di Federica Dell’Aiera
I libri sono una finestra sul mondo, aprono gli occhi e fanno luce su realtà che non si immaginano. Alcuni fanno vibrare le corde del cuore.
“L’arminuta” di Donatella Di Pietrantonio è uno di questi.
Il filo rosso che percorre la storia è l’abbandono e tra le righe del romanzo con amarezza e incredulità, si scopre un risvolto innaturale della maternità. La maternità, quel rapporto essenziale e basilare dell’esistenza, l’amore incondizionato di chi ti da la vita e quello di chi la riceve, si sgretola e si svuota perdendo il senso che ne conosciamo.
“Ripetevo la parola mamma cento volte, finché perdeva ogni senso ed era solo una ginnastica delle labbra. Restavo orfana di due madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l’altra mi aveva restituita a tredici anni. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute, distanze. Non sapevo più da chi provenivo”.
La voragine dell’abbandono non è semplice da raccontare e questa situazione complessa ed emotivamente forte è perfettamente narrata da parole limate e mai scelte a caso che contribuiscono a dare l’idea dell’asperità della nuova vita di questa sfortunata ragazza.
L’assenza improvvisa e immotivata della famiglia che con amore l’ha cresciuta, si intreccia ora con l’assenza di affetto di chi decenni prima l’ha abbandonata e combatte con estranei, sofferenza e miseria.
La scrittrice racconta di un’Italia spaccata dal crescente divario tra nord e sud, in particolare delle dinamiche familiari di quell’Italia che con fatica porta a casa il pane.
Siamo in Abruzzo alla fine degli anni ’70 e la storia è raccontata dall’Arminuta, la ritornata, una ragazzina di cui non conosciamo il nome, ma di cui pagina dopo pagina conosceremo le ferite. Lei passata dal calore della propria casa al gelo di una casa sconosciuta, catapultata in un mondo aberrante per lei, vissuta tra coccole, agi e serenità. L’aspra realtà è una famiglia dai numerosi figli che si scopre essere la sua famiglia d’origine. Scopre di essere nata in quella famiglia già troppo numerosa per accoglierla e di essere stata affidata a lontani parenti che non avevano avuto la possibilità di avere figli. Nell’ Arminuta si aprirà un vuoto esistenziale con cui dovrà fare i conti, un vuoto fatto di abbandoni e di affetti perduti.
«Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza».
Sfogliando le pagine ci si aggrappa al suo dolore per farle forza e darle quel conforto che le è mancato. Nel corso della narrazione sono tanti i momenti emotivamente dolorosi, è impossibile non farsi trasportare dal senso di abbandono, dalla rabbia, dalla desolazione, dallo smarrimento, dalla tristezza, dalla solitudine. La protagonista di questa amara vicenda accusa i colpi ma non si spezza e cresce troppo in fretta. L’Arminuta nel suo vuoto però non si perde e ricerca la verità e persegue i suoi obiettivi.
È una storia intensa, aspra, forte che lascia un anelito di luce e speranza. Assolutamente da leggere tutto d’un fiato.
Immagine copertina dal sito Feltrinelli: https://www.lafeltrinelli.it/libri/donatella-pietrantonio/l-arminuta/9788806239848?productId=9788806239848.html
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