di Luigi Garbato
Caltanissetta è una città che negli ultimi anni ha cercato più volte di riscoprire la propria identità, trovandosi smarrita a vivere una contemporaneità in cui non riesce a individuare con chiarezza il sentiero da percorrere nel futuro.
Per decenni si è parlato di identità mineraria, riscontrabile nei sontuosi palazzi patrizi della città, nel prezioso Museo Mineralogico, nella memoria collettiva e soprattutto nel paesaggio circostante fortemente connotato dalla presenza di ciò che resta del passato industriale minerario della “capitale mondiale dello zolfo”. Più recentemente invece, in particolare tra il 2014 e il 2019, è stata valorizzata la tradizione del torrone ed è stata riscoperta l’identità legata alla famiglia Moncada (XV-XVIII sec.) grazie agli studiosi locali e all’attività di alcune associazioni culturali. Sempre negli ultimi anni è stato avviato un percorso di riscoperta di grandi personalità della storia – Caponnetto, papa Giovanni XXIII, don Bosco, Letizia Colajanni, Vincenzo Roggeri – alle quali sono stati dedicati nuovi monumenti oppure sono state intitolate vie e piazze della città.
Ma qual è l’identità di Caltanissetta? Quali sono i suoi luoghi più rappresentativi, simbolici?
Io ne ho individuati sei che voglio analizzare con voi.
- Castello di Pietrarossa. Indubbiamente è uno dei simboli istituzionali della città, presente nelle decorazioni di molti palazzi storici e soprattutto sullo stemma del Comune. Il nome della città deriverebbe proprio da questo castello, il “castello delle donne” di origine araba. Pur essendo un simbolo antico della comunità nissena, i resti del castello medievale non sono visitabili, non sono nemmeno illuminati di notte. Sicuramente è un luogo da riscoprire, valorizzare, sfruttando anche le proposte entusiaste di molti cittadini disposti a impegnarsi per il rilancio concreto e immediato dei ruderi del Castello di Pietrarossa.
- Tempietto di Sabucina. Si tratta di uno dei reperti più affascinanti del Museo Archeologico Regionale di Caltanissetta. Divenuto un simbolo molto utilizzato in ambito culturale, è un manufatto del VI sec. a. C. proveniente dal sito archeologico di Sabucina, insediamento sicano poi ellenizzato dai coloni della costa. Nonostante il grande interesse del sito, Sabucina versa in stato di abbandono, escluso dai principali finanziamenti europei del settennio 2014-2020, eccezion fatta per i fondi del Patto per la Sicilia voluto dal Governo Renzi nel 2016. Sarebbe utile che la comunità nissena dialogasse in maniera costruttiva con gli enti locali preposti alla salvaguardia del patrimonio archeologico per indurre la Regione a garantire le giuste risorse necessarie per salvaguardare i siti archeologici del centro Sicilia.
- Fontana del Tritone. Divenuta un simbolo della città riconosciuto da tutti, si tratta in realtà di un’invenzione degli anni Cinquanta del secolo scorso. Ideata dall’arch. Averna che ha posto all’interno di una vasca un calco in bronzo del Tritone di Tripisciano e due mostri marini di Rosone, la fontana è solo l’ultimo ornamento di una piazza che dal Cinquecento ad oggi è stata il cuore della città. Prima della fontana c’era un elegante lampione e prima ancora una statua dedicata a Ferdinando I Borbone. In origine l’attuale piazza era invece un’area delimitata da un recinto sacro di chiese e monasteri per la maggior parte abbattuti nel corso dell’Ottocento. Pochi anni fa era stato ipotizzato lo spostamento della fontana nell’ambito del progetto urbanistico “La Grande Piazza”. Certamente quel progetto va ripreso e completato, seguendo l’idea vincitrice del “filo di Arianna” (di cui il serpentone in corten dell’ex rifugio è l’unico riferimento concreto) che va annodato, per così dire, allo spazio simbolico della piazza con al centro la fontana, attraversando il tratto di corso Umberto I fino alla chiesa di S. Agata al Collegio.
- Redentore. È uno dei luoghi più suggestivi della città, da cui si gode un piacevole panorama. Tuttavia l’area intorno al santuario, edificato nel 1900 in onore di Cristo Redentore, è spesso oggetto di incuria e atti vandalici. I lampioni artistici che illuminavano il monumento non sono stati più ripristinati, mentre buona parte della sommità della collina resta non pavimentata o comunque non sistemata a verde, e soprattutto ostaggio delle numerose antenne. Senza dubbio questo luogo così caro ai nisseni merita maggiori attenzioni con un progetto di valorizzazione ad hoc, ma soprattutto merita maggiore rispetto da parte dei cittadini.
- Antenna RAI. Il trasmettitore alto 286 m, inaugurato nel 1951, rischia di essere abbattuto in quanto ormai da anni è spento e i costi di manutenzione sono molto alti. Sicuramente è un simbolo della città in quanto da quasi 70 anni fa parte dello skyline di Caltanissetta, resa riconoscibile e facilmente individuabile a km di distanza. Si deve quindi salvare l’antenna ma occorre trovare una soluzione che non obblighi il Comune a sopportare costi altissimi che non può in alcun modo permettersi e che allo stesso tempo veda l’impegno concreto della Rai per la riconversione del sito ai fini culturali.
- Patrimonio immateriale. Simboli di Caltanissetta sono anche quelle tradizioni e quei saperi che si tramandano da generazioni: i riti della Settimana Santa, i dolci delle monache recentemente riscoperti, il rollò di ricotta, il torrone. Per la salvaguardia e la valorizzazione di queste tradizioni e saperi l’impegno delle associazioni e degli artigiani è stato determinante, tuttavia le istituzioni dovrebbero impegnarsi affinché si possa finalmente realizzare un Museo delle Vare (e della Settimana Santa) e affinché possano essere organizzati eventi e fiere di qualità per valorizzare in maniera esclusiva e adeguata la prestigiosa produzione dolciaria nissena.
Credo che ragionare sui simboli identitari della città possa aiutarci a individuare alcuni punti fermi in questo momento così difficile in cui la barca della nostra città, così come tutto il resto del Paese, sembra in preda alla tempesta. Rialzarci dopo il trauma del coronavirus non sarà semplice, soprattutto dal punto di vista economico e sociale. Ma è proprio per questo motivo che occorre rafforzare quei luoghi e quelle storie simbolo di un’identità comune, per incoraggiare ciascuno di noi a ricostruire il tessuto comunitario nisseno facendo ognuno la propria parte.
Auspico dunque che unitamente all’impegno sacrosanto di foraggiare il settore dei servizi sociali per aiutare la cittadinanza in difficoltà, effettuando apposite variazioni di bilancio, si possa avere un occhio di riguardo anche per le spese finalizzate alla salvaguardia e alla valorizzazione dei luoghi simbolici e identitari della città, senza i quali la comunità perderebbe una motivazione importante per riconoscersi in un luogo e per tornare con entusiasmo ad animarlo e a viverlo.
Foto di Danilo Napoli
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