di Alessio Amorelli

Cari congiunti, cari amici, cari lettori che vivete a Sud di Bologna, sento sempre più spesso polemiche relative ad un presunto “regime del terrore”, una fantasiosa “dittatura sanitaria” che vuole privare i cittadini delle loro libertà fondamentali. Sperando di essere utile al dibattito, vi racconto cosa è stato vivere marzo in Lombardia.

Come ricorderete, l’ultima settimana di febbraio il virus era stato derubricato a “poco più di un’influenza”. Sui social imperversavano hashtag come #milanonosiferma, il sindaco e il segretario del PD invitavano le persone ad incontrarsi e a non avere paura, le piste da sci erano piene di persone, così come gli stadi e tutti i luoghi di aggregazione. Dopo pochi giorni i toni sono drasticamente cambiati. Il virus era entrato in tantissimi ospedali, i morti aumentavano esponenzialmente, la preoccupazione cresceva. Ci siamo ritrovati tutti chiusi in casa da un giorno all’altro, senza capire cosa stava accadendo davvero. Chi aveva la fortuna di risiedere fuori dalla Lombardia, o dal Veneto, o dall’Emilia, sapeva che in caso di necessità avrebbe avuto un posto letto in ospedale e delle cure mediche.

A Milano non avevamo questa certezza. Ogni ambulanza che passava a sirene spiegate vicino casa ti metteva di pessimo umore. La pena per il malato si sommava al pensiero egoistico per cui il virus era vicino, nessuno avrebbe curato te e le altre persone che avresti potuto contagiare. Andare a fare la spesa era una liberazione ma al tempo stesso una grossa fonte di ansia. Ci si guardava intorno, ogni starnuto era una tragedia, ogni mascherina sotto il naso fonte di nervosismo. Le sigarette si compravano a “stecca”. Si usciva una volta ogni 10 dieci giorni. Si aveva paura. La conferenza delle 18:00 non portava mai buone notizie. Non sapevamo se, quando e come saremmo usciti da quella situazione.

Adesso stiamo meglio che a marzo. Non ci sono più camionette dell’esercito che portano le bare fuori da Bergamo. I pazienti in terapia intensiva però stanno tornando a salire, non soltanto in Lombardia o in Veneto ma anche in molte regioni del Sud. Il terrore, ve lo assicuro, non c’entra niente con i Dpcm del governo ma c’entra moltissimo con le terapie intensive piene. Stare attenti costa poco, ammalarsi quando gli ospedali sono in crisi costa moltissimo. C’è una pandemia in corso, ascoltare chi grida alla dittatura non salverà nessuna vita, la prudenza si. Abbiamo già visto che non è andato tutto bene. Non peggioriamo la situazione.