di Federica Dell’Aiera

Numerosi studi oggi parlano di iperconnessione, uno stato perenne di connessione alla rete con particolare riferimento ai social network, piattaforme che vengono abitate giornalmente da milioni di utenti i quali generano contenuti e di conseguenza informazione. Ognuno di noi ha un pubblico al quale comunica stati d’animo, notizie e ogni sorta di informazione che soggettivamente viene ritenuta condivisibile. Ovviamente ognuno di noi è pubblico spettatore di qualcun altro.

I social network sono inoltre ritenuti il principale mezzo di informazione, in netta concorrenza ai canali mediatici ormai definiti “tradizionali”. Spesso sfugge la democraticità della rete, ovvero la possibilità di esprimersi, divulgare, informare dal proprio pulpito al proprio pubblico, condita da un’eccessiva velocità di condivisione che avvolge ogni notizia di veridicità non confermata.

Questi giorni drammatici ci legano al telefono, alla messaggistica istantanea e ai social network. Ci teniamo compagnia l’un l’altro in attesa di riunirci e abbracciarci nella vita reale. Il clima di incertezza ci spinge all’eccessivo anelito di informazione, ad una corsa all’ultima notizia per salvaguardarci e scampare a questo invisibile nemico.

Non è poi così ovvio l’appello a ricorrere alle fonti di informazione ufficiali quando sui social o su Whatsapp circolano fake news, nome e cognome di nuovi infetti, segnalazioni di miracolosi farmaci e teorie complottistiche.

Questo articolo è una riflessione su quanto la comunicazione sia importante, soprattutto in situazioni limite come quella che stiamo vivendo. Siamo in piena emergenza pandemica, il coronavirus ha anche colpito la nostra città, fino a qualche giorno fa risparmiata dai contagi.

Rumors, fake news e notizie non ancora verificate impazzano nei nostri smartphone e corrono più veloce del virus che ci sta mettendo in ginocchio.

È innegabile che le situazioni di emergenza sanitaria siano veramente difficili da gestire e che le istituzioni in questi giorni stiano facendo il possibile per tenere informati, rassicurare e anche bacchettare i cittadini. Con questo piccolo chiarimento, chi scrive vorrebbe fare chiarezza sulla comunicazione pubblica e infondere una riflessione sulle notizie che invadono i nostri smartphone.

La comunicazione pubblica è un ramo della comunicazione conosciuto perlopiù a chi è del settore. È uno strumento che permette ai diversi attori della sfera pubblica di entrare in relazione tra loro, di comunicare e confrontarsi sui punti di vista e valori che hanno come obiettivo comune quello di realizzare l’interesse della comunità. Inoltre si occupa di instaurare una relazione tra l’amministrazione e il cittadino con processi di interazione e scambio, prevedendo la creazione di spazi per l’ascolto e per la partecipazione. La comunicazione pubblica si ispira a principi di trasparenza, semplificazione, ascolto, partecipazione, efficienza ed efficacia. È disciplinata dalla legge 150 del 2000 e attraverso essa diventa obbligo istituzionale e attività fondamentale, non episodica, esercitata da professionalità specializzate in materia (laureati in scienze della comunicazione, giornalisti pubblicisti, portavoce…). La comunicazione deve essere coordinata e finalizzata alla collaborazione tra settori, uffici e servizi e diventa mezzo per la realizzazione degli obiettivi comuni nell’interesse della comunità.

Seppur oggi siano molti gli sforzi che le istituzioni fanno per garantire un’ottima comunicazione con e ai cittadini, situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo, purtroppo fanno emergere le falle comunicative del sistema. Il lavoro da fare è molto, dal ripensare strategicamente alle attività e alle competenze del caso, fino alla creazione di una reputazione di autorevolezza e credibilità giocata in un campo invaso da milioni di persone- comunicatori.

È per tutte queste ragioni che invito chi legge, a cercare autorevolezza e credibilità nella rete e ad avere fiducia nelle istituzioni e nelle comunicazioni che trasmette. Solo così è possibile dirsi informati.