Di Alessio Amorelli
Taxi del Mediterraneo. Delinquenti. Trafficanti di esseri umani. Si potrebbe continuare a lungo ricordando tutte le “carezze” che sono state riservate alle Organizzazioni Non Governative che operano (operavano?) nel Mar Mediterraneo. Dopo la fine dell’operazione Mare Nostrum, decisa dai coraggiosissimi governi di tutta Europa, le ONG rappresentano (rappresentavano?) gli unici soggetti attivi nelle operazioni di ricerca e salvataggio in mare. Certo, il Canale di Sicilia è presidiato anche dalle navi militari italiane che, tuttavia, sono tenute ad assolvere le loro funzioni istituzionali e non possono dedicare tutto il loro tempo e le loro energie alle operazioni di cd. search and rescue (SAR).
Gli imponenti flussi migratori registrati in Italia tra il 2014 e il 2017 hanno fatto esplodere un senso di insicurezza e instabilità già latente nella popolazione italiana. In un contesto economico difficile, con la crescita esponenziale delle diseguaglianze e la scomparsa del famoso ceto medio, le ONG sono diventate il capro espiatorio a cui attribuire tutte le colpe del sistema. Le risorse sono poche e non abbiamo nessuna voglia di dividerle con lo straniero. Il corollario è semplice: chi mi porta lo straniero dentro casa è un nemico dello Stato. Seguono inchieste giudiziarie concluse – fino ad oggi – con un nulla di fatto, decreti legge che impongono multe a chi recupera esseri umani in mare, sequestri di imbarcazioni (forse anche di persona), contrasti diplomatici con altri Stati.
Non mi consola affatto, ma l’analisi non riguarda soltanto il governo italiano. Il governo spagnolo, guidato dal socialista Pedro Sanchez, ha previsto multe fino a 900.000 Euro alle ONG che effettuano operazioni di ricerca e salvataggio in zona SAR libica. A quanto pare, la guerra civile libica e le condizioni disumane registrare nei centri di detenzione non sono in grado di scalfire i nostri egoismi. Le risorse sono poche, ci dispiace.
Settantacinque anni di capitalismo liberista ci hanno convinto che non esiste un altro mondo possibile. Dobbiamo campare con quello che ci viene messo a disposizione. Cambiare le regole del gioco implica avere un orizzonte ideale, un’organizzazione, una comunione di intenti. In altri termini, implica troppa fatica. È molto più semplice mettere in contrapposizione gli ultimi con i penultimi del mondo, arrivando addirittura a sostenere le tesi che Marx riteneva attuali nella prima metà dell’ottocento. Noi abbiamo la possibilità di raggiungere i più elevati livelli di istruzione, di trovare un’occupazione in 28 Stati Europei, di raccogliere una quantità enorme di informazioni in pochissimo tempo, di sviluppare modelli di intelligenza artificiale mai visti prima. Nonostante tutto questo, il problema fondamentale sarebbe la concorrenza al ribasso sui salari che verrebbe esercitata dagli extracomunitari. Non si tratta dello strapotere della finanza, non si tratta nemmeno della disparità salariale che esiste tra il dirigente della multinazionale e il rider che porta la pizza a domicilio, la questione principale sarebbe rappresentata i migranti che abbassano i salari.
Quest’anno sono arrivati in Italia circa 3.000 migranti. Meno del 10% sono arrivati grazie alle ONG, la restante parte è giunta sulle nostre coste attraverso sbarchi fantasma o con il supporto delle nostre navi militari. Nello stesso periodo sono morte nel Canale di Sicilia più di 500 persone. Ogni 6 migranti che arrivano ne muore uno. Molte persone recuperate in mare sono state riportate nei centri di detenzione libici e torturati. La domanda mi sorge spontanea: a che cosa serve essere la seconda potenza industriale di Europa se le persone in difficoltà vengono lasciate morire davanti le nostre coste o riportate nei centri di detenzione in Libia?
Io credo nelle persone. Credo che ci sveglieremo da questo sonno e torneremo a combattere per avere più diritti, per tutti.
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