Di Giorgia Moscarelli 

L’odierno scenario nisseno ricorda un po’ il destino di Due Facce, personaggio criminale dei fumetti DC Comics: se, da un lato, egli mantiene il volto umano di un procuratore distrettuale devoto alla giustizia e difensore, attraverso i suoi continui processi, dei diritti della propria città, dall’altro manifesta l’effetto di un veleno che lo ha in parte sfigurato, destinandolo ad atteggiamenti sempre più paranoici e violenti. Ciò lo spingerà a farsi egli stesso portatore di “veleno”, sfruttando le più terribili occasioni per riversare le sue delusioni sulla propria città, quella che un tempo amava. Sembrano esserci delle assonanze con la realtà di Caltanissetta, la nostra ex “Piccola Atene”, la città che di amaro ha mantenuto soltanto le critiche e che oggi riversa in uno stato di scetticismo e sconforto.

I social network sono invasi da pagine create appositamente per fare gli interessi della nostra città e stimolare il confronto tra concittadini. Tante sono le persone che interagiscono tramite suddette piazze online, al cospetto di amministratori sempre molto attivi ed attenti ai contenuti. Perché, dunque, parlare di Due Facce? I due volti, i due atteggiamenti, sono quelli di coloro i quali interagiscono in questi spazi virtuali: i propositi iniziali sono dei più nobili, ma a volte accade che la delusione dovuta al difficile periodo che vive la città e, nondimeno, lo stress che ognuno dei soggetti accumula durante la giornata, finiscono per essere “scaricati” attraverso la tastiera, divenendo critica avvelenata e velenosa, e non costruttiva. Fare un giro in questi “luoghi” significa ingoiare un’amarissima pillola, dal momento che appare palpabile l’angoscia di chi, ora avvelenato e paranoico, dimentica che le cose scritte restano ed i lettori-scriventi costruiscono, più o meno inconsciamente, i propri castelli sulle parole degli altri: non v’è nemmeno bisogno di un nuovo scoop per incoraggiarli a denigrare la propria città; quotidianamente vengono pubblicati post e pensieri che vedono Caltanissetta protagonista di una barzelletta. E indipendentemente dal fatto che di barzelletta si possa parlare, ci si potrebbe chiedere se mortificare una terra, una città che ci ha dato i natali e che versa in condizioni che noi stessi abbiamo creato, sia giusto o, quantomeno, utile.

L’antropologia riconoscerebbe il mancato metodo di “osservazione partecipante”, sostituito da una partecipata osservazione attraverso uno schermo che filtra più cattiverie che verità; la sociologia individuerebbe la costruzione di un nemico comune cui accollare le colpe di ogni disagio. Bisognerebbe forse fare un passo indietro, ri-innamorarsi della propria città e dedicarle le cure di cui necessita, attivamente, senza evidenziare i sintomi del malessere, se ad essi non seguiranno consigli e buoni propositi. Caltanissetta è un perfetto esempio di luogo perturbante, in cui il nisseno prova disagio e alienazione davanti a ciò che gli è familiare. Calvino diceva che “ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone”: Caltanissetta, piuttosto, è insabbiata da un deserto al quale, invece di opporci, diamo sin troppo spazio, seppur online.