di Danilo Napoli
Lillo Miccichè, 59 anni, svolge l’attività fotografica da quasi quarant’anni. Attraverso i suoi scatti ha sempre mostrato la sua personale visione di ciò che lo circonda. La sua prima mostra risale al 1995, da allora ad oggi può annoverare oltre 50 mostre in numerose città italiane. Si è occupato per tanti anni di paesaggio, ha dedicato gran parte della sua carriera alla ricerca antropologica, soprattutto in Sicilia. Diversi sono stati i reportage realizzati, tra i quali: “Degrado e Mafia”, “Il Lavoro è Vita”, “Le miniere di Sicilia”, “I Luoghi di Leonardo Sciascia”, “La provincia di Caltanissetta”, “Paesaggi di Sicilia”.” Le feste religiose di Sicilia”.
Gli abbiamo posto qualche domanda.
- Come hai approcciato alla fotografia?
La macchina fotografica è sempre stata presente a casa. Mio padre comprò una Ferrania che conservo ancora, qualche giorno dopo la mia nascita. Qualunque occasione era buona per utilizzarla. Nel tempo ci siamo aggiornati con macchine a pellicola non professionali, ma di grande utilità. Intorno ai 18 anni inizio con una Yashica sempre a pellicola, con obiettivo Zeiss 50mm, inizio a guardare il mondo in maniera diversa, più attento, rispetto alle foto familiari, mi accorgo che c’è tanto da osservare e tanto da poter rendere immortale con la fotografia.
- Cosa vuol dire per te scattare una fotografia?
Scattare una foto è la fase finale di uno studio, di una ricerca, di un desiderio di conoscere ciò che ci circonda e di raccontare agli altri il proprio punto di vista. E’ vero che può esserci l’occasione del colpo di fortuna della foto casuale, ma non si può certo contare sulla speranza di uscire da casa con la macchina fotografica e trovare la foto: diventerebbe una caccia senza senso. Programmare eventi, luoghi e quant’altro si desidera raccontare è una delle fasi preparatorie più interessanti, culminate poi da quel rumorino accanto all’orecchio che è lo scatto.
- Non credi che si stia perdendo il valore e l’importanza dell’immagine?
La fotografia è quella emozione che hai dentro di te, accompagnata da quel famoso talento naturale che possiedi e che riesci a buttar fuori con lo studio, la conoscenza, il confronto, la ricerca, l’esperienza. Il tutto possibilmente accompagnato da un pizzico di umiltà. La massificazione ha fatto sì che in tanti fossimo in grado di realizzare immagini e l’importanza delle immagini, se limitate al ricordo affettivo di un evento, nulla eccepire. Se invece l’immagine deve essere considerata fotografia allora credo che la selezione avviene naturalmente. In tanti possiamo usare una matita o un pennello per disegnare, ma in pochi riusciranno a realizzare un quadro. Idem per la fotografia, tanti possono scattare ma solo alcuni riusciranno a fare la fotografia. Se osserviamo le foto realizzate dai grandi maestri ci accorgiamo subito della differenza tra immagini e fotografie, pur non essendo esperti capiamo subito la diversità tra le due cose.
- Come vivi il rapporto con la tua città?
Il rapporto con la città è sempre stato legato dalla voglia di far venir fuori le bellezze di essa. Può sembrare strano pensare che Caltanissetta sia bella, visto il distacco che gran parte dei miei concittadini hanno con la città, ma se riuscissimo ad osservarla come se fossimo turisti, ma soprattutto se riuscissimo a coccolarla a curarla, non è una città diversa da tante altre. Certo, non è Roma, ne Milano, ne Palermo, ne Firenze o altre blasonate città d’Italia, ma proprio per la sua semplicità potrebbe essere maggiormente apprezzata. Ma per primi dovremmo crederci noi nisseni. Vorrei comunque ricordare che la presenza di Musei come quello Archeologico, quello Diocesano, quello Mineralogico, del Teatro Margherita, di Chiese particolarmente belle come la Cattedrale, la Chiesa di Santo Spirito, S. Agata. Diversi palazzi pubblici o privati, che arredano il centro storico con fascino ottocentesco. Ecco, se riuscissimo a valorizzare non solo durante le meritevoli giornate FAI o le Vie dei Tesori, le bellezze che abbiamo, probabilmente apprezzeremmo di più la città dove viviamo e smetteremmo di denigrarla.
- Quali progetti hai realizzato per Caltanissetta?
“Immagini di una Città”, “Palazzi e Dimore di Caltanissetta”, “Strade mura e colori”, “Il Redentore” tanto per citarne alcuni, sono una parte di libri fotografici progettati per esprimere il mio legame con la città, ma con l’intento di far conoscere anche ai miei concittadini aspetti normali, spesso non considerati dallo sguardo distratto.
- Che progetti hai per il prossimo futuro?
Nel 2020 avevo in programma delle mostre fotografiche in giro per la Sicilia. La mostra su Leonardo Sciascia che doveva dare seguito alle due realizzate lo scorso anno a Racalmuto e Caltanissetta. Un paio di mostre sulle Feste religiose di Sicilia e un’altra sulla Gente di Sicilia, ma gli eventi anzi l’evento pandemico che tutti conosciamo ha bloccato tutte le manifestazioni. Spero si possa riprendere presto a riorganizzare tali eventi. Altri progetti, due in particolare, rallentati dal momento storico che stiamo vivendo, non mancano, anzi nella mia mente scalpitano per poter essere realizzati, ma hanno bisogno di spazio, di movimento, di percorsi. Forse non è il momento giusto per parlarne.
(Intervista pubblicata su La Sicilia)
Commenti recenti