Di Leonardo Pastorello

Cosa resta di noi quando i pezzi del nostro Sé si perdono? Chi siamo quando le persone a noi care non riescono più a riconoscerci? Sono questi gli interrogativi filosofici che necessitano di risposte urgenti. L’ambizioso tentativo di Michela Marzano – celebre docente di filosofia morale dell’Università René Descartes di Parigi – è quello di riflettere sull’identità attraverso il romanzo. Tale compito non è affatto facile: filosofare con un linguaggio narrativo è arduo, ma immensamente poetico – teoretico – e affascinante.

Idda – l’ultimo romanzo della filosofa romana in tour per l’Italia, presentato anche a Caltanissetta, presso la libreria Ubik giovedì 28 marzo – è la storia di Alessandra e Annie, due donne legate da un uomo, Pierre, compagno di Alessandra e figlio di Annie. Le due protagoniste saranno sempre più legate dai loro ricordi, nonostante i loro differenti legami con il passato. Alessandra, biologa salentina che vive in Francia, elimina qualsiasi legame con il suo passato italiano a seguito di drammatici eventi; Annie, invece, dimentica per via della sua graduale perdita della memoria. La patologia di Annie e la voglia di oblio di Alessandra avvicinano le due donne nel passato: Alessandra scopre i pezzi del passato della suocera, ma quest’ultima, invece, rende consapevole la nuora del fatto che il ricordo è una necessità morale. La ricostruzione della vita di Annie spinge Alessandra a fare i conti con il proprio passato, quell’odiato passato che la fa tornare in Italia. Inoltre, Alessandra scoprirà che sua suocera resterà sempre la stessa persona, poiché in ella rimangono – come direbbero gli specialisti – quei <<residui di Sé>> in cui risiedono l’affettività, la facoltà di comunicare e l’arte di amare. Per tale ragione, l’amore sopravvive all’oblio.

Potremmo affermare che una manchevolezza comune è quella di fuggire dai propri ricordi con l’illusione di soppiantare errori commessi, traumi, dolori, con uno sguardo rivolto solo al futuro, usando come strategia un distacco emotivo che ci appare come l’unica via per vivere la vita con maggiore leggerezza. Ma i nodi, prima o poi, verranno sempre al pettine: il personaggio di Alessandra lo dimostra affermando che <<dall’oblio è riemersa, improvvisa, l’immagine di mamma che puliva rame e ottone. […] Come funziona la memoria? Perché va e viene come meglio crede?>>1. Nella parte terza del libro, invece, si introduce una riflessione più filosofica sulla memoria: <<La memoria è strana. C’è chi dice che sia selettiva. C’è chi dice che sia intenzionale e deliberata. C’è chi dice che sia irrazionale. C’è chi dice che sia tutte queste cose insieme, ma che è specialmente quella inconscia a influenzarci>>.2

Sarebbe doveroso ringraziare Michela Marzano per il suo sforzo narrativo, che ha dato forma a una lettura accessibile a tutti, ponendo in primo piano temi etici che meritano di essere criticamente trattati nel nostro presente dominato dalla tendenza consapevole e inconsapevole all’oblio storico ed etico. Il grande merito della filosofa romana è quello di raccontare una storia realistica in cui si rivendica il dovere morale di ricordare, al fine di essere consapevoli della nostra umanità, non soltanto in qualità di individui, ma anche di cittadini.
Se ricordassimo di più, forse, eviteremmo gli squallidi selfie sui binari di Auschwitz o le cartacce abbandonate nel casolare dove fu assassinato Peppino Impastato 41 anni fa.

Così in calce alla tanto esaustiva quanto piacevole recensione di Leonardo Pastorello voglio aggiungere un commento su un passaggio particolarmente significativo avvenuto durante la presentazione del libro “Idda” all’Ubik di Caltanissetta.

L’autrice infatti ha raccontato una piccola esperienza personale che ritengo faccia riflettere. Tra i feedback ricevuti per aver scritto nero su bianco uno dei momenti che prima o poi ognuno di noi vivrà sulla propria pelle, l’attimo in cui i figli diventano i genitori dei propri padri o proprie madri, uno risulta ricorrere sempre. In particolare, nel momento della perdita della memoria, proprio quando tua madre non ti riconosce più e viceversa, qualcosa di sottile e inspiegabile continua a legarvi. L’amore resiste all’oblio. Forse è nell’attimo dell’epilogo che si scopre qualcosa di immenso e inconfutabile: l’amore è tutto, è famiglia. Superato qualsiasi concetto sociale, anche quello primordiale del rapporto madre e figlia, ciò che resta è l’amore. 

Di conseguenza non è dal rapporto che nasce l’amore ma viceversa, è l’amore che fa il rapporto. Forse questo dovrebbero comprendere, prima dell’epilogo, chi ieri ha fatto parte del Congresso mondiale a difesa della famiglia.

Giulio Scarantino