di Luigi Garbato

Lunedì 10 febbraio, alle ore 18.30, la sala conferenze del Museo Diocesano del Seminario Vescovile “G. Speciale” di Caltanissetta, diretto dall’arch. Giuseppe Di Vita, verrà dedicata a Francesca Fiandaca, direttrice del museo dal 2011 al 2017.

Io purtroppo non potrò essere presente. Trascorrerò il fine settimana a Milano per festeggiare il compleanno di mio nipote Riccardo di 4 anni.

Proprio pppMilano è una città in cui spesso ci siamo trovati io e Francesca. Ricordo in particolare una merenda in un locale tutto rosa tra le fermate della metropolitana Buonarroti, Wagner e Pagano, non lontano dalla casa di Daniele, uno dei due figli di Francesca. Quel pomeriggio abbiamo chiacchierato come sempre; abbiamo chiamato l’amica comune Angela promettendole che le avremmo inviato un selfie su whatsapp ma poi ce ne siamo dimenticati, presi dal pomeriggio che è trascorso piacevolmente. Ricordo anche con affetto una bella passeggiata che abbiamo fatto fino a Santa Maria delle Grazie e alla Vigna di Leonardo, soffermandoci a guardare una pietra d’inciampo in corso Magenta, nei pressi del Museo Martinitt e Stelline. Milano insomma mi ricorderà ancora una volta Francesca, anche se lunedì non sarò presente a Caltanissetta.

Del resto lunedì 10 febbraio avrei avuto difficoltà a organizzarmi anche con il lavoro, ragion per cui dovrò rimanere a Padova. Ma anche qui potrò pensare a Francesca. Alla città di Padova era legato Michele, il marito affettuoso di Francesca, che ha trascorso un periodo al collegio Don Mazza. Ma percorrendo alcune strade e piazze di Padova mi vengono in mente spesso le lunghe conversazioni telefoniche con Francesca su di me, sulle attività del museo, sulla sua malattia, fino agli ultimi tentativi di sentirci, quando Francesca non aveva più la forza rispondere.

Francesca, “la professoressa” o “la Fiandaca” come la chiamavo io, è del resto una presenza costante nella mia vita come in quella di molti altri, che magari affiora più forte in un luogo, ma vicina sempre nella mente e nel cuore.

Il Museo Diocesano è uno dei luoghi più intrisi della presenza di Francesca. Ecco perché, un giorno prima dell’11 febbraio, data in cui avrebbe compiuto 70 anni, a Francesca sarà dedicata la sala conferenze del museo, luogo animato nel corso degli ultimi anni da concerti, mostre, presentazioni e ogni altra attività culturale che Francesca ha saputo orchestrare direi, più che organizzare, mettendo insieme le tante forze positive della città, offrendo uno spazio di incontro e di espressione particolarmente apprezzato grazie al suo modo di essere contemporaneamente saggia e cordiale, ferma e inclusiva.

Francesca ha saputo raccogliere con cura e passione il patrimonio amorevolmente recuperato e custodito da padre Speciale nel corso degli anni e poi dai suoi successori; ha saputo valorizzare questo patrimonio facendolo incontrare con altre espressioni culturali che hanno avuto nella sala conferenze il loro centro nodale.

Ecco perché questa intitolazione, per cui sono personalmente grato a Mons. Mario Russotto e a tutti coloro che hanno contribuito affinché si potesse concretizzare, non è solo un momento in cui “il ricordo si fa memoria”, ma è anche l’espressione concreta del sentire di tante persone, di ogni generazione, che a Francesca sono particolarmente legate, avendola conosciuta a scuola o al museo, nel volontariato o nel Rotary, e che custodiscono un ricordo, un insegnamento, un consiglio di Francesca dentro di sé. 

Sarà un pensiero banale, ma le persone continuano a vivere nei ricordi e io mi sento fortunato ad avere tanti ricordi di Francesca. Ricordo le chiacchierate in macchina da soli, ma anche quelle in macchina insieme al marito Michele che fumava il sigaro e a Simona, la loro seconda figlia. Ricordo quella volta in cui ci siamo salutati alla stazione degli autobus prima che io partissi per Padova e, meno nitidamente, l’ultimo abbraccio che ci siamo scambiati a novembre prima di non vederla più.

I ricordi sono preziosi, importanti, ma è nel loro farsi memoria collettiva che assumono un significato più ampio di trasmissione generazionale, così come Francesca ha fatto con il suo sapere e con le sue straordinarie doti umane.