differenti dialetti italiani fra cui il siciliano: pessica, pièrsica, pèrsica ). Con le conquiste di Alessandro Magno il frutto arrivò sino alle coste del Mediterraneo orientale mentre con le conquiste di Roma si diffuse nel resto del Mediterraneo intorno al I sec. d.C.
La pesca, sin dall’antichità e in diverse culture, ha sempre simboleggiato l’immortalità, il buon augurio, la ricchezza, la perfezione. Allo stesso modo, in tempi vicini a noi, il D’Annunzio nel ‘La Pioggia nel pineto’, col verso “il cuor nel petto è come pesca intatta”, paragona il cuore alla perfezione della pesca, e pure oggi, molto meno romanticamente, si utilizza l’emoji della pesca per indicare la perfezione tondeggiante di una specifica parte del corpo: il lato B.
Ma prima del frutto vi sono i bellissimi fiori rosa di pesco che sbocciano quando ancora non vi sono le foglie e che danno il titolo ad una famosissima canzone scritta da Mogol e cantata da Battisti: “Fiori rosa, fiori di pesco”.
E che dire dell’albero di pesco!? albero ornamentale e simbolo della primavera che lo troviamo anche nel film di Kung fu Panda (2008) dove l’anziano saggio maestro Oogway (la tartaruga per intenderci) va a meditare sotto un albero di pesco (e non un qualsiasi altro albero) e insieme al suo discepolo il maestro di kung fu Shifu (il panda minore) intraprendono un discorso metaforico basato proprio sull’albero di pesco. E se non avete mai visto un pescheto in fiore, il prossimo Marzo dovete necessariamente recuperare perché è uno spettacolo che vale la pena vedere e rivedere.
Infine un dato sulla produzione mondiale: secondo la FAO il più grande produttore è la Cina, seguita con un rilevante distacco dall’Italia e poi da: Spagna, Grecia, Turchia, USA. Questi Paesi producono oltre il 70 % della produzione mondiale di Pesche. In Italia, negli ultimi anni, le regioni dove si produce di più sono: Piemonte, Emilia Romagna e Veneto.
Fatta questa doverosa premessa introduciamo la pesca di Delia IGP:
Lo scorso 18 Gennaio 2021 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE C 18/45 del 18/01/2021) la notizia dell’accoglimento della domanda per la richiesta di registrazione come IGP della Pesca di Delia. Tutto questo è stato possibile grazie all’efficienza e alla sinergia di enti, e ancor prima di persone, che hanno creduto in questo progetto per lunghi anni: il comitato promotore per il riconoscimento della pesca di Delia IGP, il comune di Delia, l’assessorato agricoltura della regione Siciliana, il Ministero dell’Ambiente e l’università di Palermo.
Un risultato di grande valore ed elevato prestigio, per il comune di Delia, la provincia di Caltanissetta e la regione Sicilia. Di tale risultato positivo, infatti, potranno giovarne la comunità di Delia e dei paesi limitrofi. Il fatto di avere un prodotto unico, certificato ed inimitabile non può che avere delle concrete ricadute positive su un territorio a livello: agricolo, commerciale, gastronomico e anche turistico. Se supportato da adeguata e costante pubblicità, collaborazione tra produttori – enti e rappresentanti politici, la conoscenza di questo prodotto d’eccellenza arriverà dapprima nei mercati, nelle fiere e nei saloni nazionali ed esteri, successivamente presso: i supermercati, i ristoranti, gli hotel, le trasmissioni televisive, i grandi chef, i pasticceri, le guide turistiche, gastronomiche etc…
Analizzando nello specifico il prodotto di cui stiamo parlando, iniziamo col dire che si stratta di tre tipologie di pesche: pesche a polpa gialla, a polpa bianca e nettarine a polpa gialla. Di queste tre vengono elencate tutte le varietà che si possono utilizzare (per l’IGP) nei soli territori di questi comuni: Delia, Caltanissetta, Sommatino, Riesi, Butera, Mazzarino e Serradifalco, per quanto riguarda la provincia di Caltanissetta; Canicattì, Castrofilippo, Campobello di Licata, Ravanusa e Naro per quanto riguarda la provincia di Agrigento. Importantissime sono tutte le caratteristiche che questi frutti devono necessariamente avere, che vanno dal tenore zuccherino misurato in gradi Brix, al valore del rapporto E/A, all’epoca di maturazione, sino al calibro dei frutti e alla consistenza della polpa. Va ricordato che la coltivazione della pesca a Delia ha una sua storicità, e queste caratteristiche che rendono le tre tipologie di frutti così unici e particolari in questa zona geografica sono frutto di decenni si studi professionali multidisciplinari che vanno dalle varietà utilizzate, al metodo di coltivazione, al territorio, al clima.
Per quel che riguarda la certificazione IGP (Indicazione geografica protetta) è quel marchio concesso dall’Unione Europea (Regolamento CEE 510/2006) a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica dipende dall’origine geografica. Almeno una tra le fasi di produzione e/o trasformazione e/o elaborazione deve avvenire all’interno di un’area geografica determinata. Chi produce IGP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione, e il rispetto di tali regole è garantito da uno organismo di controllo indipendente.
La DOP (Denominazione d’origine protetta), invece, è una certificazione ancora più rigida e per tale motivo più prestigiosa. Infatti il prodotto agricolo e alimentare oltre al luogo d’origine specifico e alle caratteristiche singolari dovute a tale luogo, deve essere necessariamente prodotto, trasformato e lavorato nella zona geografica delimitata.
Infine, per amor del buon cibo di qualità e della Sicilia, vale la pena di conoscere le altre due pesche IGP siciliane e altre due pesche tipiche siciliane:
Pesca di Leonforte IGP riconosciuta tale nel 2013 il cui areale ricade all’interno della provincia di Enna: Leonforte, Enna, Calascibetta, Assoro ed Agira. Una pesca tardiva la cui peculiarità è, da diversi decenni, la pratica dell’insacchettamento dei frutti sulla pianta, come metodo di controllo della mosca mediterranea (Ceratitis capitata). Tale metodo ha rappresentato nel tempo uno degli aspetti più qualificanti di tale produzione. I due ecotipi locali di pesca sono: Bianco di Leonforte (polpa bianca) e Giallone di Leonforte (polpa gialla).
Pesca di Bivona IGP riconosciuta tale nel 2006 il cui areale ricade per tra la provincia di Agrigento e Palermo e precisamente nel territorio dei comuni di Bivona, Palazzo Adriano, Alessandria della Rocca, Santo Stefano di Quisquina, San Biagio Platani. La denominazione «Pescabivona» indica i frutti dei quattro seguenti ecotipi di pesco originati ed evoluti nella zona di produzione: Murtiddara o Primizia Bianca, Bianca, Agostina, Settembrina. Si tratta di una pesca duracina a polpa bianca con colore di fondo della buccia bianco-giallo-verde e sovra-colore rosso e quest’ultimo deve essere inferiore al 50%. La coltivazione di questa pesca in questa zona risale agli anni ’50.
Inoltre troviamo pure due pesche che seppur non hanno ancora l’ IGP sono estremamente tipiche della Sicilia.
Pesca Tabbacchiera (o Saturnina): pesca che è coltivata alle pendici dell’Etna ed ha una forma che la rende particolarissima poiché risulta essere schiacciata da sembrare, appunto, una tabacchiera. La varietà a pasta bianca si caratterizza per l’intensità dei profumi varietali, la dolcezza e la morbidezza della polpa. Inoltre è anche un presidio Slow Food. Nello specifico i territori interessati sono: Adrano, Biancavilla, Bronte, Maniace, Mojo Alcantara e Roccella Valdemone.
Pesca Sbergia: rarissima, si trova solo in Sicilia, e precisamente viene coltivata nei territori di soli tre comuni messinesi: Monforte San Giorgio, San Pier Niceto e Torregrotta. Ha la buccia liscia e la polpa bianca.
La primavera e l’estate si avvicinano, non vi resta che provarle tutte cominciando ovviamente dalla new entry: la Pesca di Delia IGP.
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