Di Leonardo Pastorello

In una città priva di un ateneo universitario e di costanti organizzazioni di eventi culturali, il patire la solitudine si fa sempre più intenso.  Amministrare una città come la nostra non è facile: Caltanissetta, pur godendo di un invidiabile clima e di un’eccellente cucina, è ancora oggi uno dei comuni italiani più infelici, ove i casi di suicidio e di violenza domestica rappresentano un drammatico dato per la nostra comunità.

Tali episodi sono dovuti alla disoccupazione, al mercato clientelare del lavoro, ad una forte cultura fallocentrica e patriarcale e all’insufficiente fermento culturale. In un contesto arido, ma ricco di potenzialità, aumenta la rabbia di chi vuole continuare a vivere e a credere nella nostra città, e si inasprisce anche quell’angosciante solitudine sentita da tutti gli strati sociali. 

L’ultima campagna elettorale è stata segnata da numerosi casi di suicidio che si sono susseguiti in tempi brevi. <<Chi è oppresso dai pesi della vita, […] e soprattutto più non sa tollerare il duro destino, […] questi non ha da sperar liberazione nella morte, né si può salvare col suicidio. […] La terra si volge dal giorno verso la notte; l’individuo muore; ma il sole brilla senza posa in eterno meriggio>>, diceva Arthur Schopenhauer, uno dei più grandi “pessimisti” del XIX secolo.

Il suicidio, inteso come vittoria della <<volontà di vivere>>, non è la soluzione ideale per sconfiggere il dolore. Il filosofo di Danzica trova nell’arte quella via di liberazione e di redenzione in grado di squarciare l’opprimente e ingannevole <<velo di Maya>> che riveste la realtà: <<è l’arte, l’opera del genio. Ella riproduce […] l’essenziale e il permanente in tutti i fenomeni del mondo>>. Ciò che permane in eterno in una cultura è un’educazione al sentire, alla cura, al gioco. Quest’ultimo non riguarda soltanto il dominio dell’infanzia, ma dovrebbe coinvolgere tutti, vecchi e giovani, “sani” e “malati”, docenti e alunni, genitori e figli. Inoltre, il gioco non si pratica soltanto con gadgets e videogames, ma lo si può mettere in atto anche per mezzo del concetto – lògos -, del pensiero, del linguaggio. 

L’arte, in quanto gioco di un atto creativo, è la più nobile forma di espressione dell’autenticità umana, ossia di quel dionisismo latente che risiede in ognuno di noi (Si veda il mio articolo su Nietzsche) che annulla ogni individualità.  Una comunità ha bisogno di un’accurata attenzione da parte dell’amministrazione e dei cittadini sulla cultura, concepita come <<Bildung>>, ossia godimento e padronanza dell’inscindibile sapere dalla formazione spirituale. Al fine di far fronte alla minacciosa crisi della Bildung, bisognerebbe impegnarsi duramente – e insieme – per rendere la nostra città uno spazio di scambio di idee e non di simulacri.