Di Rocco Gumina
Oltre la destra e la sinistra. La democrazia solidale di De Gasperi
Si parla molto di chi va a sinistra o a destra,
ma il decisivo è andare verso la giustizia sociale.
Vuol dire che bisogna muovere lo Stato a servire
di più il popolo e le classi popolari.
Alcide De Gasperi, 1949
Nell’attuale scenario politico italiano sembra assente il riferimento alle radici della nostra democrazia. Nei dibattiti tesi ora a sottolineare la fine della povertà ora a sostenere politiche di sicurezza disumane oltre che impraticabili, non emergono riferimenti alle fondamenta delle nostre istituzioni i quali potrebbero custodirci dinanzi ai quotidiani strafalcioni dell’attuale maggioranza governativa.
In tempi in cui la geopolitica internazionale muta e forze partitiche di grande successo come la Lega e il Movimento 5 Stelle scardinano le ragioni culturali, economiche, sociali e politiche del cammino che il nostro Paese ha fatto per più di cinquant’anni, pare opportuno riprendere la lezione della storia. Infatti, alla luce di quanto avviene nella politica italiana, urge il tempo di ricordare, tutelare e trasmettere quel patrimonio di regole, valori e istituzioni generato all’indomani del secondo conflitto mondiale e capace, sinora, di caratterizzare la politica nazionale e internazionale della nostra comunità.
Fra le diverse pagine di storia necessarie tanto per comprendere il senso delle nostre istituzioni quanto per proiettare il nostro Paese nel futuro, è opportuno richiamare la figura di Alcide De Gasperi. Filologo e giornalista, De Gasperi fu tra i promotori del Partito Popolare Italiano fondato da Luigi Sturzo nel 1919. Dal presbitero di Caltagirone, lo statista trentino apprese due grandi lezioni: la necessità di avanzare una proposta politica popolare capace di legare a filo doppio la difesa della libertà con la ricerca della giustizia; l’importanza dell’ispirazione cristiana per agire in politica da tradurre tramite una linea non confessionale e perciò chiamata a garantire pluralità, rispetto e libertà. Perseguitato dal totalitarismo fascista, negli anni Quaranta fu fra i fondatori della Democrazia Cristiana. De Gasperi seppe collocare tale partito al centro dello scenario politico italiano cioè riuscì a rappresentare le pluralità sociali, economiche, politiche e culturali che animavano la nostra comunità nazionale. Più volte presidente del Consiglio e capo di importanti dicasteri, De Gasperi è da annoverare – insieme a Schuman, Adenauer, Monnet e Spinelli – fra i padri dell’Unione Europea. Idea progettuale quella della comunità fra le nazioni europee – prima culturale e poi politica – volta a garantire pace, sicurezza, progresso economico e sociale ad uno dei più ricchi e popolosi territori del pianeta.
Alla base del pensiero degasperiano vi è la declinazione solidale della democrazia che il politico italiano concretizzò attraverso la difesa della libertà, la ricerca della giustizia sociale, la promozione del metodo democratico fondato sia sui partiti sia sui corpi intermedi. La sua era una prospettiva desiderosa di ricostruire l’Italia con la cooperazione culturale e politica delle istanze socialiste, liberali e cristiane invitate a disegnare il futuro tramite la discussione, la pluralità, il rispetto della libertà, la rinuncia alla violenza. Un regime democratico da intendere non come mera procedura bensì come un atteggiamento da diffondere nei partiti, nel parlamento, negli enti minori, fra le associazioni. Atteggiamento in grado tanto di resistere alla facile tentazione di denigrare le istituzioni umane quanto di formare i cittadini chiamati a opporsi alle proposte demagogiche, alla facile corruttela, alle logiche irrazionali e istintive della massa.
Una categoria basilare della democrazia solidale era per De Gasperi la facoltà – che dovevano possedere i rappresentanti politici e sociali – di guardare al popolo cioè di comprenderlo e di rappresentarlo a partire dalle sue esigenze. Simile categoria, assai lontana dalle odierne derive populistiche, avanzava un criterio democratico e popolare chiamato a giudicare, come sottolinea lo statista trentino nel 1947, l’operato dei partiti: «Quando mi parlano dei partiti, io li giudico da questo punto di vista: come servono il popolo? E il popolo vuol dire: il popolo come vive organicamente nel suo Paese, nelle sue società, nei suoi focolari, nelle sue città. Non vuol dire conglomerato posticcio improvvisato su di una piazza». Quindi, per uomini come De Gasperi, la democrazia solidale significava la possibilità di generare processi politici, economici e sociali pensati sia per rappresentare realmente il popolo sia per tutelare la persona destinata a divenire nella propria comunità agente di crescita e di ricerca del bene comune.
Nei giorni scorsi si è svolta la prima assemblea nazionale di una nuova formazione politica denominata “DEMOS – democrazia solidale”. Le intenzioni dei componenti di questo nuovo partito – fondato da Mario Giro e Paolo Ciani, che vede fra i suoi leader l’europarlamentare Pietro Bartolo – sono legate alla riscoperta della politica la quale deve tornare ad interessarsi delle comunità, delle persone, delle periferie e dell’Europa. Se non esplicitamente, almeno indirettamente la proposta di “DEMOS – democrazia solidale” rimanda alla straordinaria lezione di Alcide De Gasperi. Un buon segnale per la politica italiana attualmente decaduta in uno stato vergognoso che vede come protagonisti una maggioranza tutta dichiarazioni social e sondaggi e un’opposizione litigiosa e pressoché inesistente. La soluzione per uscire dall’attuale guado esiste: ripercorrere la storia per costruire il futuro.
È vero,bisogna ritornare al passato quando esisteva la politica con la P maiuscola per costruire il futuro, perché oggi con questi uomini cosiddetti politici il futuro rimane sempre più incerto.