di Luigi Garbato

Care lettrici e cari lettori di LAO,
questo testo più che un articolo è una lettera aperta perché desidero condividere con voi una riflessione.
Stamattina, armato di mascherina, mi sono messo in fila per fare la spesa e ho acquistato alcuni prodotti per le feste pasquali. Già, perché per la prima volta mi sono ritrovato a dover pensare a cosa mangiare in occasione dei prossimi giorni di festa. Premetto che non sono bravo a cucinare e soprattutto non mi va di applicarmi, ma almeno non ho ospiti da dover soddisfare. Trascorrerò la Pasqua e la Pasquetta da solo, a Padova, come tanti altri, quindi qualunque cosa sarò in grado di mettere sul piatto andrà benissimo e sarà comunque festa.


Non mi dilungherò a scrivere di quanto sia strana questa Settimana Santa, un periodo dell’anno normalmente gioioso per tutti i nisseni, in cui ci si ritrova in città e si condividono non solo piacevoli momenti in famiglia ma anche le emozioni di processioni e riti tradizionali.
Diciamocelo, la Settimana Santa noi nisseni la sentiamo particolarmente: è una festa continua che dura nove giorni, dalla Domenica delle Palme al Lunedì di Pasquetta. Ma in molte altre realtà non è così, si festeggiano realmente soltanto la Pasqua e la Pasquetta. Per questo motivo proprio in questi giorni riflettevo sul fatto che trascorrerò per la prima volta una Pasqua realmente “alla padovana”.


Tutti noi quest’anno siamo privati di questi piaceri tipicamente nisseni, sia chi come me è rimasto nel posto in cui si trovava al momento dell’entrata in vigore delle restrizioni, sia chi è in città ma non può riunirsi con i propri cari né assistere alle processioni tradizionali sospese per via del coronavirus.
Certamente dinnanzi a una emergenza di queste dimensione, con più di 18.000 morti ad oggi (10/04/2020), trascorrere qualche settimana da soli appare una pena assolutamente lieve ed effettivamente, se ci pensiamo, lo è.
Tuttavia credo che viviamo tutti quanti il medesimo disagio e che quindi occorre essere particolarmente pazienti e comprensivi con chi trascorrerà queste festività in solitudine.


Ecco allora che il mio pensiero va a tutti quegli studenti e a quelle studentesse nisseni e nissene che trascorreranno la Pasqua a Bologna, a Padova, a Novara, a Pisa, a Roma; a quelle infermiere e a quei medici di Caltanissetta che continueranno a lavorare a Milano, a Lecco e a Palermo; a quelle insegnanti nissene che rimarranno a Padova e a Torino, a quei carabinieri in servizio in Campania e a chi continuerà a lavorare a Dublino, a Milano, a Padova, tutti comunque nisseni. Insomma, il mio pensiero va non solo alle amiche e agli amici di Caltanissetta sparsi in tutta Italia ed Europa, ma anche a quei ragazzi e a quelle ragazze della nostra città che con grande senso di responsabilità hanno deciso di restare dov’erano senza mettere a rischio la propria incolumità e quella dei propri cari.
Un pensiero infine va a tutte le famiglie, la mia e quelle di tutti i nisseni non rientrati in città, in cui si conteranno delle sedie vuote durante i pranzi di festa.
So che sembra triste e indubbiamente lo è, tuttavia dobbiamo coltivare la speranza di ritrovarci, custodire il desiderio di tornare a respirare l’aria di casa, riabbracciare gli affetti e perché no mangiare anche qualcosa di buono preparato dai genitori o acquistato in qualche locale rinomato.


Insomma, siamo fortunati alla fine: molto spesso apprezziamo qualcosa soltanto quando l’abbiamo persa, adesso invece abbiamo una seconda possibilità, una “seconda vita” che ci aspetta in cui potremo ridefinire le nostre priorità e dare il giusto valore alle cose che prima ci sembravano scontate.
In conclusione quindi auguro una buona Pasqua a tutti i nisseni che festeggeranno questa ricorrenza da soli e auguro tanta serenità alle loro famiglie che li aspettano: la pazienza è la virtù dei forti!