di Carolina Vitale

L’idea che alcune vite valgano meno di altre è la radice di tutto ciò che è sbagliato nel mondo.
(Paul Farmer, medico e antropologo statunitense)

Mi è sempre piaciuta questa frase. Un po’ perché quando l’ho letta è riuscita a dare istantaneamente una connessione a tanti miei pensieri, un po’ perché è una di quelle frasi che vanno un po’ interpretate, e quindi può avere un senso e un peso diversi a seconda di chi la legge, o anche a seconda del momento che si sta vivendo.
Io, ad esempio, quando mi imbattei per la prima volta in essa, la lessi in chiave razziale e quindi rispetto all’ atteggiamento che l’uomo può avere nei confronti di un uomo diverso da lui.
Nel tempo, però, oltre a questo, le ho attribuito molteplici significati.


Oggi infatti la parola vita per me ha assunto un’ accezione completamente diversa.
Per farmi capire meglio voglio raccontarvi una storia, giudicherete voi se autentica o meno.
Da quando l’uomo fece i suoi primi passi su questa terra, l’equilibrio presente precedentemente mutò inevitabilmente. E come l’uomo dovette lentamente adattarsi alla vita sulla terra, anche essa fu costretta ad adattarsi alla presenza di questo nuovo animale.
Presto si capì che il grande valore di questo animale era indubbiamente il suo intelletto, molto più sviluppato rispetto a quello di tutte le altre specie. Questa dote però con il tempo divenne sempre meno un pregio. L’uomo infatti, rendendosi conto di questo suo vantaggio, iniziò presto a credersi superiore a tutti gli altri esseri viventi e ciò lo portò a credere di poter disporre di essi quando e come avrebbe voluto. Così cominciò la gara alla conquista del mondo da parte della nostra specie. In questa gara, in cui l’animale più intelligente del mondo era l’unico partecipante, e il cui carburante era la sua sete di potere e di supremazia, ci furono devastazioni e grossi spargimenti di sangue, ma dopo tanti sacrifici l’uomo, finalmente, riuscì nel suo intento e diventò il padrone supremo del mondo.


Se pensate che questa storia sia frutto della mia fantasia, sono contenta per voi e credo che possiate anche fermarvi qui nella lettura.
Se invece pensate che questa storia sia vera, converrete con me sul fatto che questo concetto di uomo-padrone di cui ho parlato è inevitabilmente radicato in noi da millenni.
Così radicato da averci fatto sviluppare l’idea di avere il controllo su tutte le altre specie, animali e vegetali, e di conseguenza di sentirci in diritto di riempire il mondo di plastica, di far crescere animali in allevamenti intensivi stipandoli uno sull’altro nel proprio sudiciume, di disboscare enormi aree per interessi economici (e potrei andare avanti per ore ma non voglio annoiarvi) e tutto ciò senza il minimo scrupolo.
A supporto della veridicità della storia che ho raccontato, secondo una ricerca del Professore Ron Milo, del Weizmann Institute of Science, a partire dal nostro arrivo su questa terra, si sono estinti il 50% delle specie vegetali e ben l’83% dei mammiferi selvatici, per fare spazio ad animali più utili per la nostra evoluzione.
Oggi infatti il 70% di tutti gli uccelli esistenti è rappresentato dal pollame di allevamento.
Ancora più impressionanti a mio avviso, i dati sui mammiferi che invece sono così distribuiti:
36% uomo
60% bovini e suini
4% animali selvatici.
Questi dati sono molto significativi e dovrebbero farci ragionare sul nostro stile di vita e riguardo le scelte quotidiane che facciamo, soprattutto quelle alimentari.


In definitiva, mi pare chiaro che, come ho detto alla fine della storia che ho raccontato, la nostra specie sia quella che ha il dominio assoluto sul mondo.
Ma c’è un ma. Se il finale invece fosse l’unica parte non vera? Se fosse una mera illusione?
Siamo davvero sicuri di essere i padroni della terra? Siamo sicuri di avere il controllo su tutto?
Al momento stiamo vivendo in circostanze che pochi di noi avrebbero immaginato di dover affrontare. Stiamo cercando una soluzione per liberarci da un virus (organismo impossibile da vedere a occhio nudo e privo di intelletto) che sta provocando un’ecatombe.
Alla luce di questo mi azzarderei a dire che di controllo ne abbiamo ben poco.
E così sorge in me un dubbio orrendo:
E se invece il virus fossimo noi? Se fossimo noi ad avere infettato la terra e il covid-19 fosse il suo vaccino? Devo ammettere che la terra non avrebbe tutti i torti.
Mi duole molto dover essere retorica, ma non ho alternative.
Il nostro mondo necessita un cambiamento radicale e il momento che stiamo vivendo, per quanto agghiacciante possa essere, ci sta offrendo una grossa opportunità per attuarlo.
Ricordo che la mia insegnante delle elementari definiva la storia come un cerchio. In questo cerchio cambiavano i nomi ma gli avvenimenti si ripetevano di continuo. Gli uomini hanno spesso questa facilità a dimenticare e quindi a commettere sempre gli stessi errori. Ma, in quanto unico essere dotato di un intelletto sviluppato, esso è anche capace di cose grandiose, e questo è il momento di realizzarle. Dobbiamo rinascere dalle nostre ceneri e recuperare il concetto di rispetto, partendo dal dare equo valore alla vita di tutti gli esseri viventi. Questo sarà possibile solo se riusciremo a fare tesoro dei nostri errori e ad imparare da essi. Dobbiamo rompere il cerchio e ricordare tutto questo perché, come scrisse Montale, la memoria non è peccato finché giova.
Se permetteremo alla nostra civiltà di dimenticare e di non approfittare di questa occasione, sono sicura che un giorno, neanche troppo lontano, il virus-uomo riuscirà ad uccidere la terra, ma una cosa dobbiamo ricordarla: quando lei morirà ci porterà tutti con sé.