di Danilo Napoli
Peppe Milia, 36 anni, è un chitarrista nisseno affermato nel panorama nazionale. Ha sempre mantenuto un forte legame col nostro territorio pur riuscendosi a togliere molte soddisfazioni professionali. Chitarrista dei “Tinturia” e voce della band da lui fondata “Nottefonda”, ha anche suonato con i Merce Fresca, Mario Incudine, Mario Venuti, Qbeta, Giusy Ferreri, Nicolò Fabi, Luca Barbarossa, Roy Paci e tantissimi altri artisti.
Gli abbiamo posto qualche domanda:
– Quando hai iniziato a fare musica? Raccontaci i tuoi inizi
Ho iniziato a fare musica all’eta di 12 anni, alla scuola media il professore di Educazione musicale ci propose di studiare chitarra al posto dei classici flauto e diamonica, da quel momento fu amore a prima vista. Ricordo che non fu semplice far comprendere ai miei genitori l’amore che provavo per la musica e la chitarra. Nessuno in famiglia aveva mai intrapreso, anche per gioco, la strada musicale, quindi lottai un po’ per convincerli e riuscii nel mio intento. Quando cominciai a lavorare con la musica, come insegnante e nei live, la soddisfazione più grande fu vedere mio padre darmi ragione, seppur non ci aveva creduto da subito.
– A quale genere, se ne esiste solo uno, sei più legato?
Non sono legato ad un solo genere. In passato ho avuto, come tutti, la fase rock, quella metal, quella pseudo blues e ho avuto anche quella classica essendo, di base, un chitarrista classico sporcatosi con tanti di generi. Penso che ascoltare musica sia una delle cose più importanti per un musicista, ascoltare tantissima musica e tantissimi generi ti consente di spaziare, di prendere spunti e idee da ogni singolo ascolto, ti consente di aprire sempre di più la mente e di non restare fossilizzato nella tua posizione. Concludo dicendoti che il mio genere è il POP, ma influenzato dal rock, dall’elettronica e dal blues.
– Com’è cambiata Caltanissetta dal punto di vista della scena musicale negl’anni?
Caltanissetta, come l’intero pianeta, è cambiata tantissimo negli ultimi 20 anni, e non solo dal punto di vista musicale. Io ho passato la mia adolescenza a suonare nelle cantine, si aspettava l’appuntamento annuale della “Giornata studentesca dell’Arte” e ogni tanto riuscivi a suonare in qualche locale, ma tutto questo avveniva in una fase che possiamo già definire decadente e, con il passare degli anni, è sempre andata peggio. C’è un problema nazionale alla base ed è la mancanza di investimenti sulla musica e sulla cultura.La mia generazione, da adolescente, era diversa e fortunatamente lo è ancora oggi, sono d’accordo sul famoso detto “si stava meglio quando si stava peggio”. Avevamo meno possibilità, molte meno distrazioni e ci si attaccava alla musica come ancora di salvezza, oggi siamo sempre attaccati a questi smartphone e le nuove leve sono sempre più vittime di tutto questo. È assurdo come la miriade di possibilità che possono darti internet e i social abbiano semplificato e complicato tutto allo stesso modo. Bisogna pubblicizzare la cultura, trasmettere passioni, stimolare interessi e bisogna farlo contestualizzando il tutto nel presente. Io nel mio piccolo da insegnante ci provo.
– Qual è stata l’esperienza più gratificante della tua carriera?
Mi reputo una persona fortunata. Ho avuto la possibilità di suonare su tanti palchi, in tanti luoghi e con tantissimi artisti. Ogni esperienza è stata emozionante, formativa e da ogni singolo palco, anche quello nel localino con 10 persone, ho imparato qualcosa.
Palchi come quello del “Primo Maggio” in piazza San Giovanni a Roma, sono esperienze che ti segnano, quel palco lo abbiamo sempre guardato tutti, da ragazzini, con ammirazione e invidia allo stesso tempo ma, allo stesso modo, i palchi esteri sono sempre belle esperienze perché ti mettono di fronte a culture e visioni diverse.
– Come stai vivendo questo delicato momento storico?
Il periodo, come sappiamo, non è per niente semplice ma lo sto sfruttando per dedicarmi ad alcune cose lasciate nel cassetto per troppo tempo. Mi manca terribilmente il palco, il sudore, il calore della gente, le notti insonni dopo il concerto, mi manca quell’adrenalina che ti assale, ogni volta, prima di salire sul palco, speriamo di tornare presto ad abbracciarci, magari dopo un concerto.
- Raccontaci il tuo ultimo progetto. In che direzione stai andando?
Il periodo di clausura sta servendo, appunto, per tirare fuori dal cassetto alcune cose lasciate li per troppo tempo, sto lavorando ad un progetto mio, una cosa che dico di voler fare da anni ma non ho mai realizzato, è ancora un embrione ma sono fiducioso. Oltre al mio, sto prendendo parte a diversi lavori in studio di artisti con i quali collaboro ormai, fortunatamente, da anni.
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