di Danilo Napoli

Lorenzo Maria Ciulla, 34 anni, è un artista nisseno che vive nello storico quartiere Angeli, lì ha deciso di stabilirsi ristrutturando la vecchia casa di campagna. È lì che prendono vita le sue tele, che il suo pensiero si traduce in opera. Siamo andati a trovarlo per fargli qualche domanda.


Cosa vuol dire per te fare arte?
Fare arte per me è un atto di fede.
E’ una infinita missione che ad oggi non ha mai avuto tregua, consapevole del fatto di non avere titolari o padroni all’infuori della vita che vivo e di cui ne assorbo bellezza e orrore. Oggi più che mai so che fin da quando mi sveglio a quando sogno lei è con me senza dar peso alle mie giornate. Piuttosto rafforza le mie idee ,grazie ai colori, ciò che più delle volte non riesco ad esprimere a parole.

Come definiresti la tua arte e da dove nasce il tuo definirti pittastorie?
Non mi piacciono le definizioni. Credo sia difficile per me rinchiudere in un unico concetto il mio lavoro pittorico in quanto esso é il risultato di ciò che leggo, osservo, studio, vivo. Da qui nasce quindi il termine Pittastorie. Cioè colui che pitta le storie delle persone che ho incontrato nei mie viaggi. Nei racconti antichi e tradizioni siciliane, nelle fiabe a me più care o ancora l’ammirazione nei confronti di esseri puri e sacri come gli animali. 

Raccontaci dei tuoi inizi, come e quando hai pensato che l’arte era la tua vita?
Non è l’arte ad essere la mia vita. Sono io a far parte della sua. E’ un’amante fedele e presente. Ovviamente però come in ogni coppia innamorata che si rispetti viviamo il nostro rapporto di alti e bassi ma poi ci riappacifichiamo subito.
Non ricordo di preciso l’inizio. La creatività è un aspetto sacro della vita dell’essere umano. Essendo un artigiano prima di tutto e non definendomi artista il mio scopo è creare. Sarà il tempo a raccontare e descrivere al meglio il mio lavoro. Fin da bambino però mi è sempre piaciuto disegnare strani personaggi, unire diversi materiali e solo subito dopo l’istituto d’arte ho cominciato a utilizzare un pennello, diverse tipologie di colore per conoscerne meglio l’utilizzo e sperimentare su diversi materiali su cui dipingere prendendo consapevolezza di ciò che facevo giorno dopo giorno. Posso dire di averlo saputo inconsciamente e solo oggi ammettere che essa fa parte di questa opportunità chiamata vita.

Come metti in relazione l’arte e il posto in cui vivi?
La mia città la reputo un luogo ricco di bellezza e creatività.
Mi auto cito con una frase che era l’inizio di un testo dei Merce Fresca, un gruppo musicale di cui ne ero il cantante , e descrivevo la mia città così : “la mia città non sembra altro che un monumento abbandonato”. Oggi però non la vedo abbandonata come allora ma a causa di questo silenzio apparente, del poco coraggio e paura del giudizio altrui e l’inutile piangersi addosso, che le persone sono portate da una parte a creare dall’altra a distruggere. Una delle sfortune è che la maggior parte delle volte non ci conosciamo o difficilmente creiamo incontri per scambiare idee e farle diventare reali. E’ vero anche che a oggi mancano posti fisici dove incontrarsi, ma nonostante ciò reputo tutti i creativi nisseni di ogni genere come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere per migliorare tramite l’arte la visione di una città che è lenta a percepire ma vogliosa di apprendere. So che accadrà. Ho molta fiducia e speranza nonostante le mille difficoltà.

Parlaci della tua ultima mostra “Storie pittate di vita e di muerte”
Era un sogno nel cassetto quello di dipingere il Messico.
Prima della quarantena ho riflettuto molto su cosa potesse unire il Messico alla mia terra. Da lì la fusione della loro e nostra festa dei morti unita da un’idea di vita e morte a me molto cara. Quello che i morti continuano a vivere tramite una festa di colori , musica e gioia che in Messico è chiamata “Dia de muertos” simile appunto alla nostre tradizioni siciliane che hanno lo stesso obbiettivo. Quello di creare un momento sentito e giocoso per esorcizzare l’idea della morte. Ho avuto quindi l’opportunità di esporre alle tenute Rasocolmo di Messina dopo esser contattato dalla curatrice Mariateresa Zagone e dopo il lockdown è stata una buona occasione oltre che un ottimo inizio per rimettere in moto il mio girovagare per conoscere e far conoscere le mie opere.

In conclusione, progetti futuri per la tua città? Sappiamo che in passato sei stato molto attivo, hai intenzione di tornare a fare qualcosa?
Di una cosa sono felice. Quella di aver sempre fatto vincere l’istinto. A quest’ora non avrei realizzato eventi, concerti, mostre, riqualificazioni urbane per la mia amata Caltanissetta. Tutto ciò mi porta oggi a un nuovo percorso e progetto che partirà dal quartiere in cui vivo ormai da dieci anni. Il quartiere Angeli. Un progetto di cui ancora oggi non posso accennare nulla ma di sicuro sarà l’accumulo di tutte le esperienze vissute dentro e fuori il mio territorio. Un progetto che avrà questa volta una dimora fissa e si spera una non scadenza, ma piuttosto una crescita continua. Ma per ora mi fermo qui. Ci sarà più in là modo di raccontare questo nuovo capitolo di Lorenzo in rapporto con la città in cui ha scelto di vivere e investire al meglio le proprie forze.