di Federica Dell’Aiera
Il sipario si apre su una bellissima scenografia allestita con nuvole e ombrelli. Aperti. In un luogo chiuso che è un ufficio. Gli ombrelli aperti fanno pensare subito alla superstizione, protagonista assoluta della commedia “Non è vero ma ci credo”, scritta da Peppino De Filippo.
Enzo Decaro magistralmente interpreta Gervasio Savastano, imprenditore che vive nel costante incubo della iettatura. Tutto ruota attorno alla superstizione, a presagi, influenze negative e strambi rituali per scacciar via ogni sorta di negatività.
Gli affari della sua impresa sembrano prendere una brutta piega attribuita all’influenza negativa del signor Malvurio, che, in assonanza con il suo cognome, porta “male augurio”. La sua presenza porta mal tempo, eventi tragici e negatività, ragion per cui Savastano decide di licenziarlo per il bene dell’impresa.
Tutte le persone che lo circondano sono stanche di questa esagerata fissazione per la sfortuna poiché influenza negativamente la loro vita e le loro azioni. La sua famiglia è totalmente condizionata da questa ossessione. Savastano addirittura non permette alla figlia Rosina di uscire con un bravo ragazzo di cui lei è innamorata poiché l’unica volta che questo le ha fatto compagnia all’università, la ragazza non ha passato l’esame. Un gufo lo definisce, portatore di iella, malaugurio e negatività.
Allontanato dall’impresa Malvurio, licenziato in tronco, arriva Alberta Sammaria, un giovane ragazzo che soffre di cifosi e dunque provvisto di una gobba. Uomo con la gobba, un raro porta fortuna vivente. In effetti, durante la commedia sembra che tutto sembri prendere una piega di positività, prosperità e fortuna senza precedenti.
“La superstizione è una scienza esatta!” esclama Savastano, nonostante nessuno creda ai suoi bizzarri rituali da manuale. Intanto la sua impresa sta cavalcando un’onda di fortunati avvenimenti! Si susseguono bizzarre situazioni ad intermittenza tra fortuna e sfortuna, collegate in effetti alla presenza o all’assenza dell’amatissimo Sammaria. La vita di Savastano migliora quando con lui c’è il porta fortuna Sammaria, tanto da arrivare alla conclusione che averlo in famiglia è la soluzione per una vita perfetta piena di eventi positivi. Organizza così le nozze di Sammaria con la figlia. A ritmo di musica dance, assistiamo al matrimonio di questa coppia e al pentimento del padre che ha capito di aver sacrificato la felicità della sua bambina per un mero capriccio egoistico, frutto peraltro di un’ossessione infondata. È il momento del colpo di scena. Il porta fortuna Sammaria è in realtà il “gufo” amato da sua figlia e Savastano è vittima di un tranello orchestrato dalla sua famiglia, tentativo disperato per liberarlo dall’ombra ossessiva della superstizione. E dopo tante risate e applausi fragorosi arriva un importante messaggio: dare valore alle persone e importanza alla felicità. Nessun rituale, nessuna falsa credenza, l’unico rimedio è la felicità.
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