di Danilo Napoli

Ho molto più tempo libero. Non l’ho scelto io, ma è così. Ho già quasi ripreso abitudini ormai dimenticate. D’un colpo mi sono ritrovato fermo, quasi sorpreso nel riscoprire quanti aspetti della vita avevo trascurato, quante decisioni avevo preso senza saperlo. Ecco così catapultato di colpo nel sottobosco dell’esistenza, quello dove dominano le cose semplici e forse le più preziose, ho riscoperto il gusto della pacatezza, ho cancellato l’ansia del tempo che sfugge.

All’improvviso l’amicizia, la famiglia, le persone, mi hanno ricordato quanto siamo indispensabili l’uno con l’altro; quanto siamo fortunati a essere semplicemente ciò che siamo: esseri viventi per i quali il contatto, l’incontro, la condivisione sono attitudini imprescindibili per vivere una vita quantomeno sana. Soprattutto noi italiani, da sempre, abbiamo fatto nostri questi valori, facendone un tratto distintivo.

La prova di tutto ciò la stanno dando i nostri medici, infermieri e operatori sanitari che, con tutte le difficoltà provocate da un’ emergenza che si appresta a essere non indifferente per gli equilibri geopolitici dell’intero Pianeta, ogni giorno comunque si spingono oltre loro stessi. Allo stesso modo assistono coraggiosamente le migliaia di persone che hanno avuto la sfortuna di contrarre gravemente questo brutto virus. Così facendo servono mirabilmente il nostro Stato. Noi per questo dobbiamo essere riconoscenti nei loro confronti e il modo migliore che abbiamo per farlo è rispettare quel gentile decreto, firmato da quello “gnocco” di Conte, e stare a casa. Al massimo uscire per urgenze, indossando la massima responsabilità. Ma anche essere consapevoli che in fondo, nonostante le vittime e tutti i drammi che questa storia si porta dietro, possiamo trovare qualcosa di buono. In altri termini dobbiamo prendere in considerazione il fatto che in questo momento siamo l’unico popolo ad avere la grande occasione di fermarsi e riflettere su noi stessi.

Siamo, forse, l’unico popolo che ha la possibilità di ricompattarsi, unirsi. Siamo l’unico popolo che una volta finita l’emergenza potrà essere fiero di ciò che è stato fatto. E poi torneremo a darci la mano, ad abbracciarci, e lo faremo più consapevoli, più uniti. Apprezzeremo di più le piccole cose e finalmente torneremo a governare il tempo. Sarebbe però davvero sciocco farci sfuggire tutto questo, quando questa brutta storia sarà finita. Perché si, la cosa più importante a cui dobbiamo pensare forse è: E SE QUESTA BRUTTA STORIA FOSSE ANCHE UNA GRANDE OPPORTUNITÀ?