Di Antonio Picone
Era il 28 Aprile del 1787 quando lo scrittore tedesco Goethe, durante il suo viaggio in Italia, arrivò a Caltanissetta. Vi soggiornò una notte e raccontò per bene cosa fece.
Goethe una volta ad Agrigento, per sua scelta, decise di andare a Caltanissetta piuttosto che a Siracusa come invece prevedeva l’itinerario originale.
Durante il viaggio egli raccontò del paesaggio monotono, campi di grano e rari piccoli villaggi, finché ad un certo punto si entusiasmò:
“Dopo aver cavalcato a lungo sotto un sole cocente, attraverso questa deserta opulenza, fummo lieti di giungere finalmente alla pittoresca e ben costruita Caltanissetta”.
È questa la prima impressione che ebbe Goethe nel vedere la città siciliana. Successivamente però iniziarono alcuni disagi inerenti il luogo dove alloggiare. L’autore scrisse che per i muli vi erano bellissime stalle ma per i forestieri stanze senza alcun arredamento, tanto che si doveva andare dal falegname a noleggiare le assi necessarie per un letto. Per la cena invece trovò un anziano nisseno che acconsentì, dietro modico compenso, sia di prestare loro il focolare sia di accompagnarli in giro per la città. Il giro si concluse nella piazza principale dove lo scrittore s’imbatté in ragguardevoli nisseni coi quali s’intrattenne ed intrecciò conversazioni:
“Dovemmo parlare di Federico II, e li sentimmo così vivamente interessati a quel gran sovrano che tacemmo loro della sua morte, non volendo renderci invisi agli ospiti con quell’infausta notizia.”
Goethe non esitò a descrivere altri particolari di varia natura come: il calcare compatto con fossili e conchiglie che si trova nella montagna sopra Caltanissetta; le belle forme delle valli senza traccia di grandi piogge e dove scorrono torrentelli d’importanza trascurabile; l’abbondanza di capre, muli e asini; il numero esiguo di cavalli, per lo più bianchi pomellati con criniere e zampe nere, ospitati in superbe stalle; i buoi utilizzati per l’aratura, tanto che vigeva il divieto di macellare mucche e vitelli.
Il giorno dopo partì alla volta di Castrogiovanni (Enna), la quale gli riserverà “la più sgradevole delle accoglienze”, e narrò che per attraversare il fiume Salso, non essendovi ponti, vi era un gruppetto di uomini vigorosi che sollevava di peso il carro e le bestie trainanti per trasportarli nell’altra riva.
Così si concluse il soggiorno di questo scrittore tedesco nella città nissena avvenuto a fine ‘700.
A mio avviso, però, occorre chiarire alcune cose rispondendo a tre domande:
Chi era Goethe?
Perché aveva fatto questo viaggio in Italia?
E come mai decise di cambiare itinerario ed andare a Caltanissetta?
La prima risposta si può sintetizzare dicendo che Johan W. Goethe, nato a Francoforte nel 1749, è considerato uno dei maggiori esponenti della letteratura tedesca e mondiale.
Aveva studiato diritto, divenendo avvocato, poi lettere classiche, algebra, teatro, musica, ma anche disegno, botanica e geologia. Ne sono una prova tutti i dettagli paesaggistici, botanici e mineralogici che di solito riporta; oltre a ciò le lingue: inglese, italiano,francese e ebraico. Insomma la sua cultura spaziava in diversi e differenti campi del sapere.
Andando alla seconda, possiamo spiegare che tra fine ‘500 e metà ‘800 si sviluppa in Europa il fenomeno del Grand Tour che altro non era che un viaggio culturale fra le più importanti città e luoghi d’interesse europei ed in particolare italiani. A fare questi viaggi erano giovani nobili e giovani intellettuali.
Anche la Sicilia faceva parte del Gran Tour per via del rinnovato interesse verso l’arte classica e per via del fatto che era più facile visitarla rispetto alla Grecia ottomana.
Così Goethe, figlio del suo tempo, non poteva che intraprendere anche lui questo tour, scrivendo poi una delle sue più importanti opere: “Italienische Reise”.
Infine la terza ed ultima domanda: perché Caltanissetta?
Solitamente le tappe siciliane erano tutte nei pressi delle coste, addentrarsi nell’isola poteva comportare pericoli inerenti le precarie condizioni delle strade e le bande di ladri.
Non bisogna, quindi, biasimare la città di Caltanissetta per come poté scarsamente accoglierlo.
Infatti la città non era solita ricevere viaggiatori poiché non faceva parte del Gran Tour.
Goethe, che da Agrigento avrebbe dovuto continuare per Siracusa, s’intestardì nel voler vedere le famose immense distese di grano che avevano fatto sì che la Sicilia ricevesse il titolo onorifico di ‘Granaio di Roma’ e poi d’Italia, nonché fosse dimora della dea Cerere. Egli infatti si lamentava del fatto che aveva visto solo territori montuosi e poche plaghe di grano. Così le guide suggerirono di addentrarsi nell’isola e di andare a Caltanissetta, dove finalmente trovò:
“un dolce susseguirsi di dossi montani e collinosi, tutti coltivati a frumento … è una massa di fecondità ininterrotta”.
Non solo, ma da attento osservatore quale lui era, descrisse qualcosa che al giorno d’oggi spesso accade ancora.
“L’ordine in cui si avvicendano le culture è: fagioli, grano, tumenia, maggese. Per fagioli qui s’intendono le fave. Il grano è meraviglioso. La tumenia è un bellissimo dono di Cerere, una specie di grano estivo che matura in tre mesi.”
Così anche Caltanissetta entrò nel 1787 a far parte del Grand Tour grazie ad un colto, curioso e testardo tedesco. Ancora oggi nell’androne del municipio nisseno vi è una targa che ricorda il suo passaggio, segno che i nisseni non hanno mai dimenticato colui che era “finalmente giunto nella pittoresca e ben costruita Caltanissetta”.
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